Tensioni e violenze in Venezuela

Il Paese è ad un passo dal baratro economico. Mancano i beni di prima necessità, la moneta ha subìto nove svalutazioni di seguito, mentre le manifestazioni dell’opposizione e dei sostenitori del governo Maduro stanno paralizzando molte città con morti e feriti. Attesa per la Conferenza nazionale di pace indetta mercoledì
Proteste in Venezuela

La grave situazione sociale e politica che attraversa il Venezuela viene vissuta anche online, dove in questi giorni spopolano video amatoriali e no sulle violenze e le tensioni che hanno provocato la morte di dieci manifestanti, molti di loro studenti che protestavano pacificamente. Queste morti pesano come un macigno sulla gestione della crisi da parte del presidente Nicolas Maduro, che proprio oggi ha aperto un dialogo con l’opposizione, mentre ha fissato per mercoledì una Conferenza di pace nazionale per mettere fine all’escalation di disordini che negli ultimi 15 giorni hanno visto succedersi continui scontri fra manifestanti e "collettivi sociali", affini al governo, presumibilmente sostenuti dalla Guardia nazionale per arrestare la continua occupazione di spazio pubblico nelle principali città della nazione.

A Caracas e non solo, migliaia di universitari hanno eretto barricate e chiuso strade, provocando l'intervento delle forze armate: gli scontri violenti con lanci di pietre e lacrimogeni, oltre che spari d'arma da fuoco sono sotto gli occhi del mondo, che sul web partecipa in diretta alle proteste. Morti si registrano tra i membri dei collettivi ufficiali a sostegno del presidente, ma tra le vittime ci sono anche studenti che manifestavano pacificamente di fronte al ministero delle Comunicazioni, per chiedere il rispetto della libertà di espressione e contro l'azione repressiva del governo, che proprio ieri ha espulso tre giornalisti della Cnn, con l’accusa di «comunicazione destabilizzante e di manipolazione psicologica».

Il controllo dei mezzi di comunicazione è una delle ossessioni di Maduro, che ha fatto passare leggi restrittive sulla stampa in un Parlamento dominato dal suo partito. Il controllo delle importazioni di giornali e riviste ha costretto alla chiusura le testate più critiche nei suoi confronti a cui si somma la forzata chiusura della rete televisiva Globovision, mentre alle radio indipendenti è stata imposta l’autocensura in cambio della sussistenza: il vuoto di comunicazione è stato solo parzialmente riempito dalle reti sociali.

Se due settimane fa lo scontento di gran parte della popolazione era espressione di un malessere per i problemi cronici del Paese – insicurezza, inflazione, mancanza di beni di prima necessità come il latte – adesso si è costituito un vero fronte di opposizione, deciso a rovesciare questo governo. A capo c’è Leopoldo Lopez, leader del partito Volontà popolare (Vp), protagonista di molte delle manifestazioni pubbliche e che è stato arrestato con l’accusa di incitamento alla violenza e incendio di beni dello Stato. Lopez ha messo in ombra anche la figura di Henrique Caprile, governatore dello Stato di Miranda, che alle elezioni dell’aprile 2013 seppe convogliare le forze di opposizione nel partito Mud (Mesa de unidad democratica) e fu sconfitto solo per un punto percentuale da Maduro.

Anche per gli altri dirigenti del Vp si preparano scenari simili a quello vissuto da Lopez, soprattutto a seguito di una manovra giudiziaria del governo che intende prostrare il fronte dell’opposizione. Maduro ha dichiarato che Daniel Ceballos, sindaco di San Cristobal, dello Stato di Tachira, fulcro dell'onda di proteste e membro del Vp, è passibile di arresto. Giovedì scorso il vicepresidente dell'Assemblea nazionale Dario Rivas ha inoltre dato inizio all'iter parlamentare per privare dell'immunità Maria Corina Machado, la deputata più votata del Paese ed ex pre-candidata alla presidenza. La Machado conduce con Lopez la campagna La Salida, dove tra i punti programmatici si propone il rovesciamento del governo attraverso l'occupazione pubblica delle strade. Sorte non meno facile per Carlos Vecchio, seconda figura del partito Volontà popolare, convocato più volte dalla polizia, e per Antonio Rivero, un ex generale di Chavez passato all'opposizione dopo le elezioni di aprile, che sospetta forti irregolarità nella vittoria di Maduro: le perquisizioni intimidatorie nella sua residenza sono continue.

Sul fronte estero e della propaganda, il presidente Maduro ha accusato gli Stati Uniti di fomentare le proteste in stretto collegamento con i settori "fascisti" dell'opposizione. Sostiene inoltre che c'è un complotto in atto per destabilizzare il governo: un tentativo di mascherare il fallimento della politica economica che sta affamando il Paese e della esponenziale crescita di episodi di violenza e aggressione armata che proprio in questi giorni hanno provocato la morte di due salesiani nella città di Valencia. L'attuale crisi è una delle peggiori della storia del Venezuela e anche il cardinale di Caracas, Jorge Urosa Savino, ha esortato Maduro a riconoscere i gravi problemi del Paese, che hanno provocato l'ondata di proteste. Obama, dal canto suo, ha risposto smentendo simili speculazioni, senza estremizzare i toni e limitandosi a sollecitare il rilascio degli oppositori arrestati.

Il Venezuela possiede tra le maggiori riserve petrolifere del mondo e le esportazioni di greggio generano il 98 per cento delle entrate dello Stato. Nonostante ciò, il debito estero tra il 2005 e il 2013 si è quadruplicato. La moneta ufficiale, il bolivar, ha subìto nove svalutazioni in altrettanti anni e l’ultima del febbraio scorso è arrivata al 32 per cento di valore in meno rispetto al dollaro, con un tasso ufficiale di cambio accresciuto del 6.3 per cento, mentre al mercato nero si parla di cifre dieci volte superiori. Per mancanza di investimenti e manutenzione la rete elettrica è in una situazione critica e ciò ha provocato da settembre scorso la fornitura a singhiozzo per due terzi della popolazione.

Secondo cifre del Cepal (Commissione economica per l'America Latina) il Pil per abitante nel 2013 è sceso dello 0,3 per cento, il più basso del continente latino-americano, dove la media è del 2,6 per cento. Il deficit ufficiale dello Stato è allo 0,3 per cento del Pil ma fonti non ufficiali lo stimano sul 20 per cento. L'inflazione media annuale si attesta sul 54 per cento, la più alta dell’America Latina, mentre i prezzi della vendita del petrolio sono i più bassi dei 17 Paesi di Petrocaribe. Proprio il controllo dei prezzi è stato quello che ha provocato l’assenza dai banchi dei supermercati di prodotti di prima necessità come latte e farina, mentre tanti sono stati gli episodi di saccheggi violenti, tollerati in qualche modo dal governo che accusa le aziende di speculare sui prezzi per limitare il flusso dei prodotti. 

I venezualani sentono di essere a un passo dal baratro ed è per questo che l'opposizione più moderata condotta da Caprile cercherà di riprendere il dialogo con il governo e dopo la manifestazione di sabato avanza la richiesta di disarmare i gruppi violenti a sostegno di Maduro. Un appello alla pace è stato rivolto dai vescovi che hanno chiesto a entrambe le parti di rinunciare agli scontri. Proprio alla Chiesa larga parte della popolazione affida la mediazione pacificatrice sperando in un Venezuela rinnovato e riconciliato.

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