Terra Santa: giovani in missione di pace
Strade deserte, negozi chiusi, luoghi santi silenziosi. Una Pasqua con pochi pellegrini, a Gerusalemme. “C’è molta tristezza e preoccupazione “, dicono i giovani cristiani che hanno vissuto una settimana santa difficile. “Rabbia e dolore” sono i sentimenti dei loro coetanei musulmani che non hanno potuto recarsi a pregare nei luoghi santi. In questo clima di tensione, si è svolta la “missione di pace” in Terra Santa dei 25 giovani italiani, dopo aver ricevuto idealmente il mandato da Giovanni Paolo II durante l’incontro delle Palme in piazza San Pietro. Un’iniziativa voluta dal Servizio nazionale di pastorale giovanile della Cei e dall’Ufficio per la cooperazione missionaria tra le chiese. La delegazione – in rappresentanza di quasi tutte le regioni italiane e di molte molte associazioni e movimenti – ha fatto il suo ingresso in territorio palestinese, passando il check point di Kalandia, dove centinaia di persone attendevano, a volte inutilmente, di proseguire. Poi la visita al campo profughi di Al Ama’ri, a 14 chilometri da Gerusalemme e l’incontro con Yasser Arafat, nel quartier generale di Ramallah, al quale è stata consegnata la lampada della pace di Assisi. Toccante il momento di raccoglimento del gruppo davanti alla lapide che ricorda Raffaele Ciriello, il fotoreporter ucciso durante una rappresaglia armata a Ramallah. La domenica delle Palme ha avuto come scenario Betlemme: una processione si è snodata da Betfage a Gerusalemme, guidata dal patriarca Michel Sabbah con la partecipazione delll’arcivescovo di Canterbury George Carey, in pellegrinaggio in Terra Santa con un gruppo di 70 persone. Dalla Colombia all’Uganda ancora martiri Ancora sangue di martiri nel mondo. Nel giro di pochi giorni sono stati uccisi un vescovo in Colombia e un giovane missionario in Uganda. Il primo è stato ammazzato per aver detto la verità sul narco-traffico. Il secondo è morto sulla strada che lo stava riportando a casa dopo aver incontrato alcuni pazienti ricoverati in un ospedale. La storia di mons. Isais Duarte Cancino ha davvero scioccato tutti. Una raffica di mitra lo ha raggiunto sul sagrato della Chiesa del Buon Pastore, in uno dei quartieri più popolari di Cali. Una città difficile per un sacerdote da molti considerato un baluardo della difesa dei diritti umani. Alla vigilia delle elezioni amministrative, mons. Duarte non aveva avuto paura. “La campagna elettorale di molti candidati – aveva detto – è finanziata direttamente dal narcotraffico “. Quelle parole – insieme a tante altre pronunciate in questi anni – sono state la sua condanna a morte. Il missionario ucciso in Uganda si chiamava padre Declan O’Tool: era irlandese, aveva appena 31 anni ed era al suo primo incarico. “Davvero la chiesa dei nostri tempi – scrive l’Osservatore Romano – è tornata ad essere chiesa dei martiri. La testimonianza del sangue resta l’evangelizzazione più dirompente, quella che interpella la coscienza di ogni uomo”. Filippine: Contro la pena di morte Nell’arcipelago filippino 1.007 persone sono detenute nel braccio della morte. Fra loro 15 donne e 12 detenuti incarcerati quando erano minori di 18 anni. La maggior parte sono stati incriminati per reati di droga. Per chiedere l’abolizione della pena di morte, un gruppo di 15 senatori (su un totale di 24 membri) ha firmato un documento. “La pena di morte – spiega il portavoce – non ha raggiunto lo scopo principale della giustizia penale, cioè scoraggiare i crimini” e questo prova che “la pena capitale non è un deterrente “. Nel dibattito è intervenuta anche la chiesa. “È dovere dei vescovi – dice mons. Orlando Quevedo, presidente della Conferenza episcopale – pronunciarsi contro la pena di morte”. E l’arcivescovo di Manila aggiunge: “Se vogliamo prevenire i crimini, dobbiamo restituire al nostro popolo fiducia nelle forze dell’ordine “. Burkina Faso: Il Vangelo in lingua dioula Sta per essere portato a compimento la registrazione su cassette del Nuovo Testamento in lingua burkinabè dioula. Si tratta di un progetto ecumenico che ha interessato tutte le chiese cristiane presenti in Burkina Faso. I lavori di traduzione sono cominciati già nel lontano 1985 e sono stati portati avanti grazie all’aiuto dell’Alleanza biblica universale. Le cassette saranno distribuite nel territorio dell’arcidiocesi di Bobo-Dioulasso ed avranno un vasto bacino di utenza. La popolazione che usa il dioula è costituita infatti da circa un milione di persone e vive nell’area occidentale del Paese (una regione a maggioranza musulmana) e nella zona nord della Costa d’Avorio. “Sarà un tesoro – ha detto l’arcivescovo cattolico di Bobo- Dioulasso – messo a disposizione delle chiese della regione e apporterà nuova vitalità”. Vaticani: Lettera del papa ai sacerdoti Ha fatto notizia quest’anno la tradizionale lettera del papa ai sacerdoti per il Giovedì santo. Attirando l’interesse dei giornali perché nel testo si parla di “scandali gravi” e “ombre di sospetto”. In realtà, il papa si sofferma sul dramma della “pedofilia” nell’ultimo paragrafo della lettera, ribadendo con forza “la propria sollecitudine per le vittime” e l’impegno a “rispondere secondo verità e giustizia”. La lettera quest’anno è dedicata al tema della confessione e del perdono, a partire dall’episodio evangelico dell’incontro di Gesù con Zaccheo. “Collocati come siamo nelle diverse realtà pastorali – scrive Giovanni Paolo II – ci può talvolta scoraggiare il fatto che, alla vita sacramentale, tanti cristiani non solo non prestino la debita attenzione, ma spesso quando si accostano ai sacramenti, lo facciano in modo superficiale “. Per alcuni – aggiunge il papa – la scelta di andare a confessarsi “può essere dettata solo dal bisogno di essere ascoltati”; per altri, invece, è la manifestazione del bisogno “di ristabilire un rapporto con Dio”. Il papa invita i confessori a credere che “ogni nostro incontro con un fedele che chiede di confessarsi anche se in modo un po’ superficiale, può essere quel luogo vicino al sicomoro in cui Cristo lavò gli occhi a Zaccheo”.