Suor Maria Laura Mainetti beata, la sua storia genera vita
Minuta, gracile, sempre disponibile. Sono le tre caratteristiche che hanno reso vulnerabile e un obiettivo raggiungibile suor Maria Laura Mainetti colpita a morte da 19 coltellate, il 6 giugno 2000, da tre giovani minorenni di Chiavenna (Sondrio). Le coltellate dovevano essere sei a testa, 6+6+6, i numeri del demonio, ma una coltellata di troppo, nella foga, scappò. Un omicidio che lasciò nello sgomento Chiavenna e nello sconforto la popolazione. Passando attraverso molta sofferenza Chiavenna ha ora, però, dal 6 giugno scorso una nuova beata: Suor Maria Laura che disse dei giovani sono «l’unico scopo della mia vita» perché «nell’odierna società sono i più poveri tra i poveri perché facilmente influenzabili».
Per telefono raggiungiamo il parroco di Chiavenna, Don Andrea Caelli, in vacanza per qualche giorno dopo un intenso lavoro per la beatificazione. Non l’ha mai conosciuta personalmente, ma da 5 anni ne ha raccolto l’eredità spirituale nella comunità. «Di suor Maria Laura – spiega – si è saputo tutto dopo la sua morte. La sua era una vita molto ordinaria, quotidiana, semplice, nel nascondimento». Sono stati ritrovati dei suoi testi, suoi appunti, idee, riflessioni, scritti su delle agendine che svelano un rapporto personale, profondo con Gesù e la Trinità, il vero centro della sua vita, fonte nel dialogo interno e ispirazione di ogni sua mossa e disponibilità verso le nuove generazioni in particolare. «Dietro la sua discrezione emerge una profondità di vita che ora è nota a tutti. Il papa, nella preghiera dell’Angelus, l’ha ricordata con una sua frase: “L’importante è fare ogni piccola cosa con fede, amore ed entusiasmo”. Vissute nella fragilità della vita».
La beatificazione è avvenuta per il riconoscimento di un martirio avvenuto «in odio alla fede». Un omicidio pianificato e alimentato da un disegno satanico. Le tre giovani, allora minorenni, erano delle autodidatte, non affiliate a delle sette. Si nutrivano di siti web, musica, attingendo al repertorio satanico per dimostrare, colpendo un soggetto religioso, che il male vince. «Era anche una dimostrazione che loro c’erano, esistevano e il primo obiettivo era il parroco del tempo, poi scartato perché un uomo grande e grosso. Non si sono azzardate. Suor Maria Laura è stata adescata toccando le sue corde. Una delle ragazze ha finto di essere incinta, è stata attirata in un vicolo e lì l’hanno aggredita con sassi e coltelli».
C’è voluto del tempo, attraversare una grande tribolazione, ma alla fine il bene ha vinto. Alla beatificazione erano presenti più di 2500 persone, è stato il primo evento pubblico ecclesiale nazionale così numeroso dopo la pandemia, con tanta partecipazione ed echi in tutto il mondo. Un bell’evento, anche civile. «L’esperienza costruita – commenta don Andrea – insieme con il mondo laico, la Questura, la Prefettura, il Comune, le Forze dell’ordine ha mostrato l’unità, come frutto della beatificazione. Un episodio mi ha colpito: un uomo che da 7 anni, malato e grave dopo un incidente, non frequentava più la chiesa. Vedendo un docu-film su Tv2000 ha lasciato detto che riprenderà a partecipare ai Sacramenti e andrà con il vescovo in gita nel luogo di nascita di suor Maria Laura».
Come aveva vissuto così suor Maria Laura è morta, con in bocca le parole del perdono per le sue giovani assassine. Una donazione totale, pur nella tragedia. Qualche mese prima, seguendo la diretta tv di Giovanni Paolo II sul Giubileo dei martiri del Novecento, aveva commentato che «il martiro è un dono grande di Dio».
Quello che resta, nonostante a livello mediatico il tragico omicidio abbia fatto molto rumore, è un senso delicato di vita, un filo sottile che lega Cielo e Terra. Una radice generativa in terra di Chiavenna.
«Prima ci si fermava sulla cronaca nera: abbiamo trasformato questo evento nel dono grande di amore che questa donna ci ha dato». Un evento, la beatificazione, che nasce da una lunga preparazione locale, con preghiere, meditazioni su temi cari a Suor Maria Laura, momenti di confronto si sono susseguiti in questi mesi e anni. Sono nate molte opere: un centro caritativo creato nel 2003 che ospita bisognosi, migranti, ragazze madri e il centro Caritas; sono stati a lei titolati una scuola d’infanzia e un centro contro la violenza sulle donne guidato da una cooperativa sociale. La sua storia ha generato molto vita e «ha orientato a leggere la sua storia in una chiave più evangelica. Il seme che muore e che porta frutto».
La sua storia e l’organizzazione della beatificazione ha anche cementato la rete sociale, una sinergia tra autorità civili ed ecclesiali. «Lavorare insieme non è sempre facile. Si sono attivati più di 300 volontari. È stato arricchente, si è vissuta una festa, un momento di unità tra tutti. È una via nuova anche per la Chiesa, che vuole condivide il proprio vissuto in uscita, nel territorio».
Una bella occasione di rinascita dopo la pandemia. «Suor Maria Laura ci insegna la vera carità, a lasciarci disturbare e dedicarci soprattutto ai giovani per ascoltarli e volergli bene. La sua storia è un segno di speranza: rinnovare la nostra vita perché vivere il Vangelo è possibile anche oggi».
Sepolta nella parrocchia della Collegiata, è già meta da tempo di pellegrinaggi con visitatori sin dalla Cina.