Testimoni e non testimonial

L’intera Chiesa italiana si avvicina all’appuntamento di ottobre a Verona con riflessioni, veglie e convegni. Diceva recentemente il priore di Bose, Enzo Bianchi: il mondo ha bisogno di testimoni, e non di testimonial. Il modo migliore per prepararsi al grande convegno Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo sarebbe allora quello di mostrare la sua presenza non solo a parole, ma con tutta la propria vita. E allora, in un’epoca in cui tutto sembra ridursi a visibilità, in cui la virtù non starebbe più nel nascondimento operoso ma nella sfacciata esposizione persino delle proprie miserie, l’invito alla testimonianza non è poco. Elio Guerriero, uno di quegli intellettuali cattolici che sanno coniugare intuito spirituale e competenza culturale, ha raccolto in un volume (Testimoni della Chiesa italiana, San Paolo) centinaia di profili di cristiani italiani, provenienti dai più diversi ambiti ecclesiali, uomini e donne di tutte le età che nell’ultimo secolo hanno dato la loro vita in modo radicale per Dio, per l’uomo, per il bene comune. Fa impressione coglierne la varietà: nessuno è uguale all’altro, la propria via è irripetibile. Ma nel contempo emerge l’afflato che tutti anima: l’amore per Cristo che porta all’amore per l’umanità. Che si tratti delle vicende di una Gianna Beretta Molla che ha saputo privilegiare la vita della creatura nascente nel suo grembo alla propria; o quelle di un Giorgio La Pira, o di un Igino Giordani – guarda caso erano amici, la santità attira santità -, che nella grande tenzone politica hanno saputo mantenere lo sguardo fisso alla mèta; o, ancora, sacerdoti e vescovi come don Puglisi, mons. Tonino Bello o padre Turoldo, che hanno mostrato al mondo come essere a capo di qualcosa o di qualcuno significhi innanzitutto essere al servizio degli altri; e giovani, medici, avvocati, giornalisti e scienziati, fondatori come don Giussani e don Zeno di Nomadelfia, e giganti della mistica, come padre Pio, Barsotti e don Milani… Si capirà allora come forse la testimonianza – la santità nel senso più nobile – stia tornando di moda. Quella santità che si coniuga col servizio, con l’oblio di sé, con una spiritualità di comunione, cioè con la sequela di Cristo. E mi piace allora immaginare che questi esempi spingano tutti noi, convegnisti di Verona, ad affermare in cuor nostro, prima di aprire bocca, prima di proporre terapie sociologiche, prima di tuffarci nel grande mare della pastorale: Anch’io voglio essere un testimone.

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