Tacita Dean parla con Giorgio Morandi

Fino al 4 giugno esposizione delle opere di Giorgio Morandi. Nel pittore bolognese si avverte l’eco lontana di Giotto, Masaccio, Paolo Uccello, e pure di Cézanne e di de Chirico

Nelle Fruttiere di Palazzo Te, dopo esserci sbalorditi dentro l’universo del mito prebarocco di Giulio Romano, c’ è lo spazio della pace e del silenzio. Una cinquantina di Nature morte – oli pastelli acquerelli grafiche – di Giorgio Morandi accolgono il visitatore stordito e lo calmano. Sono, le opere del pittore bolognese, un mondo a parte. Si avverte l’eco lontana di Giotto, Masaccio, Paolo Uccello, e pure di Cézanne e di de Chirico: forme solide, bottiglie tazze piatti. C’è un sentimento metafisico, oserei dire spirituale, in questi oggetti così normali- o banali – tracciati con tinte delicate, lievemente dissonanti, con fondi neutri, che le rendono “presenze”. Nell’arte di Morandi, le cose diventano persone. Acquistano un’anima. Come succede, ma è solo uno dei tanti esempi, nella  Natura morta del 1959 (cinque anni prima della morte): una luce delicata che fa brillare appena la serie  di oggetti bianchi verdi marroni come in un dialogo di amore.

E’ la poesia morandina, una sequenza ininterrotta di liriche d’amore. Come sembra averlo ben compreso Tacita Dean, la regista inglese (classe 1965) che nella mostra mantovana dialoga con Morandi attraverso due filmati, Day for Night e Still life, girati nello studio bolognese del pittore, ricostruito nella rassegna a grandezza naturale.

Tacita ha compreso che la semplicità è il cuore dell’arte di Morandi. Semplicità che vuol dire unità, raggiunta attraverso  l’armonia di diversi  punti di osservazione, di tempi lenti, di immagini  ferme sulle cose, gli oggetti, come fa la macchina da presa della regista. Senza fretta, siamo portati dentro le cose morandiane, non dentro i quadri, ma all’interno di quegli oggetti per cercare di rilevarne in plasticità l’anima. Meditazione e contemplazione di un rapporto tra due artisti di diversa scuola e sensibilità, ma uniti dalla ricerca di una compenetrazione affettiva del mondo poetico reciproco.

Questa rassegna è bellissima. E fa capire come sia necessario un dialogo sereno fra gli artisti del presente con quelli del passato, anche recente:  è un arricchimento che alla fine trasmette all’osservatore  un sentimento di luce e di gioia. Da non perdere.

Fino al 4 giugno (catalogo Skira)

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