T4NA, cioè leadership all’africana

L’Ong New Humanity, l’Istituto Universitario Sophia e l’Unesco hanno lanciato in Kenya il progetto triennale “Together for a New Africa” (T4NA), insieme per un’Africa nuova, con lo scopo di formare dei giovani a una gestione della cosa pubblica adeguata ai tempi attuali, ma radicata nei valori africani. A colloquio con Melchior Nsavyimana

L’Africa è il più giovane continente del pianeta. Ma questa sua esuberanza è anche colpita da sfide epocali: l’inarrestabile crescita della popolazione, la povertà endemica, l’istruzione ancora insufficiente, la mancanza di opportunità lavorative, l’instabilità climatica, le sempre risorgenti tensioni tribali, guerre e migrazioni. L’attuale crisi internazionale dei rifugiati dimostra con che disperazione nel cuore i giovani africani, in particolare sub-sahariani, stiano cercando una vita migliore.

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Alla base di molti di questi problemi ci sono una leadership inadeguata, una cattiva gestione della cosa pubblica, una corruzione sistemica e soprattutto una profonda crisi di valori. Un gruppo di studenti africani dell’Istituto universitario Sophia di Loppiano avverte una sfida: tornare in Africa per assumersi la responsabilità di plasmare insieme una “Nuova Africa”. Ciò potrà avvenire solo cercando di trasformazione culturalmente la leadership attuale degli africani. Si rivolgono così ai loro compagni e amici studenti africani per avviare una formazione globale per una leadership integrale. Per raggiungere l’obiettivo hanno creato una rete con circa 20 professori e docenti dell’Africa orientale, della Repubblica democratica del Congo e di Sophia, che si sono impegnati a contribuire alla realizzazione di questo sogno. I giovani promotori sono inoltre integrati in una rete di associazioni con esperienze di successo nell’emancipazione dei giovani e nella formazione di leadership accademica.

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Il progetto propone così una serie di attività a diversi livelli – educativo, politico, sociale, solidaristico, economico… − per i giovani africani nell’arco di tre anni: corsi di formazione regionali combinati con attività locali nei singoli Paesi e creazione di reti. Si tratta di un progetto pilota con l’esplicito intento di espandersi nel tempo in altre regioni del continente, ma desidera iniziare creando un Centro di eccellenza per una leadership “all’africana” con base vicino a Nairobi, in Kenya. Era previsto che almeno 80 giovani provenienti dall’Africa orientale e dalla Repubblica democratica del Congo frequentassero con successo e concludessero un programma triennale interdisciplinare e interculturale di formazione sulla cittadinanza responsabile, la leadership e una cultura di fraternità. A Nairobi sono stati 105 per la prima tappa, nella prima settimana di gennaio 2019, grazie anche all’aiuto di Caritas e Missio, e col supporto del Movimento politico per l’unità. Erano presenti, oltre ai docenti, anche dei tutor per i 7 Paesi dell’Africa orientale rappresentati (Kenya, Tanzania, Uganda, Sud Sudan, Ruanda, Burundi e Repubblica Democratica del Congo), i quali potranno mediare nelle tensioni all’interno delle loro comunità locali.

Per quali valori questi giovani si impegnano? Solidarietà, ricerca del bene comune, promozione di una cittadinanza globale, in poche parole la fraternità universale che rifiuta il terrorismo, la corruzione e la violenza fisica e psicologica. Verrà creata una rete stabile di adulti e giovani impegnati in un cambiamento costruttivo, promuovendo i valori di solidarietà e fraternità, mirando al bene delle singole comunità, agendo da cittadini locali e globali insieme. E ci sarà uno spazio permanente per il dialogo, la formazione, l’informazione e il coordinamento dei giovani a livello regionale.

Principale promotore dell’iniziativa è Melchior Nsavyimana, giovane politologo burundese, ora all’Università cattolica del Kenya. Lo abbiamo intervistato per cittanuova.it.

Come è nata l’idea di “Together for a New Africa”?

L’idea è nata da un gruppo di studenti all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano. Capendo che nei corsi entravamo in contatto con un certo tipo “comunitario” di leadership, applicando questi modelli nella nostra vita, abbiamo voluto condividere la nostra esperienza di vita e di studio con i nostri amici rimasti in Africa. Abbiamo verificato con esperti e gente sul campo che questo nostro desiderio non fosse un sogno e, una volta accertatolo, abbiamo cominciato a prendere contatto con diverse istituzioni religiose e civili. In gennaio 2018 abbiamo riunito i promotori possibili, docenti, tutor, istituzioni, e siamo arrivati a una conclusione: il titolo provvisorio che avevamo dato al progetto (Come back to Africa, “Torniamo in Africa”) non era quello giusto e abbiamo varato un nuovo titolo, più rispondente alle nostre, comuni esigenze: Together for a New Africa, “Insieme per una Nuova Africa”.

Together, insieme.

Coinvolgiamo giovani e adulti, professori e studenti, istituzioni civili come l’Unesco e religiose come la Caritas. Ciò risponde a una precisa filosofia: dobbiamo lavorare assieme, non giovani da soli, non istituzioni universitarie da soli, ma insieme possiamo lavorare in sinergia.

New, nuova.

Non credo che sia una illusione. Il presente è chiaro, così come siamo ora non possiamo disegnare un continente “nuovo”. Le guerre, la corruzione, i soprusi sono il presente che non ci soddisfa. Bisogna formare nuovi leader che possano disegnare una Nuova Africa, che sia più corrispondente alle esigenze di noi africani.

Africa, quale Africa?

Non parliamo di pan-africanismo, come testimonia anche il fatto che qui sono presenti per il momento solo giovani dell’Africa dell’Est. Non vogliamo questi grandi sogni degli anni ’90, noi semplicemente dal basso, dalle nostre comunità, dalle nostre nazioni, per ipotizzare un’Africa possibile, cominciando con la trasformazione delle nostre comunità locali, dal basso e non dall’alto, com’era il panafricanismo. E allora: cosa bisogna fare per educare i giovani a una nuova responsabilità? Bisogna cominciare da questa semplice domanda, cominciare dal basso.

L’Unesco è partner del progetto, perché?

Condividiamo una moltitudine di valori. Per questo progetto non abbiamo tanto bisogno di soldi per fare un’azione che poi finisce. Abbiamo dei valori da condividere. In secondo luogo bisogna che ognuno dia qualcosa, deve coinvolgersi, altrimenti si fanno summer school assistenziali. Ognuno ha dovuto vedere quel che poteva dare, personalmente, per questo progetto triennale. Con l’Unesco abbiamo trovato un’istituzione che vuole una nuova leadership per l’Africa, partendo dal basso, con l’impegno personale di ogni partecipante, avendo a cuore le nostre culture da preservare. Ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d’onda.

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