I tanti conflitti corollari della guerra d’Ucraina

Attorno al confronto militare tra Mosca e Kyiv crescono tante piccole guerre, corollari alla blasfemia del fratricidio in atto nelle piane del Donbass. Orribile: in Siria le vittime del terremoto sono di serie B rispetto a quelle della Turchia
conflitti

Parliamo e scriviamo della guerra d’Ucraina, guerra europea ma non solo, la vediamo sui tanti schermi delle nostre giornate, resa virtuale, lontana. E non ci accorgiamo che la guerra è orribilmente contagiosa, e suscita tanti piccoli/grandi conflitti. È la logica bellica che vince sulla mediazione, sul compromesso, sulla conciliazione, se non sulla riconciliazione e la pace. Di perdono, beh, per il momento non se ne vede l’ombra.

Prendiamo le beghe politiche internazionali. Vediamo i due campi apparentemente ben compatti, mentre poi ci accorgiamo che entrambi sono attraversati da tensioni, non detti, piccole gelosie. Meloni non viene invitata all’Eliseo, Zelensky passa a Londra e Parigi prima che a Bruxelles, il gruppo di Visegrad sembra rinascere, al di là delle forti distinzioni sul conflitto ucraino che separano ad esempio Polonia e Ungheria, mentre sembra che il governo italiano, per l’insofferenza reciproca tra Macron e la Meloni possa aderire al gruppo dissidente in seno alla Ue. Ci sono poi i Paesi alla frontiera con l’Ucraina e la Russia che premono per un maggiore impegno militare degli occidentali, mentre altri Paesi cercano comunque di mantenere aperto un canale con Mosca. Ed è di ieri la querelle tra tedeschi e statunitensi a proposito di Abrams e Leopard. E potrei continuare.

Nel campo opposto, a parte il sostegno esplicito, avvalorato dall’invio di armamenti, tra Russia e Corea del Nord, non si vedono grandi entusiasmi per la sortita russa nel Donbass. Pechino fa la sorniona, sì, certo, sono i nostri alleati, ma quel che ci interessa non è una guerretta in Europa, a noi interessa il dominio sul Pacifico e vincere la guerra commerciale con gli Usa, in tempo di recessione del Pil mondiale. Anche Lukashenko promette e promette ancora, ma si guarda bene dal far scendere i suoi soldati in guerra, direttamente, perché sa bene che l’opposizione interna alla guerra è fortissima, non come in Russia. I Paesi dell’Asia Centrale, del Gruppo di Shanghai non condannano a parole la sortita putiniana, ma si guardano bene dall’implicarsi direttamente. Il gigante indiano, il Paese ormai destinato a diventare il primo al mondo per popolazione, vede con fastidio il turbamento dei commerci internazionali provocato dalla guerra del Donbass.

Altri conflitti subiscono le conseguenze della grave frattura diplomatica creatasi in Europa. Pensiamo alle tensioni tra l’Iran e il blocco occidentale: la recente esplosione in un’azienda di produzione di armi nei pressi di Isfahan, si dice opera dei servizi segreti israeliani, fa crescere le tensioni tra sunniti e sciiti, anche in Libano, dove Hezbollah si trova schierato totalmente contro il blocco occidentale, e mentre non si sa per quanto tempo il Paese resterà senza presidente. Si potrebbe parlare anche delle tensioni tutte infra-arabe nella Penisola arabica, o ancora della recrudescenza delle tensioni in Terra Santa. Ma persino le tensioni etniche in Myanmar vedono un irrigidimento dei fronti opposti…

Un conflitto, vecchio ormai di 12 anni, quello siriano, deve annoverare spaventose conseguenze dal conflitto ucraino, in occasione del terremoto disastroso che ha colpito 4 giorni fa la zona di confine tra Siria e Turchia. Esistono vittime di serie A e di serie B: i russi hanno fatto capire a chiare lettere che i soccorsi in Siria sono una questione che sbrigheranno da soli, mentre la famiglia del presidente Assad mette in guardia dall’aiutare le popolazioni che sono fuori dal controllo di Damasco. Le organizzazioni internazionali, private e pubbliche, hanno enormi difficoltà a operare in Siria, anche e soprattutto per l’embargo che da troppo tempo ricade soprattutto sui poveri, sul popolo che non aveva le risorse per andarsene dal Paese. Un dramma di cui poco riusciamo a capire, ma dalle conseguenze nefaste.

La guerra non sa che generare altre violenze, piccolo o grandi. Dia-ballein in greco significa divisione ed è all’origine del termine dia-bolon, diavolo. La guerra produce solo divisioni, inutile pensare diversamente. L’impegno per la pace è l’unico modo per interrompere la catena dell’odio, che finisce sempre per danneggiare i più poveri. Un’immagine vista in tv mi sembra simboleggiare queste fratture multiple: un’autostrada nel sud della Turchia spaccata dal sisma, che ha creato un gradino di tre-quattro metri sul nastro d’asfalto, frantumando poi le due labbra della ferita. Per riparare i danni bisognerà lavorare in profondità.

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