Tante chiese un solo popolo
A Trento una giornata ecumenica internazionale nel ricordo di Chiara Lubich. Più di mille i presenti di oltre 20 chiese
Per Chiara Lubich le frontiere avevano in sé la sfida dell’oltre: erano luoghi su cui incontrarsi per poi avanzare. Tutta la sua vita è stata spesa per l’unità, per incontri capaci di superare distinzione di credo e di provenienza per una prospettiva universale di fraternità. A tre anni dalla sua dipartita, nella sua Trento, terra anch’essa di frontiera che ha visto consumarsi la divisione tra i cristiani, una giornata internazionale ha voluto mostrare invece che l’unità proprio tra fedeli di chiese diverse, non è solo possibile, è già una consolidata realtà.
Al Teatro sociale, ieri, erano più di mille i rappresentati di oltre venti denominazioni cristiane con vescovi, metropoliti, pastori protagonisti forse inconsapevoli di essere dentro un pezzo di storia della Chiesa, una storia fatta di riconciliazione, amicizia proprio in una Trento nota per le diatribe ecclesiali. Nei palchetti, in platea e sulla scena i volti dell’ortodossia russa e di quella greca si mescolavano alle testimonianze di anglicani, siro-ortodossi, cattolici, riformati; le musiche dell’estremo oriente seguivano le nenie del mondo arabo senza alcun sincretismo, anzi le identità erano spiccate, ma la passione per quel “Tutti siano uno” proposta da Chiara Lubich era condivisa oltre le differenze.
«La parola di Dio, vissuta – ha ricordato Maria Voce presidente del Movimento dei focolari – unisce cristiani di chiese diverse. Vivendo insieme il Vangelo ci avviciniamo l’uno all’altro». E ha ribadito la forte valenza ecumenica di alcune frasi del Vangelo che negli anni, proprio perché «tradotte in vita hanno immesso nuova linfa al cammino ecumenico».
Chiara Lubich: un carisma, una vita per l’unità dei cristiani era la scritta in azzurro che campeggiava sullo sfondo del teatro e questa sua vita è stata declinata in ben 17 lingue, tante erano quelle in cui si sono espressi gli intervenuti. Lingue quotidiane e lingue ufficiali come quelle dei messaggi fatti pervenire dalle autorità religiose delle varie chiese. Toni familiari e affettuosi aveva il saluto di Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli legato da lunga amicizia al Movimento dei focolari che ha sottolineato il metodo di Chiara nel ricomporre la fraternità: «rapporti di condivisione genuina che sanno allontanare le diffidenze».
Il reverendo Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese ha raccolto insieme ai colleghi la sfida a «mettere in pratica l’unità: bisogna incarnare in tutti gli aspetti della vita quell’essere uno in Cristo». «La quotidianità di rapporti, la diffusione capillare del dialogo sono stati un contributo fondamentale al movimento ecumenico» ha sottolineato il cardinale Koch, presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, che ha però voluto esprimere una sua preoccupazione: «la contrapposizione che talvolta si manifesta tra l’ecumenismo dall’alto e l’ecumenismo dal basso».
Un elemento di criticità da non sottovalutare, ma per Maria Voce «ecumenismo di base e di vertice è necessario che camminino insieme. Se i passi teologici non sono accompagnati da relazioni di base, vere e reciproche, questi passi non avranno grande efficacia, mentre se c’è un ecumenismo di base, gli effetti saranno duraturi e importanti».
Il dolore della divisione è manifestato dai vescovi. Sia Robin Smith anglicano che il cardinale di Praga Vlk raccontano del disagio di non poter celebrare insieme, ma «è la presenza di Gesù fra noi per l’amore a farci vera Chiesa» spiega Smith e «l’Eucarestia sarà espressione di unità raggiunta, non uno strumento per l’unità», conclude Vlk.
Il dialogo può avere risvolti anche nella vita dei politici, sottolinea il sindaco di Trento Alessandro Andreatta: «Non possiamo non metterci alla scuola di quest’esperienza. Chiara ha saputo confrontarsi con tutti e questo è un invito anche per noi amministratori, non solo per i credenti. Bisogna considerare la propria controparte, un interlocutore piuttosto che un avversario o un nemico». Di questi tempi sarebbero proprio scelte auspicabili anche a livello nazionale.
La condivisione delle differenze trova un entusiasta sostenitore nel sindaco di Augsburg sede di una cittadella dei Focolari, dove dal 1968 evangelici e cattolici provano a vivere insieme questa dimensione di incontro. «Insieme si può è il cuore del messaggio di Chiara e vivere nel dialogo significa parlare in condizioni di parità e non sentirsi migliori o superiori», specifica il primo cittadino che si sente impegnato in prima persona ad «accendere scintille di pace». Il dialogo tra cristiani negli ultimi dieci anni ha avuto un risvolto civile interessante attraverso la manifestazione “Insieme per l’Europa”, un appuntamento che vede riuniti rappresentanti di tutti i movimenti cristiani nell’impegno di dare un contributo fattivo all’identità del Vecchio continente.
La manifestazione di Trento festeggia anche il 50° del Centro Uno espressione del movimento dei focolari che si dedica specificamente a intessere relazioni tra cristiani di diverse chiese con scuole, convegni, settimane ecumeniche. Ma come si parte da questa festa di riconciliazione? «Vorrei che l’esperienza vissuta qui non lasci nessuno indenne e che si parta con un cuore più aperto, disposto ad incontrare ogni persona come un fratello – si augura Maria Voce –. Se ognuno fa questo passo verso un fratello della stessa chiesa, di un’altra chiesa, di un’altra religione o senza un credo particolare, costruirà una relazione diversa e queste relazioni faranno una rete verso un mondo un po’ più unito». Il vescovo anglicano Smith spera che ciascuno vada via migliore come persona, come cristiano e si impegni a «conoscere uno di un’altra chiesa in profondità». Insomma il dialogo della vita non si ferma a Trento e al solo far memoria.