Tematiche morali nell’opera di Pietro Abelardo

Il lavoro intende soffermarsi su uno dei principali autori della filosofia medievale, Pietro Abelardo, e riproporne l’importanza delle tematiche morali, le quali coinvolgono aspetti non solo dell’antropologia, ma anche dell’ontologia, non ancora studiati a fondo. Alla luce di tale rivalutazione e riproposta dell’opera abelardiana, si intende assumere come oggetto formale un’etica della relazione basata due misure: una oggettiva, Dio e la sua volontà; e una soggettiva, l’uomo e la sua coscienza. Spesso gli studi sul pensiero morale di Abelardo hanno insistito solo una delle due misure concependo così la sua riflessione come “sospesa” tra due poli, i quali sono contradditori se assunti separatamente: il polo di una morale soggettivistica, e il polo di una morale a carattere totalmente religioso. Solo la categoria di relazione, concepita alla luce della rivelazione trinitaria su cui Abelardo eserciterà incessantemente il suo pensiero, può evitare tale rischio e aprire ad un’ermeneutica che sia, allo stesso tempo, fedele al testo e attenta all’esigenze di fondo espresse dal pensiero abelardiano.

Scopo del presente articolo è presentare le tematiche dell’opera morale di Pietro Abelardo, evidenziando le due portanti principali: Dio, che chiamerò misura oggettiva, e la coscienza, che chiamerò misura soggettiva.

La pars destruens dello studio metterà in evidenza le difficoltà, in ordine ad un’adeguata comprensione della morale abelardiana, cui vanno incontro le interpretazioni che la inquadrano come un’etica soggettivistica o come una disciplina dalla caratterizzazione religiosa che poco o nulla ha da dire al pensiero contemporaneo. 

La pars costruens arriverà ad evidenziare come l’etica abelardiana sia uno sviluppo sistematico di una ricerca di unità tra l’impellente voce della coscienza, impronta della volontà divina in noi, e la volontà divina stessa; un’unità che non è mai semplice indistinzione, ma che si alimenta di una dialettica e di un dialogo continuo, di un’“euristica del vivente” in cui la sintesi si regge sulla diversità delle istanze. Pertanto si sottolineerà come il nodo problematico vada sciolto alla luce dell’antropologia abelardiana, la quale vede l’uomo come un essere mirante ad un’unità perduta, un universo in tensione e il centro di battaglie interiori che lo sconvolgeranno per tutta la vita ma che possono essere il mezzo per conferirgli quello che incessantemente cerca: la felicità, unione di ratio e voluntas nella creatura e con il creatore.

Ecco, allora, il punto prospettico da cui studiare la riflessione morale di Pietro Abelardo: quello di un’“etica della relazione”.


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