Terra Santa, dalla guerra al perdono

Una riflessione sugli scontri che si stanno verificando a Gerusalemme, sulla spianata delle moschee, tra militari israeliani e palestinesi accorsi per la preghiera. Un invito alla pace: la stessa che viene invocata quotidianamente da donne e bambini stanchi di violenze e terrore
Soldati israeliani pronti ad agire contro fedeli palestinesi a Gerusalemme

L'1 novembre 2014 scrivevo su Città nuova un articolo dal titolo “Gerusalemme e lo scandalo della pace". Tra l’altro, scrivevo  “la situazione si va aggravando, di giorno in giorno e di ora in ora. Toccare la spianata delle moschee vuol dire accendere un fuoco che potrà espandersi a tutto il Medio Oriente con risultati ben più gravi di quelli già terribili che accadono sotto i nostri occhi".

 

A distanza di dieci mesi potremmo scriver la stessa cosa perché, oggi come allora, la spianata delle moschee è diventata oggetto di scontro gravissimo, con il rischio di un'espansione dei disordini a macchia d’olio.

 

La valenza simbolica dei luoghi sacri va rispettata nella forma e nella sostanza, altrimenti ci saranno conseguenze gravissime e non facilmente contenibili. Il fanatismo religioso produce sempre ferite profonde nel cure delle persone e stimola comportamenti di intolleranza, che alimentano il conflitto. Il governo di Israele deve fare un passo indietro, perché si interrompa questo flusso di odio che ha origine dal valore religioso dei luoghi.

 

Proprio la sacralità dei luoghi dovrebbe spingere a comportamenti di rifiuto della violenza. Le tre religioni monoteistiche, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam, domandano ascolto, misericordia e perdono e non aggressioni, non fumogeni, non bottiglie molotov e non armi.

 

Ecco la perenne contraddizione di Gerusalemme, città della pace e al tempo stesso città della violenza. Si vuole salvare Gerusalemme e la si abbandona ad una violenza senza fine…

 

Per salvare Gerusalemme come culla delle tre grandi religioni dobbiamo costruire una vera cultura della riconciliazione, del perdono, del pieno riconoscimento dell’altro. Scriveva David Grosmann, "guardare l’altro con gli occhi del nemico”, per spezzare per sempre l’inimicizia…

 

Israele domanda incessantemente sicurezza, ma la sicurezza non sta nelle armi, nella forza, m,a nel costruire una rete di dialogo, di diritti riconosciuti, gli uni verso gli altri. I palestinesi chiedono giustizia, ma la giustizia domanda una conversione culturale capace di unire e non di dividere, di accogliere e non di rifiutare.

 

Il terribile muro, che tutti conosciamo e che genera in ciascuno un senso di ribellione per la ingiustizia che produce, non cadrà per la forza di alcuni contro altri, ma sarà frantumato dalla cultura della riconciliazione e del perdono. Una cultura che deve diventare grande politica in Israele e in Palestina, che sappia rinunciare per sempre alla via breve e illusoria della violenza.

 

I bambini vogliono la pace, anche se già da piccoli ogni giorno imparano a convivere con la violenza. Vedono il lancio delle pietre e delle molotov, ma al tempo stesso sanno che questo è un gioco terribile, di cui loro sono le prime vittime. Le donne vogliono la pace, perché hanno visto troppi loro figli uccisi dalla guerra e dalla violenza… Solo la politica sembra sempre pronta a usare la violenza e le armi, nel grande mondo e in modo speciale in Medio Oriente.

 

Ricordiamo ancora la preghiera a santa Marta di papa Francesco, con Abu Mazen, Simon Peres e il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo. Il papa disse che in quell’incontro era stata aperta la porta della preghiera, una porta che non si richiude, una porta da cui esce la forza mite della pace.

 

Siamo a un bivio: da una parte la pace, il perdono, il dialogo, dall’altra la violenza la guerra, le aggressioni e gli scontri. Sta a noi decidere se intraprendere il sentiero di Isaia o quello di Caino.

Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio di Gesù Cristo, il Dio misericordioso e compassionevole ha già deciso, perché è il Dio delle vittime.

 

Chi ha responsabilità politiche fermi questa spirale di violenza. Chi vive nella fatica dei giorni, semini il seme del perdono e della misericordia se vuole donare ai propri figli il colore e il sapore della pace, non uccidendo il nemico, ma dando la vita per lui.

 

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