Tandem

Complice una distribuzione ballerina ma ancora non del tutto smemorata, solo quest’anno arriva nelle sale italiane Tandem, diretto da Patrice Leconte nel lontano 1987. Sedici anni portati più che bene che dimostrano come, sin dagli esordi, il raffinato regista francese avesse ben chiaro il tipo di cinema e di storie che avrebbe poi girato con tanto successo. Così non stupisce più di tanto scoprire quanto L’uomo del treno, suo ultimo film, assomigli a questo, quasi che durante i quindici anni che separano le due opere, Leconte abbia preferito scavare sempre più in profondità da dove era partito piuttosto che percorrere strade nuove. Anche in Tandem si racconta la storia di un’amicizia tra due uomini costruita sul rispetto e la stima reciproci, variamente interpretati e più o meno dissimulati dai loro diversi caratteri. Michel Mertez è un altezzoso e vanitoso conduttore radiofonico ormai alla fine della carriera mentre Rivetot, il fido e goffo assistente, è disposto a tutto pur di restargli a fianco. I due viaggiano in lungo e largo per la Francia su di una vecchia e mal a n d a t a Ford, ferm a n d o s i ogni giorno in un posto diverso per trasmettere dalla piazza principale delle cittadine di provincia un vetusto gioco a premi. Ma l’atmosfera è tesa perché Rivetot sa (e Mertez sospetta) che il programma sarà soppresso a breve. Così, in questo continuo errare da un luogo all’altro per combattere battaglie perse (per far salire ascolti ormai in continuo calo, per far finta di dare ancora un senso alla propria esistenza, per credersi ancora qualcuno), c’è chi ha notato la somiglianza dei due (non solo fisica) con la celebre coppia Don Chisciotte e Sancho Panza. Infatti c’è molto della saga picaresca nel girovagare dei due, che Leconte accentua divertendosi a costellare la storia di avvenimenti fantastici o surreali (un cane rosso invisibile che fa sbandare le auto, una bicicletta lanciata sull’autostrada da un cavalcavia). Ma l’elemento portante del film rimane il rapporto tra i due, un’amicizia autentica e sincera che consente a entrambi di superare ogni difficoltà e farsi forza dopo ogni sconfitta, descritta da Leconte con la sua consueta e penetrante grazia. Al film va forse rimproverato una certo eccesso di semplicità, anche narrativa, che rende la storia eccessivamente lineare e gli sviluppi troppo prevedibili. Ma rimane un esempio di cinema di rara sensibilità, girato con maestria e interpretato da una coppia d’attori che meglio non avrebbe potuto fare. Regia di Patrice Leconte; con Jean Rochefort, Jerard Jugnot.

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