Sylvie Guillem: la più grande è ancora lei

La ballerina francese a 47 anni sa ancora esercitare un magnetismo inimitabile che le consente di esprimere il suo talento in molteplici coreografiche classiche e contemporanee
Sylvie Guillem

Un corpo longilineo, leggero, flessuoso. Un fisico ginnico e musicale che armonizza braccia e gambe con un’elasticità sorprendente, per quell'inimitabile estensione muscolare modellata su una tecnica perfetta. Personalità unica ancora oggi a 47 anni, aplomb deciso, ribelle e sempre lanciata in nuove sfide, Sylvie Guillem (appena insignita, a giugno, del “Leone d’oro alla carriera” dalla Biennale di Venezia) possiede una presenza scenica magnetizzante. Sensuale e ascetica allo stesso tempo. Le sue braccia sono ali e sciabolate; le sue punte saette, le gambe giunchi flessibili.
 
Scoperta da Nureyev, che a diciannove anni la nominò étoile sul campo dopo una recita del “Lago dei cigni” all'Opera di Parigi (successivamente abbandonata impetuosamente a favore del londinese Royal Ballet), la star francese, per la naturale capacità di modellarsi su differenti stili, ha ispirato coreografi classici e contemporanei, musa ambita di Béjart, Mats Ek, Forsythe, o dell'anglopakistano Akram Khan.
 
Altro partner nella danza contemporanea (linguaggio che Guillem predilige e al quale ormai si dedica dal 2003) è stato Russell Maliphant. Per lei il ballerino e coreografo anglocanadese ha creato assoli e duetti straordinari, fra cui "Push" (insignito di quattro prestigiosi premi e da anni in giro per il mondo) composto di quattro brani e con Maliphant anche interprete. Cifra di Maliphant è mescolare sulla base classica la tecnica Tai Chi con la capoeira e la contact improvvisation. Fluidità ed energia, stasi e velocità, diventano binomio di un luogo del corpo come contenitore astratto di una dimensione emotiva.
 
La serata si è aperta con "Solo", dove la Guillem, in una veste trasparente, sulla musica dello spagnolo Carlos Montoya, si muove sinuosa, ipnotica, reinterpretando echi di danza flamenco in maniera astratta. "Shift", del 1996, sulla musica di Shirley Thompson, è esemplare dell'aspetto emotivo delle creazioni di Maliphant: un assolo meditativo dello stesso coreografo che dialoga con la sua ombra ingigantita e proiettata in una bianca parete, che si moltiplica e ritorna in solitudine, fra intermittenze di luce e buio dove i movimenti si dissolvono incidendoli nello spazio. Nell'altro assolo "Two", Guillem ferma dentro un quadrato di luce disegna, in un magnifico gioco anche delle spalle, riflessive e subito vertiginose combinazioni gestuali che crescono d'intensità di pari passo con la musica.
 
Il pezzo forte rimane "Push" (spinta). Ricco di variazioni – movimenti frenati, sospesi, furiosi – e di continue invenzioni giocate su prese allungate delle braccia e delle gambe, e sul salire e scivolare della danzatrice dalle spalle del partner, "Push", complice determinante la musica new age di Andy Cowton, è un moderno, struggente, duetto d'amore che si stempera in armonia purissima: essenza cristallina di un rapporto amoroso, di universale respiro. In un concatenarsi di braccia, di morbide acrobazie, di teneri e improvvisi contatti, di scivolamenti per terra, la coppia si muove in orizzontale e in verticale, con lei, filiforme e priva di spigoli, esposta in alto a rovesci fulminei, rotolamenti e grovigli scultorei. In questo fluire continuo, ininterrotto ciclo della vita che raggiunge l'essenza cristallina della danza, i movimenti sembrano evaporare per subito espandersi.
 
In certi momenti alcune coreografie potrebbero anche apparire semplici nei loro movimenti ripetitivi, ma a ben guardare c'è uno studio controllatissimo di equilibri, di piccole variazioni acrobatiche giocate con un dosaggio di energia e di ritmo nello spazio. Particolari che fanno il talento di Maliphant. I due artisti, da solisti o in coppia, tengono avvinto il pubblico con la continua tensione del loro dialogo gestuale, della sintonia che li rende complementari: vere e proprie sculture in movimento immerse nella raffinatezza determinante delle luci di Michael Hulls che ne risaltano le forme e creano una preziosa architettura per la concentrazione interiore dei ballerini.
 
A Marina di Pietrasanta per il 33° Festival “La Versiliana”.

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