Sull’editoriale 183
Riguardo "Il ritorno dell'etica: una lettura ragionata della crisi"
Ho letto con vivo interesse l’Editoriale su Nuova Umanità n. 183. Senza qui voler entrare in un approfondimento tecnico sui titoli tossici, costruiti sui mutui sub prime – cioè a pagatori pessimi – e moltiplicati attraverso società scatola vuota per 6/10 volte, e dei derivati, contratti nati a scopo di copertura dei rischi e moltiplicatisi sui mercati internazionali quasi prevalentemente a scopo speculativo, mi sembra che emergano chiaramente le linee sbagliate dell’economia e del capitalismo, così inteso, negli ultimi decenni dove l’individualismo spinto giustificava anche da un punto di vista teorico qualsiasi rischio speculativo senza curarsi degli effetti collaterali.
Questo tipo di economia, che chiamerei sub umana, non era sostenuta solo dagli addetti ai lavori, ovviamente interessati per il potere accumulato e per i denari guadagnati, ma era sostenuto anche dagli Stati e dalle organizzazioni internazionali tipo il Fondo Monetario Internazionale che ha commesso evidenti errori; si pensi solo alla ricetta della liberalizzazione valutaria spinta, che ha messo fortemente in crisi sia Paesi in via di sviluppo che Paesi usciti dal comunismo.
Il problema che vedo è che le idee definite nell’articolo si stanno pian piano diffondendo ma non toccano ancora il reale livello di decisone.
In sostanza in tutti i Paesi i manager che hanno causato questo disastro sono ancora quasi tutti al loro posto e spesso si discute se meritano ancora i bonus milionari che percepiscono. Cito un solo esempio eclatante: Vikram Pandit, amministratore delegato di Citigroup percepisce uno stipendio di 38,24 milioni di $, quando Citigroup è stata aiutata dal governo americano con 50 miliardi di $ e dal gennaio 2008 ha licenziato migliaia di dipendenti.
La crisi mondiale inoltre si è ben presto spostata dal settore finanziario all’economia reale generando le difficoltà che oggi sono sotto i nostri occhi: calo della domanda e della crescita, aziende che chiudono, disoccupazione crescente. La crisi è stata, al momento, tamponata con enormi finanziamenti pubblici distratti da altri investimenti che avrebbero generato servizi e ulteriore ricchezza e che peseranno sui contribuenti di questi Paesi per vari anni a venire e genereranno una probabile inflazione nel futuro prossimo.
Ritengo che i cittadini-contribuenti di questi paesi abbiano il diritto di vedere nuovi manager a gestire queste società e soprattutto che tali manager abbiano uno stile più prudente e siano pagati con compensi, seppur adeguati, non milionari, in linea con il rispetto per il lavoro di tutti i cittadini.
Per un approfondimento dei temi toccati rimandiamo ai seguenti contributi di Alberto Ferrucci: