Sulle tracce della tomba di san Pietro

Dov’è sepolto realmente san pietro, il principe degli apostoli? Una indagine nella quale concorrono mistica e archeologia
Martirio di san Pietro. Caravaggio foto Wikipedia

Insolito e appassionante come un “giallo” è questo Sulle tracce della Tomba di San Pietro edito dal Centro Editoriale Valtortiano. Gli autori Liberato De Caro, Fernando La Greca ed Emilio Matricciani – un fisico, uno storico e un ingegnere elettronico – hanno messo in gioco le rispettive competenze nel tentativo di gettar luce sulla controversa scoperta dei resti mortali di san Pietro sotto la Basilica Vaticana: controversa, in quanto, malgrado l’annuncio entusiastico dato da Pio XII nel radiomessaggio del 23 dicembre 1950 e le successive più caute dichiarazioni di Paolo VI, oggi non pochi studiosi nutrono dubbi sui risultati degli scavi effettuati nel decennio 1939-1949 (del resto, già all’epoca, non convinsero un eminente archeologo ed epigrafista come il gesuita Antonio Ferrua).

Certo che ai tre non è mancata l’audacia, avendo basato la loro ricerca sull’analisi scientifica delle visioni di Maria Valtorta, mistica viareggina di cui è iniziato il processo di beatificazione, riguardanti appunto le presunte traslazioni dei resti del primo papa fino all’ultimo luogo di sepoltura: e non nella necropoli sotto San Pietro, com’è ritenuto ufficialmente.

Prima però di considerare la suggestiva ipotesi suggerita da questo studio – quasi un “viaggio” nel mistero –, occorre accennare ai motivi che nel dopoguerra determinarono le ricerche archeologiche nelle Grotte Vaticane. All’epoca, infatti, accertare la presenza a Roma del primo apostolo, messa in dubbio da molti storici protestanti evangelici, era di fondamentale importanza per sostenere il primato della Chiesa cattolica romana: urgenze apologetiche che coinvolsero illustri storici, archeologi ed epigrafisti, ma oggi superate in quanto quasi nessuno storico dell’area protestante contesta la presenza e il martirio a Roma di san Pietro. Che le ossa ritrovate sotto la Basilica siano proprio le sue è una ipotesi oggi molto debole. Pertanto il piccolo monumento del II secolo rinvenuto negli scavi, noto come “trofeo di Gaio”, starebbe a indicare soltanto il luogo del martirio, mentre i resti mortali dell’apostolo sarebbero stati traslati altrove per sottrarli a profanazioni e saccheggi: ipotesi oggi condivisa da diversi studiosi

È a questo punto il coinvolgimento di Maria Valtorta in una vicenda nota a pochi, e che il testo in questione esamina approfonditamente. Nel 1948 l’esito negativo di quasi dieci anni di scavi sotto San Pietro attirò l’interesse di alcuni ambienti vaticani sulla veggente e sui suoi scritti mistici, ancora in attesa di essere pubblicati nonostante il parere favorevole di Pio XII. Si voleva da lei conferma della effettiva presenza delle ossa del primo papa sotto la Basilica. Dopo l’iniziale ripulsa della Valtorta, iniziarono le sue visioni, che lei trasmise fedelmente, senza lasciarsi condizionare neanche dalla speranza di vedere riconosciuta la sua opera e a costo di deludere le aspettative dei prelati.

In sintesi, al dire della veggente che, non dimentichiamolo, dalla sua cameretta di malata non aveva accesso a documenti, libri o biblioteche, Pietro venne inizialmente seppellito a nord-est di Roma, nel cimitero Ostriano, presso la Nomentana, dove peraltro fonti del V secolo attestano aver egli battezzato ed evangelizzato. Da lì poi il corpo sarebbe stato spostato in un secondo sito presso la Tiburtina e infine in una terza catacomba lungo la via Labicana (l’attuale via Casilina): e precisamente in quella intitolata ai due martiri del IV secolo Marcellino e Pietro, l’uno presbitero, l’altro esorcista.

Dal suo letto, come fosse davanti ad un grande schermo, lei vedeva l’apostolo – in veste pontificale ma senza mitria – fuori le mura di Roma: accompagnato da un giovane di nome Marcelliano, camminava lungo una strada campestre che univa due vie consolari, la Tiburtina e la Nomentana, avendo alle spalle gli archi di un acquedotto; prima di sparire in un anfratto (l’ingresso di un cimitero) Pietro batté tre volte a terra con un bastone per indicare i tre differenti luoghi di sepoltura. La Valtorta descrisse inoltre, nei minimi particolari, gli interni delle successive cripte catacombali. Accompagnavano il resoconto di queste visioni, illustrate dalle spiegazioni dell’angelo custode e di Gesù, alcuni disegni schematici della stessa veggente.

La parte senz’altro più affascinante del libro è quella dove gli autori, interpretando le sue indicazioni sulla base anche delle mappe archeologiche del XIX secolo, e utilizzando i più sofisticati metodi di simulazione, ricostruiscono il percorso delle spoglie petrine fino all’ultima destinazione nella citata catacomba dei Santi Marcellino e Pietro, sorta nella proprietà imperiale denominata “Ad Duas Lauros” (oggi Tor Pignattara).  

Non è possibile qui dilungarmi, anche per lasciare al lettore il piacere della scoperta. Accenno solo alla strana asimmetria della basilica cimiteriale eretta da Costantino sopra il sito, e che, assente in altre basiliche del IV secolo, rivelerebbe l’intenzione di segnalare una sepoltura prestigiosa. Se si pensa anche che, prima di optare per Costantinopoli, l’imperatore aveva destinato a sé l’adiacente mausoleo (poi ceduto alla madre Elena), sembra più plausibile la scelta di questo luogo, in quanto consacrato dalla presenza delle reliquie dell’apostolo.

Alle stesse conclusioni, del resto, sono giunti altri tre studiosi italiani – Liberato De Caro, Fernando La Greca ed Emilio Matricciani –  nel loro articolo apparso sulla rivista scientifica internazionale Heritage e intitolato The search of St Peter’s memory “ad catacumbas” in the cemeterial area “ad Duas Lauros” in Roma.

Cosa concludere? Se un giorno scavi archeologici in quella catacomba (solo in parte esplorata) dovessero confermare le visioni della Valtorta – e sarebbe una scoperta clamorosa, tra le più importanti della storia della Chiesa – non sarebbe la prima volta che mistica e archeologia avrebbero colaborato. Basti pensare che nelle vicinanze di Efeso, sul finire dell’Ottocento, seguendo le indicazioni contenute nelle visioni della beata Katharina Hemmerick, lei pure come la Valtorta confinata in un letto e digiuna di archeologia e geografia turche, furono ritrovati i resti della casa in cui la Vergine Maria, secondo la tradizione, aveva trascorso gli ultimi suoi anni in compagnia dell’apostolo Giovanni.

 

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons