Tfr in busta paga: pro e contro

I soldi normalmente corrisposti alla fine del rapporto di lavoro, maturati mensilmente, potrebbero essere trasferiti nello stipendio dei lavoratori, ma è evidente che quest’operazione sottoporrebbe le piccole imprese al pericolo di scarsa liquidità. Il parere dell'esperto
Una busta paga

Il governo, proprio in questi giorni, sta studiando la possibilità di trasferire in busta paga il Tfr maturato mensilmente: per Tfr – o liquidazione – si intendono i soldi dei lavoratori normalmente corrisposti alla fine del rapporto di lavoro. L’obiettivo del governo è quello di prendere questo accantonamento e consegnarlo ai lavoratori immediatamente, mettendo più soldi nella loro busta paga, con lo scopo di aumentare i redditi – e di conseguenza incrementare i consumi – e con il fine più grande di cercare di far decollare la crescita del nostro Paese.

Come ogni proposta governativa, ci sono i favorevoli e i contrari e, tra quest’ultimi, le categorie dei datori di lavoro. Stiamo, infatti, assistendo alla netta opposizione di Confindustria che con il suo presidente Squinzi sostiene che l’operazione costituirebbe un onere aggiuntivo per le imprese e per l’Inps che attualmente riceve una parte degli accantonamenti, costringendole non a un costo economico, ma certamente a un immediato esborso di liquidità, privandole di una parte di autofinanziamento in una situazione di crisi economica rilevante.

D’altra parte ci sono anche dei lavoratori non proprio d’accordo, poiché si tratterebbe di una manovra coercitiva che costringerebbe all’anticipo del Tfr, anche per coloro che preferiscono averlo come una forma di risparmio. In effetti la questione sarebbe facilmente ovviabile permettendo a ciascun lavoratore di scegliere, in relazione alle sue specifiche esigenze, se lasciare il Tfr dove è o se percepirlo mensilmente. È comunque palese che la cosa è abbastanza complessa e sta sollevando parecchie polemiche. Cerchiamo di vedere quali sono i vantaggi e gli svantaggi del Tfr nella busta paga.

È evidente che, se da un lato l’operazione farebbe subito affluire soldi nelle tasche degli italiani, recando indubbiamente sollievo in molte situazioni e probabilmente favorendo un incremento dei consumi, dall’altro c’è da considerare che parte di tali risorse verrebbero meno per le imprese, per il fondo di tesoreria dello Stato e per i fondi pensione, ossia, per gli stessi lavoratori.

Se da un lato tale misura determinerebbe per molti italiani un aumento dello stipendio tra i 40 e gli 80 euro, essa potrebbe comportare problemi alle imprese di piccole dimensioni e diverse disparità di trattamento tra i lavoratori.

Più precisamente, l’anticipazione delle quote relative alla liquidazione sottopone le piccole imprese al pericolo di scarsa liquidità spingendo quest’ultime a rivolgersi agli istituti di credito poco inclini a dare soldi in prestito. Renzi ha anche proposto, in luogo del Tfr mensile, il “doppio stipendio” in busta paga a febbraio. Per evitare di dare il colpo di grazia a imprese già in difficoltà, il governo avrebbe in mente anche due possibili strade, magari da seguire parallelamente: stipulare convenzioni speciali tra istituti di credito e aziende, e permettere al lavoratore di scegliere se e quando richiedere il Tfr.

Resta il fatto che queste soluzioni comunque comporterebbero un onere aggiuntivo per le imprese che già soffrono e quindi la concessione del Tfr potrebbe essere fatale per l’impresa stessa.

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