Sulle tracce dei “lautari”

Una scena del film

Ha avuto una storia piuttosto tormentata questaregione dell’Europa centro-orientale compresa tra il Prut, il  Danubio, il Mar Nero e il Dnestr, attualmente divisa tra la Moldavia e l’Ucraina.Tormentata per il susseguirsi, nel corso dei secoli, di invasioni barbariche e per il passaggio sotto vari domini: dei mongoli, dei turchi e, a partire dal 1812, dei russi, che inclusero in essa parte del delta del Danubio. 

Prevalentemente piatta e povera di alberi, in compenso offre un paesaggio di immensi campi di grano e girasoli, spesso alternati a zone paludose originate dai suoi corsi d’acqua;nella sua parte settentrionale e centrale, collinosa e con valli poco profonde, s’incontrano colture di alberi da frutto; steppa invece a sud, è solcata da ampie valli favorevoli alla coltivazione dei cereali e al pascolo. Così m’è apparsa la Bessarabia storica nelle stupende immagini di un vecchio film del 1971:  I lautari di Emil Loteanu.

Della vicenda ambientata nella seconda metà del 1800, epoca in cui la regione faceva parte dell’Impero russo,dirò poi. Prima qualche cenno su questo regista, sceneggiatore e poeta moldavo, nato nel 1936 a Socriani, Chernigov (Ucraina) e morto nel 2003. Orfano di padre, ancora giovanissimo, Emil seguì la madre diretta in Romania per sottrarsi al regime sovietico, ma lungo la strada ne perse le tracce: l’avrebbe ritrovata solo anni dopo a Bucarest, quando lei s’era formata ormai un'altra famiglia. Intanto aveva condotto una vita errabonda di cui recano tracce palesi film come appunto I lautari e Anche gli zingari vanno in cielo. In essi soprattutto, ma anche in altri 12 lungometraggi ricchi di poesia, sentimento e colore, espresse la sua ricerca di bellezza e di libertà. Per questo fu molto amato dal pubblico, anche se non sempre apprezzato dalla critica. Dotato comunque di indiscutibile talento, era convinto che anche l’attore che appare per soli dieci secondi in un film deve esprimersi con la dignità di un protagonista. Ormai regista affermato anche a livello internazionale, Loteanu divise la sua attività professionale fra Mosca e Chisinău, capitale moldava e principale centro della Bessarabia.

Ed ora il film. Chi sono i lautari? Sono una razza di musicisti girovaghi (questo il significato del nome, in rumeno), talvolta disprezzati da chi ha fondato la propria esistenza sull'"avere” invece che sull'"essere”, talvolta oggetto di riconoscenza (quando non di venerazione) per la gioia, la consolazione e il coraggio che infondono con la loro arte, accompagnando i momenti più importanti della vita dell’uomo: da una nascita a un matrimonio a una morte.

Loteanu narra la storia di uno di loro, il più famoso: Toma Alistar, novello Orfeo capace col suo violino di ammansire perfino un lupo selvaggio. Per lui la musica è dono di Dio, è una missione a vantaggio della comunità alla quale non è possibile sottrarsi, a costo della vita: proprio come gli antichi profeti. Insieme ai suoi cenciosi compagni, su un traballante carretto, Toma vaga di villaggio in villaggio a offrire la sua musica. Il film ce lo presenta ormai vecchio, ma i frequenti flash back ce ne fanno ripercorrere la vita fin da quando, ragazzo, scopre la sua passione (contrastata dal padre) per il violino.

Costretto a scegliere tra la musica e l’amore per la zingara Leanca, in un primo tempo il giovane Toma sceglie la prima, convinto da un giovane ussaro divenuto suo benefattore: per il suo talento straordinario verrà applaudito e ricercato nei salotti nobili d’Europa. Ma poi rinuncia al successo e ritorna nella sua terra, fra la sua gente, per cercare l’amata. Purtroppo morirà senza aver ritrovato Leanca: è stata venduta dai suoi a un ricco zingaro che l’ha portata via con sé. Tutta la vita di Toma sarà dunque una ricerca struggente di colei il cui richiamo sempre gli riecheggia nello spirito, identificandosi ormai con la stessa musica. La ritroverà tuttavia in altro modo, attraverso un giovane discepolo, al quale, come avvenne tra il profeta Elia ed Eliseo, prima di morire ha trasmesso il suo carisma.

Le ultime stupende scene del film vedono i lautari superstiti esibirsi in un remoto villaggio durante una fiera paesana. Assiste fra gli altri Leanca, zingara anziana con ancora tracce della passata bellezza, che riconoscendo commossa la struggente melodia di Toma suonata dal suo emulo, avrà la sensazione di averlo in qualche modo ritrovato.

La scena finale ripropone Toma bambino che alla presenza di Leanca libera un uccello rosso, simbolo del loro amore, di quella felicità alla quale l’uomo tende costantemente e che sempre lo precede.

I lautari sono un’opera intensamente poetica, che si china con amore sulle vite di umili uomini segnati dalla grazia, quei musicisti girovaghi senza patria, senza beni, capaci però di elargire a loro volta beni non materiali; artisti fedeli fino al sacrificio alla loro vocazione, senza i quali questo nostro mondo sarebbe più povero.

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