Tempo di riforme
Quando queste righe arriveranno al lettore, il dato delle elezioni regionali sarà già stato digerito nei ritrovati confronti televisivi; ma una nota proiettata sul piano nazionale è doverosa.
Quando queste righe arriveranno al lettore, il dato delle elezioni regionali sarà già stato digerito nei ritrovati confronti televisivi; ma una nota proiettata sul piano nazionale è doverosa. Dunque la vittoria del centrodestra è stata netta, segnata dalla clamorosa conquista del Piemonte e dalla affermazione nel Lazio, in Campania e in Calabria, oltre alle scontate Lombardia e Veneto.
La Lega è tornata a Roma da superstar, anche per i successi in Emilia Romagna, Marche e Toscana, mentre il Pdl vede ridimensionato il proprio mordente, nonostante la campagna elettorale di Berlusconi, presente quotidianamente sulle tv a fronte dell’azzeramento dei dibattiti politici. Il che ha fatto sì che il presidente del Consiglio si sia intestato il successo e abbia ridimensionato l’ala “finiana”, con la quale non c’è perfetta coincidenza di programmi riformisti. Insomma, il governo si consolida alla guida del Paese, ma vede riscritti i propri equilibri interni: l’asse Berlusconi-Bossi diventa Bossi-Berlusconi.
Sul fronte dell’opposizione, il Pd esce indebolito, soprattutto al Nord, l’Idv avanza e l’Udc registra un risultato modesto. È però sulle alleanze che occorre riflettere. Globalmente, resta l’incertezza sulla possibilità effettiva di una alternativa di governo da proporre agli italiani: è vero che il centro-sinistra ha mantenuto sette regioni, ma al Nord l’alleanza Pd-Udc-Idv-sinistra non ha sempre dato i frutti sperati (in Piemonte, l’argine alla Lega non c’è stato), mentre la Puglia è stata riconquistata da Vendola con una alleanza marcatamente di sinistra.
Quali i rischi e le prospettive, adesso? Due dati allarmanti: le spaccature che attraversano il Paese (quella Nord-Sud tra tutte) e l’impennata dell’astensionismo che fotografa la distanza crescente tra politica e cittadini. Le prospettive sono invece legate ai tre anni di tregua elettorale che si aprono e che sfidano la maggioranza a garantire una tenuta non litigiosa al suo interno e un rapporto migliore con l’opposizione, per avviare una stagione di riforme che abbia al centro la coesione sociale e politica del Paese.