Terrore nella Repubblica Centrafricana

Una decina di ribelli Seleka ha assaltato la missione. Tre morti, razzie e furti. I missionari e la popolazione sono fuggiti. La città di Bocaranga è rimasta deserta
Centrafrica


«Erano una decina. Hanno sparato dappertutto: per strada, alle finestre, alla gente che vedevano scappare». La voce di Denis Ngoto è ancora rotta dall’emozione. L’attacco risale a due giorni fa, ma lui è rimasto in foresta, dove ha cercato rifugio, a cinque chilometri da Bocaranga, nel nord della Repubblica Centrafricana. Denis è un catechista. Era anche lui nella missione martedì scorso, quando sono arrivati i ribelli della Seleka. Padri, suore, catechisti, sono tutti fuggiti.
 
Denis non sa dove siano gli altri. Bocaranga aveva circa 16mila abitanti, prima della guerra, ora è praticamente deserta.
Denis forse è l’unico che ha ancora un cellulare. La sua voce va e viene, il segnale è molto debole, ma riesce ancora a raccontare quei drammatici momenti: «Sono entrati nella missione. Padre Robert è uscito, ha cercato di trattare con loro, li ha pregati di andarsene. Loro però non hanno dato retta né a lui, né a fratel Nestor, uscito a dargli manforte». I ribelli stavano fuggendo dal Centrafrica, Bocaranga è a pochi chilometri dal confine con il Ciad. Volevano seminare il terrore e soprattutto portare via tutto quello che potevano. Hanno rubato le moto, una decina, un’auto, computer, telefoni, macchine fotografiche, soldi e tutto quello che hanno trovato.
 
«Quando ha visto che non c’era niente da fare, padre Robert li ha pregati almeno di non fare del male a nessuno». Denis ricorda con un filo di voce quegli interminabili attimi di terrore: «E invece loro hanno visto un uomo che tentava di scappare e lo hanno freddato. Il suo corpo dev’essere ancora là. Poi hanno ucciso ancora un uomo e una donna. Per fortuna non hanno fatto del male alle molte altre donne che erano accampate là intorno, molte tenevano in braccio i loro bambini».
 
«Hanno sparato, sparato e sparato all’impazzata» conferma padre Serge Mbremandji, superiore dei Frati Cappuccini in Centrafrica: «E’ stato terribile: anche fratel Nestor è stato ferito ad un braccio. Abbiamo detto a tutti i religiosi di prendere le precauzioni del caso». Oggi a Bocaranga si teme un nuovo attacco dei Seleka, un altro convoglio di guerriglieri è stato avvistato sulla strada che porta verso il Ciad. «Erano ciadiani, li ho sentiti parlare arabo – ricorda ancora Denis – ma c’era anche qualche centrafricano. Li ho sentiti esprimersi anche in francese e nella nostra lingua, il sango».
 
Il giorno prima di questo attacco, il Consiglio nazionale di transizione del Centrafrica aveva eletto la nuova Presidente: Catherine Samba-Phanza. La prima donna incaricata di guidare la Repubblica Centrafricana ha chiesto a tutte le milizie di deporre le armi, e alla comunità internazionale di intervenire con più mezzi per riportare la pace. Il giorno dopo, mentre i ribelli Seleka attaccavano Bocaranga, anche a Roma, presso la Comunità di Sant’Egidio, una delegazione di centrafricani chiedeva un impegno comune per un nuovo patto Repubblicano. Una delegazione di Sant’Egidio si recherà a Bangui nei prossimi giorni per incontrare la neopresidente. Intanto l’arcivescovo e l’imam di Bangui, Dieudonné Nzapalainga e Oumar Kobine Layama, hanno ricordato oggi a Parigi che mentre a Bangui la situazione è relativamente sotto controllo, il resto del Paese continua a essere alla mercé di ribelli Seleka e Anti-balaka.
Denis, i missionari e gran parte della popolazione di Bocaranga infatti sono ancora là: nascosti fra la vegetazione della foresta.

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