Terza età, garanzia di accesso alle cure

In occasione della Giornata mondiale dei nonni e degli anziani prevista domani, proponiamo l'intervista a Elena Brugnone, presidente dell’Associazione Umana OdV su anziani non autosufficienti
Terza età

La recente tragedia nella Casa di riposo di Milano, con 6 morti 81 feriti, offusca quest’anno la festa voluta da papa Francesco nel 2021. La Terza età, tuttavia, con la sua saggezza, rimane un eterno sorriso a questa umanità ferita e disorientata. La legge delega sull’assistenza agli anziani, approvata a marzo, di cui Città Nuova ha dato notizia, ci consente di nutrire speranza verso un cambiamento epocale di approccio al problema. Il 31 maggio scorso, papa Francesco ha affermato: «Gli anziani consegnano al presente un passato necessario per costruire il futuro». Questo sguardo intergenerazionale e lungimirante, l’impegno costante di mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita e della Commissione del Ministero della salute per l’attuazione della riforma socio-sanitaria per gli anziani, ci consentono di affrontare con fiducia  una questione sociale di enormi dimensioni : 14 milioni circa di persone con più di 65 anni in Italia, 9 milioni di anziani soli, una speranza di vita di 82,6 anni in media, un 33,2 % di Pil  destinato a coprire la spesa per la protezione sociale (la metà circa per gli anziani).

Il 17 maggio scorso si è tenuto un convegno presso la Camera dei Deputati sul tema: “La non autosufficienza degli anziani è un problema di salute”. Ne parliamo con Elena Brugnone, presidente di Umana, aderente a CDSA. È stato rivolto un appello al Parlamento e al Governo perché le cure sanitarie e socio-sanitarie siano garantite a pieno titolo dal Servizio sanitario nazionale, con inserimento nei Lea di assegni di cura a carattere universalistico per promuovere la domiciliarità e la salvaguardia al diritto al mantenimento dell’assegno di accompagnamento. È stato messo in evidenza il diritto alle cure dell’anziano cronico non autosufficiente e della persona malata di Alzheimer o con altra demenza. Si tratta di una nuova organizzazione della medicina del territorio con assegno di cura e riforma radicale delle RSA.

Segue l’intervista a Daniela Brugnone:

  1. Quali sono le principali critiche che Umana e il CDSA rivolgono alla legge n. 33 del 2023

sulle politiche in favore degli anziani?

La legge delega n. 33/2023 è principalmente rivolta alle azioni del settore delle politiche sociali e assistenziali, importanti, ma non sufficienti per gli anziani malati cronici non autosufficienti che abitano nel nostro Paese. Mancano le direttive necessarie per garantire l’attuazione del diritto alle cure sanitarie e socio-sanitarie (domiciliari, semi-residenziali e residenziali) in base al reale fabbisogno, nell’ambito di competenza e sotto la responsabilità del Servizio sanitario nazionale. La previsione del nuovo “Sistema nazionale di assistenza per la popolazione anziana non autosufficiente” tende a seguire le regole delle politiche sociali nei limiti delle scarse risorse disponibili. Si prospetta il pericolo che il nuovo sistema favorisca la regolamentazione dell’accesso alle cure (socio-sanitarie) di lunga durata con il filtro della valutazione della situazione socio- economica (Isee) e fino ad esaurimento delle risorse stanziate. Tutto questo porta ad una preoccupante riduzione delle tutele universalistiche che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a garantire per il diritto alla salute delle persone anziane malate non autosufficienti.

  1. Come dovrebbe intervenire il Governo nella stesura dei decreti attuativi? Come si può sostenere la domiciliarità?

Il Governo dovrebbe prevedere l’unitaria programmazione delle prestazioni sanitarie e socio- sanitarie previste dalla normativa vigente sui Livelli essenziali di assistenza, LEA (Dpcm 12/1/2017) e, quindi, assicurare i necessari finanziamenti in base al reale fabbisogno della fascia di popolazione malata cronica non autosufficiente, nell’ambito di competenza del Servizio sanitario nazionale. Inoltre, è importante che venga precisata la garanzia del diritto all’accesso alle cure di lunga durata a tutela di tutti i malati cronici non autosufficienti, in applicazione dei principi stabiliti dalla Costituzione, dagli articoli 1 e 2 della legge n. 833/1978 istitutiva del Servizio sanitario nazionale e dai LEA. In base all’esperienza delle nostre associazioni di volontariato per la tutela dei diritti dei malati cronici non autosufficienti nei casi individuali, l’Assistenza domiciliare integrata (ADI) non è adeguata a soddisfare le esigenze. Il problema è che il Servizio sanitario nazionale non sostiene, come dovrebbe, le prestazioni domiciliari di cui questi malati hanno indifferibile bisogno ogni giorno. E gran parte delle famiglie si ritrovano spesso da sole a garantire la presenza attiva sulle 24 ore e le attività quotidiane indispensabili per la tutela e la salute dei congiunti non autosufficienti curati a casa, assumendosi così pesanti responsabilità e oneri. Il Parlamento, il Governo e le Regioni dovrebbero riconoscere queste prestazioni domiciliari quotidiane come essenziali per la salute, e fare dei provvedimenti per sostenerle nell’ambito della presa in carico sanitaria. Tra le prestazioni sanitarie domiciliari garantite in base ai LEA sarebbe utile che venisse previsto anche un contributo economico assicurato dal Servizio sanitario. La legge vigente stabilisce che l’ASL deve assicurare una quota sanitaria (pari almeno al 50% della retta) a sostegno del ricovero convenzionato definitivo del malato cronico non autosufficiente presso una RSA o struttura similare. Mentre non è previsto alcun analogo contributo economico sanitario a tutela del paziente non autosufficiente curato a casa, nonostante sia un malato non autosufficiente con esigenze di cura simili a quelle del ricoverato in convenzione. Sarebbe molto utile se venisse approvata una legge che preveda, disciplini e assicuri il diritto universalistico all’assegno di cura, nell’ambito dell’assistenza sanitaria domiciliare già prevista dai LEA e da attuare con appositi protocolli di cura adeguati alle esigenze. Questo concreto sostegno alla domiciliarità porterebbe benefici per la salute dei pazienti curati a domicilio e contribuirebbe a ridurre i pesanti costi a carico delle famiglie; incentiverebbe la regolare assunzione di assistenti familiari/badanti e l’emersione del lavoro nero in questo settore. Inoltre, favorirebbe la diminuzione dei ricoveri di malati non autosufficienti.

