Tavecchio si dimette: calcio italiano al bivio
“Ho rassegnato le dimissioni e per mero atto politico le ho chieste al Consiglio, ma nessuno le ha rassegnate”. E’ stata aperta da queste parole la conferenza stampa nella quale Carlo Tavecchio ha annunciato la scelta di lasciare la presidenza della Federazione Italiana Giuoco Calcio, in seguito alla clamorosa mancata qualificazione della Nazionale italiana ai Mondiali di Russia 2018.
Al di là dell’indignazione sportiva del popolo dell’Italia del tifo, ancora stordita dalla clamorosa esclusione dal mondiale, fatto accaduto solo 60 anni prima, erano stati tanti, troppi e dal peso politico decisivo i delusi protagonisti di pressioni ostili all’attacco di Carlo Tavecchio nelle ore precedenti: Giovanni Malagò, presidente del Coni, Luca Lotti, Ministro dello Sport, Gabriele Gravina, presidente della Lega di serie C, Giancarlo Abete, pluriincaricato per l’UEFA, e poi Urbano Cairo, Giorgio Squinzi ed Aurelio De Laurentiis, rispettivamente presidenti di Torino, Sassuolo e Napoli, ma soprattutto Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, e Cosimo Sibilia, presidente della Lega Nazionale Dilettanti.
Inevitabile la scelta, dato il sostegno ormai venuto meno da buona parte di tutto il movimento calcistico, escludendo qualche fedelissimo tra i quali Renzo Ulivieri, presidente dell’Associazione allenatori, peraltro noto agli sportivi italiani soprattutto per non essersi mai pentito delle sue memorabili scelte di escludere un certo Roberto Baggio in piena forma dai “progetti tattici” ai tempi del suo modesto Bologna. Non è propriamente noto per tornare sui suoi passi, anche quando palesemente incomprensibili, mister Ulivieri, che ha affermato circa le dimissioni di Tavecchio: “Quello di oggi è un segnale grosso, un segno di debolezza. Rispetto la decisione di Tavecchio: ha chiesto le dimissioni di tutti come gesto politico, ma dobbiamo restare per garantire l’ordinaria amministrazione, altrimenti davvero arriva qualcuno da fuori e sarebbe una iattura…” senza specificare cosa possa accadere di peggio, sul piano sportivo, rispetto a quanto già non sia accaduto.
Da par suo, nel concitato intervento pubblico, Tavecchio ne ha per tutti, anche se l’unico errore riconosciuto da parte sua sembra essere solo la scelta del commissario tecnico Ventura, anche lui non disposto a dimettersi perché probabilmente convinto di un buon operato e congedatosi con una buonuscita di 800 mila euro in seguito all’esonero conseguito per l’eliminazione dell’Italia. “Ventura l’ho scelto io e nessun altro” ha sottolineato, rivendicando “l’attivazione dei centri federali, la riforma dei campionato giovanili, la riforma del calcio femminile, una gestione di bilancio che fa invidia a chi è quotato in borsa, la ristrutturazione completa del centro tecnico di Coverciano e l’introduzione della VAR”.
Nessuna ammissione di colpa o rammarico per qualche scelta, nessun riferimento a eventuali sbagli personali o dei suoi collaboratori, nessun riferimento alla gestione tecnica, all’idea di calcio nel paese, della formazione dei settori giovanili, della questione del tifo violento o dell’educazione negli ambienti di calcio. In carica dal 2014 e riconfermato il 6 marzo di quest’anno, Tavecchio attacca i suoi presunti traditori: “Qualcun altro ha fatto il seme, io raccolgo i frutti – ha affermato: – il punto di speculazione ha raggiunto il limite, ho preso atto del cambiamento di atteggiamento di alcuni voi” ha tuonato, riferendosi in particolare a Cosimo Sibilia, schieratosi con le opposizioni.
“Il movimento in generale ha bisogno di qualcosa di diverso. Se la scelta del Ct vuol dire qualificarsi al prossimo mondiale allora sì, ma non è il problema principale: la riflessione è generale, più ampia. Fare nomi di Ct oggi è sbagliato, non è quello il tema primario – aveva già commentato invece Damiano Tommasi, presidente dell’AssoCalciatori: – da anni siamo i soli a parlare di calcio, come componente tecnica del Consiglio Federale. Spero che ne parleremo ancora con una programmazione a medio-lungo termine”.
Tavecchio resterà in carica come commissario della Lega di A sino all’11 dicembre, ma non sarà più al comando della Figc, anche in una fase transitoria. “C’è la volontà di commissariare la Federcalcio, lo dice lo statuto della Figc. Senza la governance mi sembra l’unica soluzione” afferma Giovanni Malagò, presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI, del quale la FIGC è affiliata), che domani alle 16,30 terrà a Roma una Giunta straordinaria.