Tensioni fra Modi e la Chiesa indiana

Le minoranze, in particolare musulmani e cristiani, non si può negare che vivano in un clima di crescente insicurezza. Il mese di maggio ha visto scoppiare una polemica scottante fra l’on. Rajnath Singh, Ministro dell’Interno, e Mons. Anil Couto, arcivescovo di Delhi che ha chiesto di pregare e digiunare fino alle elezioni del 2019.

Da quando nel 2014 Narendra Modi si è insediato come quattordicesimo Primo Ministro indiano con un governo dominato dal Bharatya Janata Party (Bjp) e con una maggioranza assoluta nel Parlamento, hanno continuato ad accavallarsi episodi di intemperanza religiosa contro le minoranze, in particolare musulmani e cristiani. Sebbene non tutti i fatti possano essere definiti come atti di discriminazione contro le minoranze religiose non si può negare che queste vivano in un clima di crescente insicurezza. D’altra parte, Modi con la sua grande capacità retorica ha saputo conquistare sia le masse all’interno del Paese che partners internazionali, grazie anche a viaggi all’estero ben mirati e pianificati con cura onde attrarre credibilità e capitali economici. Il suo partito ha via via conquistato buona parte degli stati (per l’esattezza 21 su 29) dell’Unione Indiana, dove nel corso di questi anni si sono svolte le elezioni per i governi locali. È un dato di fatto che oggi l’immenso Paese ha trovato in Modi e nel suo partito un punto di riferimento in cui si riconoscono milioni di indù, soprattutto i figli della nuova classe media in crescita costante e coloro che hanno saputo guadagnare una posizione sociale migliore grazie ai processi della globalizzazione. Il Bjp, poi, è uscito dalle zone che da decenni erano tradizionalmente suo appannaggio – per esempio gli Stati della cosiddetta hindu belt – e governa anche in zone del Paese tradizionalmente feudi del Congresso o di altri partiti.

Nelle ultime settimane, insieme alle tradizionali tempeste di sabbia – quest’anno particolarmente gravi nel centro Nord e al caldo bollente che caratterizza varie zone del subcontinente – il mese di maggio ha visto scoppiare una polemica scottante fra l’on. Rajnath Singh, Ministro dell’Interno, e Mons. Anil Couto, arcivescovo di Delhi. Infatti, in una recente lettera pastorale, l’arcivescovo della piccola comunità cattolica che vive nella capitale indiana ha invitato i fedeli a recitare una preghiera e a praticare il digiuno e l’adorazione eucaristica ogni venerdì fino alle elezioni del 2019. Il documento afferma che nel Paese si assiste ad «un turbolento clima politico che pone una minaccia ai principi democratici racchiusi nella nostra Costituzione e al tessuto laico della nostra nazione». Poi sottolinea il valore della preghiera e l’importanza del digiuno come pratica redentrice. Il tutto è riferito al panorama politico indiano, dove le minoranze religiose sono sempre più bersaglio dei radicali nazionalisti indù. Non solo i cristiani, ma anche i musulmani subiscono attacchi. Da una parte, infatti, i cristiani, discendenti dei colonizzatori, sono oggetto di persecuzione perché spesso presentati come minoranza aggressiva che vuole convertire la popolazione. I musulmani, da parte loro, subiscono attacchi perché in qualche modo tacciati di avere la stessa religione del Pakistan, da sempre nemico dell’Unione indiana.

La reazione del governo non si è fatta attendere. «L’India è un Paese in cui le minoranze sono al sicuro e a nessuno è concesso di discriminare in base alla casta o alla religione». Questo il tono della risposta dell’on. Rajnath Singh. Pur ammettendo di non aver visto il documento dell’arcivescovo, in Ministro ha sottolineato che «l’India è uno dei Paesi in cui le minoranze sono al sicuro». Anche la Conferenza episcopale indiana è intervenuta nel dibattito. Il suo Segretario generale, mons. Theodore Mascarenhas, ha, infatti, espresso apprezzamento per la lettera dell’arcivescovo di Delhi. «È una buona iniziativa», ha detto, evidenziando che si propone di pregare «per un Paese guidato dal pluralismo, dalla saggezza di governo e in cui poveri, popoli indigeni e dalit siano considerati e rispettati con uguale dignità. Preghiamo affinchè ogni cittadino possa vivere in serenità e con la gioia che viene dall’alto». All’interno del contenzioso si è mosso anche il presidente della Conferenza cpiscopale, il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, che ha incontrato il ministro Singh al quale ha presentato le crescenti preoccupazioni della comunità cristiana in India. Il porporato ha riferito al rappresentante del governo di Delhi che la minoranza religiosa è sempre più agitata «perché il governo non fa abbastanza» per proteggerla.

Alla gerarchia indiana si è aggiunta anche l’organizzazione laica chiamata All India Catholic Union (Aicu), che raccoglie un grande numero di laici cattolici impegnati in diversi settori della società che hanno desiderato esprimere solidarietà all’iniziativa dell’arcivescovo di Delhi ed hanno, inoltre, elogiato «il suo coraggio, integrità e forza spirituale nel richiamare l’attenzione di fronte a questa marea crescente di violenza diretta contro i dalit e le minoranze religiose». In una nota il movimento sostiene di essere «profondamente preoccupato per il fallimento del governo nel condannare e contenere le minacce alla libertà di culto, sostentamento ed espressione. La nostra amata terra è devastata dalla violenza di casta. I dalit sono picchiati a morte in diversi Stati del Paese. Dalit e musulmani vengono linciati dall’Assam al Rajasthan per il solo sospetto di aver mangiato carne di vacca o trasportato mandrie». I cattolici affermano che lo stesso governo di Delhi ha ammesso che nel 2017 sono morte 111 persone in 822 episodi di violenza settaria. Il gruppo sottolinea che «non si può ignorare la sofferenza dei poveri» e chiede «ad ogni vescovo in India di lanciare appelli simili alla preghiera per il Paese». «Speriamo – concludono i cattolici – che i capi religiosi di tutte le comunità si uniscano a queste preghiere». Ai laici hanno fatto eco anche i religiosi e le consacrate, i cui superiori generali che hanno recentemente svolto la loro assemblea generale nazionale.  Al convegno nazionale erano presenti circa 550 superiori e rappresentanti delle gerarchie ecclesiastiche, compreso mons. Giambattista Diquattro, nunzio apostolico in India e Nepal.

Tra gli interventi di maggior rilievo deve essere annoverato quello di padre V.M. Thomas che ha insistito sulla necessità di salvaguardare la democrazia e i diritti di tutti. «Abbiamo tra le più belle istituzioni democratiche del mondo – ha concluso – e dobbiamo rispettare i valori contenuti nella Costituzione». Inoltre, il card. Gracias ha confermato le indiscrezioni trapelate sugli organi di stampa, che sostengono che egli ha parlato del tentativo di polarizzare la società. «Sento che la polarizzazione è molto più forte rispetto agli anni passati. Le persone sono indotte a credere che ci siano minacce contro una particolare comunità. E questo non è un bene per il Paese. Dobbiamo lavorare per l’armonia, l’integrazione e il dialogo». Anche mons. Couto ha voluto intervenire insistendo che è necessario rendersi conto di quanto sta accadendo nel Paese e che è necessario per i cristiani guardare alle prossime elezioni e al relative governo che ne uscirà. Si spera, ha sottolineato, che possa essere un governo che veramente cura gli interessi ed i diritti di tutti.

 

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