  1. Come regolare l’indennità di accompagnamento dopo la legge delega, alla luce dei costi proibitivi a carico delle famiglie?

La legge delega n. 33/ 2023 autorizza il Governo a modificare la legge n. 18 del 1980 che prevede e disciplina il diritto all’indennità di accompagnamento. In base alla normativa vigente il riconoscimento universalistico di questo contributo economico deve essere assicurato “al solo titolo della minorazione”, sulla base dei previsti accertamenti sanitari, qualunque sia la situazione socio-economica (Isee) dell’avente diritto. Le future modifiche governative potrebbero introdurre condizioni restrittive / peggiorative rispetto alle garanzie attuali. È importante che il Governo, nel regolare forme diverse di contributo (come la prevista «prestazione universale per la non autosufficienza»), salvaguardi la natura di indennizzo di questo contributo economico. L’importo orario dell’indennità di accompagnamento, cioè quanto dovrebbe compensare le disabilità del beneficiario rispetto a chi non le ha, è oggi di 71 centesimi all’ora (527 euro al mese, per 12 mesi); sono risorse che certamente non bastano per assicurare le prestazioni di cui ha bisogno una persona totalmente dipendente dall’aiuto di altri per le indispensabili funzioni quotidiane vitali. È doveroso che il Governo mantenga le garanzie stabilite dalla legge vigente per questa indennità come diritto soggettivo e universalistico che si aggiunge al diritto alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie e, quando necessario, anche a quelle socio-assistenziali per le persone che, oltre ad essere malate e non autosufficienti, versano in situazione di povertà.

  1. Come riorganizzare le RSA e le prestazioni sanitarie e sociosanitarie, a carattere universalistico, in queste strutture, alla luce dei problemi sempre più complessi degli anziani malati, con patologie croniche e non autosufficienti?

La pandemia Covid-19 ha evidenziato gravi carenze sanitarie nelle RSA; e alla luce dei problemi sempre più complessi degli anziani malati ricoverati è necessaria una riforma radicale in questo settore. Le RSA dovrebbero essere riqualificate e potenziate come strutture residenziali sanitarie effettivamente rientranti nella rete di tutela sanitaria; dovrebbero essere dotate di servizi, personale e regole di gestione tali da garantire prestazioni mediche, infermieristiche, socio-sanitarie, (…) a misura delle esigenze delle persone malate croniche non autosufficienti che sono ricoverate. È necessario che venga assicurato il lavoro di équipe tra medici, infermieri, operatori socio-sanitari e altri operatori. Occorre rendere effettiva ed ottimale la collaborazione con l’ASL, con gli altri presidi sanitari come l’ospedale e con gli studi dei medici di medicina generale. Inoltre, è importante che venga favorita la proficua partecipazione delle reti familiari, amicali e del volontariato nelle attività a beneficio della salute dei ricoverati.

  1. Quali provvedimenti sono necessari per garantire le cure palliative e la tutela sanitaria nel fine vita?

La legge delega n. 33/2023 prevede il diritto alle cure palliative, già sancito dalla legge n. 38/2010, ma non stabilisce direttive per una programmazione, finanziamento e attuazione unitaria di queste cure sanitarie, in sinergia con la rete degli altri interventi sanitari e sociosanitari, sotto la titolarità del Ministero della Salute, in base al reale fabbisogno di cure in ospedale, a casa, nelle RSA, in strutture similari e negli hospice, tenuto conto dell’evoluzione clinica di malattie croniche che, soprattutto in età avanzata, tendono ad aggravarsi. Di conseguenza, la prospettiva è che rimanga spesso sulla carta il diritto alla continuità delle cure con prestazioni sanitarie che siano effettivamente adeguate alle esigenze dei malati anziani non autosufficienti.

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