Taranto, situazione di stallo per l’ex Ilva
Da pochi giorni si è concluso un tavolo per Taranto, l’ennesimo, dove questa volta si sono seduti Giancarlo Giorgetti, ministro allo Sviluppo economico e Mara Carfagna, ministra per il Sud, che dal premier Draghi ha ricevuto la delega a capo del Cis, il Contratto Istituzionale per le Sviluppo di Taranto.
Insieme a loro, in previsione di un nuovo progetto green che possa toccare il siderurgico dell’ex Ilva, si sono seduti al tavolo anche Roberto Cingolani ministro per la Transizione ecologica e Vittorio Colao, ministro per l’Innovazione tecnologica.
Già da gennaio gli amministratori locali attendavano dal Governo, impegnato a risolvere la crisi politica, qualche decisione sulle sorti dell’impianto che incrocia l’economia e la salute dei tarantino.
Nonostante la presenza dei rappresentanti di Invitalia, l’agenzia nazionale per gli investimenti e di Cdp (Cassa deposito e prestiti) non sono ancora giunte risposte o soluzioni adeguate. Anche Rinaldo Melucci, sindaco di Taranto, esprime insofferenza per questo continuo gioco di fraintendimenti dentro cui la multinazionale Ancelormittal assume un atteggiamento di chiusura, come dice ad alcune testate locali il primo cittadino: «Prepotenza? Intimidazione? Ricatto? Ancelormittal, garantito da decreti sa di avere una posizione di forza nei confronti del Paese».
In questi ultimi giorni una parte dello stabilimento, infatti, è chiusa per manutenzione straordinaria di cui non si conoscono i tempi, aumentando la preoccupazione dei lavoratori, ma a rendere maggiormente confuso lo scenario, sono proprio le indecisioni del colosso franco-indiano che prima ha comunicato lo stop della produzione appunto, con conseguente rallentamento dei piani di investimenti; poi, nel giro di poche ore, con una nota comunicata direttamente da Londra, annuncia la riapertura di tre altiforni dell’impianto.
Un cambio di programma avvenuto subito dopo il tavolo governativo, che però genera dubbi sulla linea di Ancelormittal. Già con vecchi comunicati, aveva accusato lo Stato italiano di non rispettare gli impegni per salvare migliaia di lavoratori. Certamente le mosse della multinazionale, forse in seguito all’eventuale ingresso di Invitalia con 400 milioni, che tardano ad essere investiti, non sono chiare e gettano altri dubbi sulla gestione.
I sindacati Fim Fiom e Usb esprimono lo stato d’ansia e d’incertezza dei tarantini, denunciando le inefficienze dell’ azienda franco-indiana, oltre che la delusione di tutti i provvedimenti rinviati da tutte le parti chiamate in gioco.
Adesso è confermato il rallentamento dei piani di investimento, proprio a causa delle rimostranze di Ancelormittal nei confronti dello Stato, che solo vedendosi sbloccare la pioggia di milioni di Invitalia potrebbe rivedere l’accordo di investimento. Insomma un vortice di apparenti ricatti sulla pelle dei tarantini.
Le promesse fatte durante l’incontro di fine 2020, ossia l’ingresso di Invitalia per una ricapitalizzazione dello Stato nel siderurgico per un rilancio della produzione, il reintegro dei cassaintegrati, sono rimaste sul tavolo, continuando a lasciare nell’incertezza lavoratori e cittadini. I 400 milioni di euro restano in cassaforte come tutte le ipotesi pensate per dare un sostegno alla città che sembra perennemente offuscata dei fumi della malagestione dell’acciaieria.
L’attesa di provvedimenti sul piano industriale ed economico a partire dal Recovery plan, che non può assolutamente dimenticarsi della città dei due mari, intanto continua a lasciare al palo famiglie e lavoratori, in un clima reso incerto, non solo dalla pandemia, ma dall’immobilità, dai ripensamenti, dal silenzio, denunciato anche dall’Ugl metalmeccanici, il cui rappresentante nazionale esorta le parti private e pubbliche ad accelerare un nuovo percorso di rilancio, perché la situazione è allo stremo.
Se da un lato le si nutrono speranze di un nuovo riassestamento con il Recovery plan, dall’altro lo stesso tavolo istituzionale deve considerare l’inevitabile e necessario capitolo degli investimenti ambientali, che rientrano, senza dubbio tra i punti principali dell’agenda di Draghi. Il fattore della sostenibilità è da valutare, oggi più che mai, allo stesso livello del piano industriale. In mezzo a questi due piani i tarantini attendono ancora la loro sorte.