Televisione convergente

La tv non è solo un mezzo di comunicazione di massa, è lo schermo della cultura odierna. Un nuovo libro del critico televisivo Aldo Grasso analizza i cambiamenti in atto  
Aldo Grasso

«Sei connesso?» Recitava una famosa battuta del film Ritorno al futuro. Nella pellicola degli anni Ottanta l’interpretazione del termine era proprio nel senso di connettere, capire, intendere. Se, cioè, il cervello era connesso, comprendeva quello di cui si parlava. La connessione in rete in quegli anni era conosciuta solo dal mondo militare, e in gran segreto.
Nel film Wall-E, del 2008,  i terrestri del futuro, trasferitisi in un’astronave da crociera per fuggire alla distruzione del pianeta, vivono sempre connessi tanto che l’unica realtà è solo quella virtuale. Provate oggi a chiedere ad un giovane: «Sei connesso?». L’unica interpretazione possibile è la connessione con Internet.

Nella nuova era digitale non si evolve solo il significato delle parole, ma la cultura e la nostra visione della vita. Tra i due estremi dei due film citati, ci siamo noi che viviamo nell’era della digitalizzazione tra offline, la vita reale e online, la vita virtuale. I nativi digitali, i giovani sotto i 25 anni, secondo il Censis, usano Internet nel 67 per cento dei casi. E, tra l’online e l’offline, esisterebbe una bassa discontinuità  perché sono come due mondi paralleli con delle interazioni maggiori di quelle cui siamo normalmente abituati a pensare.

In questo contesto mutano e si adattano all’evoluzione dell’ambiente anche i mezzi di comunicazione di massa. Una radio la posso ascoltare dal telefonino, dal computer, scaricare programmi dal web e ascoltarli quando voglio. Lo stesso vale per i giornali, la tv, i computer. E’ come se lo spazio si fosse dilatato e intravedessimo di nuovo una nuova frontiera, anche culturale. Henry Jenkins parlava di cultura convergente come «l’attitudine che incoraggia gli utenti a interagire con i contenuti, a creare connessioni con diversi testi, a usare le tecnologie sempre meno come strumenti per comunicare e sempre più come territori da esplorare».

E, proprio in questi giorni, è uscito il testo di Aldo Grasso, noto critico televisivo, insieme a Massimo Scaglione, ricercatore dell’Università  Cattolica del Sacro Cuore, dal titolo significativo di Televisione convergente per i tipi della Link Ricerca.
«Tecnicamente convergenza – scrive Grasso sul Corsera – è l’unione di più strumenti del comunicare, una fusione resa possibile dalla tecnologia digitale. Ciascun medium non è  più destinato a svolgere un singolo tipo di prestazione, ma è in grado di diffondere diversi contenuti (fotografia, radio, conversazioni telefoniche, tv, musica)». E i mezzi di comunicazione di massa ora «si sovrappongono, si mescolano, si combinano, si piegano con maggiore flessibilità  alle nostre esigenze temporali, spaziali e d’uso». La parte da padrone, nel mondo dei media, la fa sempre la tv per la presenza esorbitante sul web e sugli altri mezzi di comunicazione.

Il libro Televisione convergente, basato su una ricerca durata un anno del Ce.R.T.a, Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi, esplora il nuovo ambiente e ceca di fornire delle risposte su un campo ancora inesplorato. La prima sezione, Sguardi, interpreta la convergenza televisiva attraverso l’estensione, l’accesso e il brand, «il prodotto che diventa un testo esteso, l’accesso che si moltiplica e il brand che assurge a fattore cruciale per la gestione dei programmi quanto delle reti». Nella seconda sezione, Metodi, si cercano di comprendere le dinamiche di produzione e consumo della tv convergente. Nell’ultima sezione, Testi e contesti, si analizzano 12 programmi della passata stagione televisiva. Per la sezione intrattenimento: Grande Fratello, X Factor, Uomini e donne, Chiambretti Night, per la fiction italiana: I Cesaroni, Tutti pazzi per amore, Squadra antimafia e Romanzo criminale. Per la serialità americana: Heroes, CSI, Gossip Girl, Mad men.

Un’indagine seria, innovativa, con uno sguardo d’insieme sulla televisione convergente, dal punto di vista del consumo e della produzione. Per capire il mondo che cambia e che l’evoluzione dei medium non è solo tecnologica, ma anzitutto antropologica e culturale.

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