Terremoto tra gli sfollati

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Si respira un clima inconsueto negli alberghi della costa abruzzese, diverso da quello delle frequentazioni estive. Già, perché qui hanno trovato ricovero tanti sfollati aquilani. Sono adulti, giovani e anziani, uomini e donne, bambini e bambine che hanno perso tutto: la casa, il lavoro ed anche persone care tra le macerie di quel terribile terremoto del 6 aprile scorso. Sono persone private del loro habitat: un ambiente fisico, una trama di relazioni sociali, amicali, parentali e quella routine quotidiana che scandiva le loro giornate e le azioni della loro quotidianità (lavoro, tempo libero, studio, sport). Per loro, il tempo oggi è segnato dagli orari dei pasti e dalle attività di intrattenimento che si moltiplicano di giorno in giorno grazie alle azioni di volontariato di singoli e associazioni. Nonostante tutto, dietro quegli sguardi tristi e sconsolati, si manifesta la volontà di reagire per occupare il tempo, sfuggire alla disperazione, anelando il ritorno ad una vita normale. Per gli studenti (dalla materna alle superiori), sfollati anch’essi come i loro docenti, la situazione è un po’ diversa. Per loro si sono aperte le scuole delle località in cui sono ospitati, con un’accoglienza emotiva e sociale. In gioco, infatti, non è la dimensione giuridica (svolgimento del programma, valutazione finale) ma la questione educativa, in altre parole la possibilità per ogni studente di ritrovare quel luogo, la scuola, ove si realizza istituzionalmente la formazione del cittadino. Una formazione che coniuga educazione e istruzione, attraverso quell’esperienza unica, fatta di rapporti con i compagni e con gli insegnanti, che si compie in ogni processo di co-educazione. La vita dei terremotati, negli alberghi come sotto le tende, conferma quello che Ignazio Silone diceva del terremoto: Nel terremoto morivano infatti ricchi e poveri, istruiti e analfabeti, autorità e sudditi. Nel terremoto la natura realizzava quello che la legge a parole prometteva e nei fatti non manteneva: l’uguaglianza. Il sentimento di uguaglianza, ovvero la comune sorte, sta producendo aperture nell’animo umano degli sfollati, un nuova socializzazione solidale che lascerà tracce profonde tra chi accoglie e chi è accolto. Ecco, da questa comune esperienza, si intravede il germe di una nuova umanità che, generata dalla coscienza della finitezza e dei limiti dell’umano, realizza la fraternità e dà il senso di una vita nuova proiettata nel futuro

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