Tagliare le pensioni d’oro? Sì e presto, se sono state regalate

Non si tratta di rubare le pensioni, ma di rimediare all'iniquità di un sistema di calcolo molto favorevole (al di là dei versamenti effettuati). Dove e come intervenire
inps

Ad un suo famoso libro del 1972 Ermanno Gorrieri diede il titolo “La giungla retributiva”. L’immagine fu presto applicata anche alle pensioni, e giustamente. Uno schema pensionistico già di per sé non è facilissimo da capire. Se poi si intrecciano regole diverse applicate a soggetti diversi, e su queste piovono provvedimenti  clientelari a beneficio di singole categorie, davvero quella che ne esce è un’inestricabile giungla nostrana.

I pensionati d’oro

Trasformarla in breve tempo in un’ordinata coltivazione di pioppi non è cosa pensabile. Ma qualche passo in avanti si può e si deve fare da subito. Rispondendo ad un’interrogazione della parlamentare PdL Deborah Bergamini, il Sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali Carlo Dell’Aringa, eletto nelle liste del PD, è stato pronto a fornire la lista dei 10 pensionati d’oro, titolari di assegni che arrivano ai 90.000 euro al mese. La cosa non poteva  passare inosservata quando a milioni di lavoratori e pensionati  per guadagnare una cifra del genere servono varie annate.

Rubare le pensioni?

Ora si parla di proposte bipartisan per limitare questi eccessi. Un giornale, però, ha sparato a zero su simili iniziative titolando: “ci vogliono rubare le pensioni”. In realtà, non è chiaro chi stia portando via cosa a chi. Infatti, la verità potrebbe essere esattamente all’opposto di quel titolo: che sono i percettori di certe pensioni a succhiare soldi ingiustificati alla collettività, aggravando il giogo che pesa su tutto il Paese, e in particolare sui giovani, lavoratori o aspiranti tali.

Un sistema di calcolo favorevole

Non penso che il modo migliore di trattare questi argomenti sia sparare grossolanamente nel mucchio. Occorre invece distinguere. In Italia esistono milioni di pensioni il cui ammontare non è giustificato dai contributi versati, molte delle quali pensioni minime, oppure pensioni di ex lavoratori dell’agricoltura, di ex artigiani e anche di ex operai dell’industria. Anzi, ci sono stati anni in cui ricevere molto più di quanto giustificato dai contributi era la regola per la grande maggioranza dei lavoratori, perché il sistema di calcolo era decisamente favorevole per il lavoratore (e quindi sfavorevole per chi avrebbe dovuto in futuro finanziare quelle pensioni con tasse e contributi).

3 fattori

A ciò contribuivano tre fattori: l’utilizzo del cosiddetto metodo retributivo (la pensione era pari, ad esempio, al 2% della retribuzione per ogni anno di contributi);  la retribuzione utilizzata per il calcolo era quella degli ultimi anni (in genere i più favorevoli, per via dell’anzianità e degli avanzamenti di carriera); infine, non si faceva alcun riferimento all’età in cui la pensione iniziava ad essere pagata (ben diverso è percepire una certa cifra mensile iniziando a 50 anni o poco più, come avveniva abbastanza di frequente, e quindi goderne in media per quasi 30 anni, rispetto ad
iniziare a riceverla a 60 o più anni!). Senza parlare della famigerata legge che permetteva i dipendenti pubblici di pensionarsi con un’anzianità di 19 anni, 6 mesi e un giorno. 

Tetto pensionistico

Ma esistono anche casi di segno esattamente contrario: pensioni alte che non riconoscono al lavoratore l’intero valore dei contributi versati, per effetto del cosiddetto tetto pensionistico o dei coefficienti del meccanismo di calcolo.  Detto fra noi, però, non credo sia questo il caso delle pensioni più spropositate.

Come rimediare all’iniquità?

Quali criteri usare, allora, per rimediare alle più vistose iniquità del sistema pensionistico? Colpire i percettori di pensioni basse, anche se in buona parte regalate, non è certo pensabile (salvo i casi in cui si cumulino più pensioni, o comunque il reddito familiare sia elevato).
Colpire le pensioni alte in quanto tali, non sarebbe giusto, se il loro ammontare è  adeguatamente coperto dai contributi versati. A meno di non voler chiedere di più a tutti i percettori di redditi alti, a prescindere dal fatto che siano redditi da pensione, da lavoro o da capitale; ma qui si aprirebbe un altro tema, troppo grande per questo articoletto, quello di rivedere l’intero sistema di tassazione.

Colpire la differenza

Dove si può  colpire, allora? Dove ci sono pensioni alte e regalate! A questo fine si richiede di
confrontare le cifre oggi percepite con quelle che risulterebbero utilizzando un metodo di calcolo equo, e colpire la differenza. Gli ostacoli giuridici e amministrativi di un provvedimento del genere sono molti, ma se il Parlamento lo vuole davvero, possono essere superati. Una simulazione condotta da Boeri e Nannicini sui dati Inps porta a stimare in un almeno miliardo di euro all’anno il gettito di un prelievo di non più di 3 punti percentuali sugli assegni pensionistici superiori ai 2.000 euro che sono stati determinati attraverso regole di calcolo generose.

Tesoretto

Parecchio di più si potrebbe ottenere se l’aliquota fosse più pesante per chi riceve assegni da 5.000, 10.000, o 20.000 euro mensili (www.lavoce.info, 7 giugno 2013). Un tesoretto che potrebbe essere
utilizzato per alleggerire il prelievo contributivo sul costo del lavoro che scoraggia le assunzioni nel settore privato, o per ricominciare ad assumere giovani insegnanti o infermieri, senza dei quali istruzione e sanità pubbliche si deteriorano.

Quali regole? 
Il sistema pensionistico è nato per assicurare che i lavoratori risparmino un ammontare adeguato per la loro vecchiaia. Attraverso di esso l’insieme dei contributi pagati dai tutti lavoratori nati in un certo anno  viene usato per assicurare a ciascuno un reddito mensile dall’età di pensionamento in poi, per il resto della sua vita, lunga o breve che sia. In tal modo quelli che avranno una vecchiaia meno costosa per il sistema, perché moriranno prima, compenseranno quelli che la avranno più costosa, perché vivranno più a lungo. Se i calcoli sono stati fatti bene, alla morte del più longevo di quell’annata gli esborsi complessivi saranno stati esattamente coperti dai contributi raccolti, inclusi gli interessi maturati nel frattempo. Le regole del sistema, però, possono essere piegate in modo da realizzare una redistribuzione tra generazioni.

La generazione del boom industriale

Nei decenni passati questa possibilità è stata utilizzata a favore delle generazioni più anziane, a cui la povertà degli anni ’30 e poi e la guerra e il difficile riavvio avevano impedito di avere storie contributive regolari. Così le classi più giovani, quelle degli operai del boom industriale, che mediamente avevano redditi più alti dei loro padri, si sono fatte carico con i loro contributi delle pensioni della generazione precedente, che altrimenti sarebbero state ben misere.

Robin Hood

Ora però la situazione non è più la stessa. Al contrario, tutto dice che la generazione dei trentenni di oggi avrà nel corso della sua vita una situazione economica mediamente peggiore di quella goduta dalla generazione di noi sessantenni. Grave sarebbe che tenessimo in vita regole pensionistiche inappropriate, che costringano loro a sussidiare noi, tanto più quando anche senza il loro sussidio avremmo già delle pensioni d’argento. Robin Hood, che al contrario spennava i potenti di passaggio per la foresta di Nottingham e distribuiva il ricavato alla povera gente, non ce lo perdonerebbe.
 

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