Sulle strade di Lampedusa

Il centro d’accoglienza è già saturo e il cibo scarseggia. Ma tra i nuovi arrivati nessuna rivolta, chiedono da mangiare e la possibilità di un lavoro 
immigrati lampedusa

Gli sbarchi sono inarrestabili e insufficienti sono i mezzi predisposti per accogliere i nuovi migranti dal Maghreb, dopo le rivolte di questi giorni che hanno innescato questo esodo, che non è banale definire biblico. I venti chilometri quadrati di terra rubata al mare si trovano ora ad ospitare una popolazione raddoppiata in appena tre giorni. Dai circa 4.500 abitanti si è passati a quasi nove mila. Insufficienti i trasporti, insufficienti i medici e le forze dell’ordine che dovrebbero assicurare i primi soccorsi e un ricovero. «Oggi nessun volo lascerà l’isola, poichè i centri d’accoglienza delle altre regioni sono stracolmi» ha confermato Paolo Corona, direttore dell’aeroporto, che in questi giorni ha gestito gli imbarchi con i suoi dipendenti senza far calcolo di forze e di ore lavorative. 

 

Intanto il centro di prima accoglienza sull’isola, è stato riaperto dopo le pressioni dei numeri degli arrivi, ormai ingestibili sulla banchina del porto, dove non c’è un palmo libero. Ma già dopo poche ore anche il centro è saturo: impossibile accogliere la marea umana che si sta riversando sulle coste lampedusane e che non scemerà dato il dilagare delle proteste nei Paesi che distano da 150 a 200 chilometri dal lembo più estremo dell’Europa. Maroni lancia appelli e accuse all’Ue e nel frattempo predispone l’invio di nuovi uomini e mezzi. Nell’attesa però, la quotidianità ha ben altri risvolti. E così succede che gli immigrati vadano in giro per il paese, ma tranquilli, in cerca di lavoro e soprattutto di cibo. Sì, il cibo è l’emergenza vera di queste ore. Sbarcano affamati questi giovani e giovanissimi e chiedono da mangiare con dignità senza scatti nervosi o voglia di rivolta. Ne hanno già lasciata una alle spalle e non intendono iniziarne un’altra.

 

Siedono per terra al campo sportivo o davanti alla sede provvisoria del comune in attesa di una sistemazione. Intanto anche il parroco don Stefano Nastasi è stato autorizzato ad aprire la casa della fraternità, due grosse stanze con una cucina e servizi utilizzati dai ragazzi della comunità per i ritiri e ora invece dormitorio improvvisato per un centinaio di ragazzi provenienti dall’altra sponda del mare. Nell’omelia di ieri sera ha invitato la comunità ad essere disponibile alle richieste, ma senza clamori o preoccupazioni. «Noi abbiamo offerto il nostro aiuto, quando la nostra disponibilità sarà richiesta agiremo con prontezza e discrezione».

 

Certo questi giovani che vagano per le strade dell’isola hanno provocato qualche allarme, rafforzato poi dai comunicati del ministero dell’Interno che parlava di possibili infiltrazioni terroristiche. Qualche genitore più prudente o timoroso non ha voluto mandare i bambini a scuola, ma molti invece testimoniano la pacificità e la compostezza di questi ragazzi. Salvo lavorava in campagna quando ne ha visti arrivare due. «Mi hanno chiesto un lavoro e poi qualcosa da mangiare. Non avevo con me niente e gli ho dato qualche soldo per comprarsi dei panini» afferma.

 

Intanto i trattori sono all’opera per spostare le barche dal porto, ormai veramente troppe. Le trasportano nel cimitero dei natanti che in questi anni a più riprese ha visto il fuoco divorarne il legno. Alcune sono nuove e potrebbero essere riutilizzate, magari per la pesca. Altre sono malconce e alcune sono state rovinate dal trasporto. «Che peccato!», commentano i pescatori del posto che ben conoscono il loro valore. Intanto in porto arriva un altro barcone, anche se le condizioni del mare stanno peggiorando e potrebbero placare per qualche ora i continui arrivi.

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