Svezia nel mirino, cioè l’Europa
Ennesimo "attentato automobilistico" questa volta a Stoccolma. Ormai dobbiamo conviverci. Ma la soluzione è politica
Qualche giorno fa Trump era stato “profeta di sventura” accennando a un presunto attentato in Svezia. In effetti Stoccolma è stata teatro ieri dell’ennesimo episodio del sequel iniziato a Nizza, terrorismo disponibile a chiunque: basta rubare un’auto o un camion e gettarsi contro la folla. Impossibile da controllare.
La nazionalità uzbeca dell’autore, dopo altri attentati compiuti da kirghisi o da kazaki, oltre ai ben noti ceceni o cabardi, indica che l’internazionale del terrore pesca ormai anche nei territori ex sovietici, dove la sistematica distruzione dei culti di marca comunista ha generato intere generazioni di scontenti e di arrabbiati.
L’attentato avviene all’indomani dell’attacco Usa a una base aerea siriana, come scrivevamo ieri. In rappresaglia a un attacco con armi chimiche attribuito al presidente Assad, ma senza ancora certezza alcuna. Le prese di posizione delle cancellerie paiono scialbe e preconfezionate, senza convinzione. Attacco alla Russia? Ricompattamento del fronte Europa-Nato-Arabia Saudita contro siriani-russi-iraniani? Può darsi. Il panorama è altamente inquietante. Difficile dire quali sviluppi ci attendono.
Ma due certezze rimangono: che l’Europa sarà sempre più oggetto di attacchi terroristici (circa 300 le vittime finora) e che il popolo siriano continuerà ad essere vittima (circa 300 mila i morti, forse “meno uguali” dei nostri) di una guerra che non è più qualificabile come civile, essendo presente sul terreno e sui cieli siriani l’universo mondo.
Ogni bomba che cade, ogni missile lanciato, ogni kamikaze che si fa esplodere non fanno che complicare le cose e provocare altre vittime innocenti. Solo la diplomazia può intervenire efficacemente. Ma i suoi tempi sono troppo lunghi per le esigenze elettorali e di politica interna di tanti politici.