Tap: blitz della polizia con le ruspe
Blitz all’alba della polizia nel cantiere per abbattere le barricate erette dai manifestanti a ridosso della zona Tap dopo la sentenza del Tar Lazio che, il 20 aprile scorso, ha respinto il ricorso della regione Puglia contro le autorizzazioni del ministero dell’Ambiente. I giudici hanno sentenziato che trattasi di «infrastruttura strategica, di preminente interesse per lo Stato», quindi è il ministero dell’Ambiente il «titolare di una facoltà di controllo, in ordine al rispetto di quanto previsto nel decreto Via» sulla valutazione di impatto ambientale.
Via libera dunque ai lavori, sospesi qualche giorno prima. La zona è stata completamente militarizzata, cogliendo gli attivisti No-Tap di sorpresa, confinati dagli agenti a ridosso del cantiere. Il blitz ha consentito le operazioni di messa in sicurezza di una quarantina di ulivi. Sono state impiegate due gru e cinque camion che hanno consentito la sistemazione degli alberi trapiantati in un’area perimetrale del cantiere che si trova dalla parte opposta rispetto al presidio permanente dei manifestanti, il cui tentativo di aprirsi un varco tra gli agenti è risultato vano.
Il dispiegamento di forze è stato tale da portare il sindaco di Meledugno, Marco Potì, a ironizzare sullo «sbarco in Normandia» per pochi ulivi. Per la prima volta ieri, da quando il 17 marzo sono iniziati i lavori, il primo cittadino non ha partecipato alle manifestazioni di protesta. Nei giorni scorsi è stato convocato dal prefetto di Lecce, Claudio Palomba, e invitato a fare rimuovere le barricate che impedivano l’accesso alle strade interpoderali. «È stato ancora una volta requisito un pezzetto del mio territorio – ha dichiarato Poti’ – con dispiacere abbiamo avuto centinaia di uomini delle forze dell’ordine, che hanno fatto il servizio di sicurezza a una società privata straniera. Io non so se chi ha responsabilità politiche, i ministri dell’Interno e dello Sviluppo, si rende conto che un’opera del genere non può essere fatta contro il volere della popolazione. Non si protesta solo per un tubicino di gas – come dicono coloro che ignorano tutti gli aspetti di questo progetto – ma per difendere un territorio, la sua vocazione turistica, la salute,la sicurezza. Ecco perché continueremo a manifestare anche dopo oggi».
A sostenere le proteste anche il presidente della regione Puglia, Michele Emiliano: «Lo Stato sta imponendo un’opera pubblica in una delle più belle spiagge della Puglia senza ascoltare la regione che vorrebbe l’approdo del gasdotto a 30 km più a nord – ha detto -. Non un no per principio, ma semplicemente prepotenza dello Stato esercitata su decine di sindaci e cittadini. Comprendo la protesta dei cittadini, l’arroganza dello Stato li amareggia – ha aggiunto Emiliano -. Hanno ragione a manifestare pacificamente contro questa arroganza».
I lavori di costruzione del gasdotto, che trasporterà gas naturale dalla regione del Mar Caspio in Europa, sono cominciati nel 2016. Lungo 878 km e profondo 820 metri, il metanodotto attraverserà la Grecia settentrionale, l’Albania e l’Adriatico per approdare sulla costa salentina di San Foca di Melendugno e collegarsi alla rete nazionale. 8 i km per i quali si snoderà sul suolo pugliese. 211 gli ulivi da espiantare, 16 sono monumentali. Una volta realizzato, Tap – secondo i progetti – costituirà il collegamento più diretto ed economicamente vantaggioso alle nuove risorse di gas dell’area del Mar Caspio, aprendo – con i suoi 10 miliardi di metri cubi di gas che trasporterà inizialmente – il corridoio meridionale del gas. Tra i principali azionisti di Tap ci sono le più importanti società del settore energetico: Socar, Snam, Bp, Fluxys, Enagßs e Axpo. L’opera viene considerata strategica per la “sicurezza energetica continentale”.