Tempo e spazio (Evangelii Gaudium 222-225)
Sperimentare “la gioia del Vangelo” non è in alcun modo possibile fuori della vita quotidiana ordinaria, e tantomeno come evasione da essa. Questo è vero già per i singoli fedeli; «ma diventare un popolo è qualcosa di più (…). È un lavoro lento e arduo». In vista della «costruzione di un popolo», papa Francesco propone «quattro principi che orientano specificamente lo sviluppo della convivenza sociale» e interpellano i discepoli di Gesù nella loro azione sociale. Il primo principio è: il tempo è superiore allo spazio. Cosa significa questo? «Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena (…). Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici». La chiamata è quella a vivere ogni angustia presente con pazienza e speranza, adottando «i processi possibili e la strada lunga». Senza indugiare sulla pur lecita domanda «da dove viene la zizzania?» (Mt 13,27), che sfianca e consuma le nostre migliori energie nella ricerca di un nemico. E, ancora più a fondo, senza misurare noi stessi e l’efficacia del nostro agire secondo i criteri di quella “mondanità spirituale” che punta a occupare spazi. Si tratta invece di scatenare processi e coinvolgersi personalmente in essi, perché da lì passa l’esperienza della vera gioia. Nei processi, Dio stesso è all’opera. La possibilità di fruttificare in «importanti avvenimenti storici» non è nelle nostre mani: altri, forse, vedranno i frutti dei nostri nuovi inizi di ogni giorno. Ma nel generare nel tempo nuovi dinamismi – come singoli e come gruppi, per arrivare a diventare un popolo –, operiamo per una crescita di quella luce buona che «illumina» gli spazi. Per una crescita del Regno di Dio. (222-225)
Fabio Dipalma
assistente all’Istituto Universitario Sophia