Tanti auguri papa Bergoglio!

Oggi, festività di san Giorgio, è anche l'onomastico di papa Francesco e del presidente Napolitano
papa Francesco

Oggi – san Giorgio –  è l’onomastico del papa (e del presidente Napolitano). Ieri era il 40° della professione religiosa solenne di P. Jorge Mario Bergoglio nella Compagnia di Gesù.

Quanto più passano i giorni, più mi riesce difficile parlare di Francesco, forse proprio perché sembra facile. La sua capacità di contatto con tutti, il coraggio di rinnovare, la sua normalità evangelica possono indurre a interpretazioni di tipo aneddotico, quasi dipingendolo come un “grande e simpatico parroco”.

Però, onestamente, non credo che sia visto prevalentemente così nell’immaginario popolare. Le folle che riempiono piazza san Pietro tutte le domeniche danno impressione di serietà. Perché Francesco parla seriamente, provoca. Domenica scorsa si è rivolto direttamente ai giovani in un dialogo intenso: «Qualche volta avete sentito la voce del Signore che attraverso un desiderio, un’inquietudine, vi invitava a seguirlo più da vicino? L’avete sentito?». E i giovani: «Siiii!». Francesco insiste: «La giovinezza bisogna metterla in gioco per i grandi ideali. Siete d’accordo?» E la piazza: «Siii!». È stato un momento molto serio.

Se mi si chiedesse di tentare di caratterizzare in un solo aggettivo l’aspetto dominante di Francesco, direi: è evangelico. Come il santo da cui ha preso il nome. Sotto le sue parole non convenzionali, attraverso i suoi gesti a volte sconcertanti c’è profumo di vangelo. Che vuol dire trasparenza di Gesù.

Gesù che predilige gli ultimi, che lava i piedi dei giovani dell’istituto penale (fra cui una musulmana), che scende dalla macchina per abbracciare un malato, che va a trovare Benedetto XVI, che lascia gli appartamenti papali per andare a vivere semplicemente con altri….

Che parla con la massima tenerezza della misericordia di Dio, ma che fustiga senza peli sulla lingua certi atteggiamenti dei cristiani (a tutti i livelli). Fa questo soprattutto attraverso un magistero quotidiano nelle omelie spontanee che tiene alla messa del mattino in Santa Marta. Senza pericolo di sbagliare, posso affermare che è il primo papa che esercita (anche) in questo modo il suo magistero. E attenzione a non sottovalutarlo, perché da quanto dice in queste occasioni appare il suo pensiero, e lo fa sempre lasciandosi illuminare direttamente dalla Parola di Dio.

Solo due esempi. Il 16 aprile ha risposto senza mezzi termini alla domanda: «Abbiamo fatto tutto quello che ci ha detto lo Spirito Santo nel Concilio? No. Festeggiamo questo anniversario (i 50 anni del Concilio, n.d.r.), facciamo un monumento, ma che non dia fastidio. Non vogliamo cambiare. Di più: ci sono voci che vogliono andare indietro. Questo si chiama essere testardi, questo si chiama voler addomesticare lo Spirito Santo». E si serve  anche di espressioni colorite, come quando, riferendosi alla responsabilità missionaria che viene dal battesimo, afferma (17 aprile): «Quando non lo facciamo, la Chiesa diventa non madre, ma babysitter, che cura il bambino per farlo addormentare».

A questa ispirazione evangelica Francesco attinge anche nelle prime riforme del governo della Chiesa. Sarebbe sbagliato immaginarlo come il papa “riformatore”, preoccupato in primo luogo delle strutture della Chiesa. Il suo primo gesto significativo è stato la costituzione del gruppo di otto cardinali di tutti i continenti come suoi consiglieri speciali, portando a realizzazione un’indicazione avanzata nelle riunioni dei cardinali prima del Conclave. È una mossa nell’alveo della cattolicità e della collegialità della Chiesa, quindi della sua natura profonda, la comunione. Quindi, evangelica.

Ho  iniziato dicendo che è difficile parlare di Francesco. L’avete visto.

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