Thailandia, 10 anni di solidarietà con l’associazione Goccia dopo goccia

“Goccia dopo goccia”, una piccola associazione italo-svizzera che opera in Thailandia, compie 10 anni: una breve storia per capire come l’intraprendenza e la solidarietà di alcune persone possano cambiare la vita a tanta gente dall’altra parte del mondo.
Foto Goccia dopo goccia

Al di la del fiume Salaween, sul confine tra Myanmar e Thailandia, centinaia di persone si ammassano in attesa di passare il guado e scappare, in questo modo, dai missili sparati dagli elicotteri del Tatmadaw, le forze armate birmane che hanno preso il potere con la forza, il primo febbraio di quest’anno, dopo che il popolo del Myanmar aveva scelto democraticamente i propri rappresentanti sotto gli occhi di osservatori internazionali.

Tutti questi esseri umani sono stati scacciati dalle loro capanne e sono, per la maggioranza, donne, bambini e anziani. I fuggitivi devono attendere, sotto la pioggia, in mezzo alla campagna, o al massimo ripararsi in qualche anfratto del terreno o in una piccola caverna. Piove. Alcuni volontari portano teloni plastificati per ripararsi: poi anche riso, olio per cucinare e medicine. Tanti vestiti asciutti e puliti. Buona parte di tutto questo arriva da Bangkok, ma originariamente proviene dalle montagne di Poschiavo, in Svizzera, dalla pianura emiliana e da Latina. È frutto della solidarietà verso questa gente, in guerra praticamente da 70 anni. Sono lunghi 70 anni, e non c’è nessuna pace all’orizzonte per i karen, i kachin, i rohingya.

A pochi chilometri, in territorio thailandese appena oltre il confine, un gruppo di donne, per la maggioranza sole, vedove, si riuniscono per ricevere aiuti alimentari, una piccola somma di denaro, medicine e vestiti confezionati utilizzando stoffa adatta al clima, ma soprattutto gentilezza, un sorriso, un segno che qualcuno pensa a loro e si cura di loro. Le macchine da cucire che vengono utilizzate qui sono state donate da un signore che vive lontano 9 mila chilometri: un dono di grande valore, di riscatto, di speranza per queste donne. Grazie a questi gesti d’amore riscoprono la gioia di vivere, di andare avanti, anche se sono “invisibili” perché prive di documenti e il vaccino anti Covid 19 non l’hanno mai visto. La speranza, per loro e per i loro bimbi, una trentina in tutto, non risiede in nient’altro se non nella solidarietà di gente che forse non incontreranno mai, ma che li pensa.

«Questa è Goccia dopo Goccia: aiutare chi non ha nessuno, chi non ha documenti, chi è disperato, ammalato», mi racconta un volontario di GdG. «Non siamo una Ong, ma vogliamo essere una ONE: organizzazione non egoista. Aiutiamo tutti coloro che ci chiedono aiuto».

Una notte, dopo una visita a GdG, ricordando il volto di una mamma con in braccio un piccolo nato da 3 giorni, non riuscivo a dormire: sei figli e nemmeno una bicicletta (per trasportare i bambini e le poche cose) per uscire dalla foresta e andare verso il primo centro abitato, a 3 chilometri. La mattina ho tirato fuori tuto quello che avevo in tasca, e in pochi giorni sono state rimediate due biciclette nuove per loro.

Esperienza sempre nuova che uscendo dalla mia comfort zone posso far felice qualcuno, anche se è poco: là fuori c’è un universo di dolore. Quanto vedo oggi al campo di GdG fu iniziato tanti fa da un prete, l’amico di tutti, padre Justin Saw Lwin, di etnia karen. Aiutava non solo i karen, ma gente di tutte le etnie che trovava sulla sua strada.

Una vita spesa e consumata ad aiutare: è stato povero, padre Justin, fino alla sua morte. Alcune persone hanno deciso di portare avanti la sua missione, pur non essendo missionari, ma gente comune. Persone in giro per il mondo: bambini di una scuola a Latina, gente sui monti a Poschiavo, imprenditori e non, italiani, svizzeri e austriaci. Gente comune e insieme straordinaria. Dopo 10 anni si fanno dei consuntivi: più di 12 mila persone aiutate in 4 paesi: rette scolastiche, progetti per lo sviluppo di scuole in aere remote; aiuto ai profughi, a chi non ha documenti, a chi fugge dalla guerra, a chi è stato abbandonato.

In Vietnam, in collaborazione con l’agenzia Charis di Singapore, si sono potuti distribuire, dall’inizio della pandemia, 5 mila razioni di cibo per persone senza reddito che la pandemia ha ridotto alla fame. I volontari di GdG lavorano di notte o la mattina presto per coordinare gli aiuti: perchè è tutta gente che ha lavoro e famiglia, e che in più cerca di dare una speranza ed un pezzo di pane a chi non ce l’ha. Mi mostrano una busta: contiene una lettera che arriva da Civitavecchia, inviata da due bambini, entrambi orfani adottati felicimente in Italia. Hanno inviato i loro risparmi per i poveri nel Sudest Asiatico. “È questo ciò di cui abbiamo tutti bisogno”, mi dico: amore concreto, dono, solidarietà.

Dopo una vita, la mia, spesa a correre troppo spesso dietro a cose inutili, mi rendo conto che questa gente, padre Justin, GdG e i karen, mi hanno insegnato che in loro sono anch’io karen, sono kachin, sono stato abbandonato e rifiutato: sono solo e affamato. Non me n’ero reso conto, fino ad ora.

Anch’io con loro non ho documenti, non ho il vaccino, mi sparano addosso dagli elicotteri, non ho soldi per la scuola. Adesso so che se aiuto loro, in definitiva, aiuto me stesso. E qui sta la felicità, vivere per un mondo diverso, più unito, solidale. Un’amica buddhista che vive nel nord della Thailandia dice che c’è “un mondo che è un arcobaleno”, e per mostrarlo ha ideato un corso per aiutare le bambine e le mamme ad avere una vita migliore che quella di vendere il proprio corpo.

In questo modo vale la pena di vivere la vita. Grazie GdG e buon compleanno!

www.gocciadopogoccia.ch

 

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