Sull’autobus.

Qui e ora. Non c’è alternativa. Anche (soprattutto) per chi vagheggia il domani, il futuro, l’eterno. Il qui e ora però ha un’apparenza dimessa, trascurabile, banale. Stefano Redaelli, componendo Sull’autobus, “poema a fermate per le via di Varsavia “, ringrazia qualcuno per avergli insegnato a guardare e a vedere. Ringrazia Chiara Lubich. È evidente che questo sguardo sul quotidiano, sugli incontri casuali di ogni giorno va oltre Stefano e Chiara. Alexis Carrel, premio Nobel per medicina, convertitosi a Lourdes, confessava di aver rischiato di passare come un cieco attraverso la vita. Stefano, trent’anni, si premunisce dunque contro questa possibile cecità. segreto che lui rivela per vivificare quotidiano è quello di ritenersi ogni giorno novizio della vita, con lo stupore e l’attenzione/tensione propria dei novizi (“Io faccio nuove tutte cose”, dice il Signore). Chi di noi non ha sentito da bambino qualche adulto rinunciatario affermare che “la vita è ben altro” che slancio e positività? Può essere, se rinunciamo però alla comunicazione, alla comunione. Tutto è da decifrare, tutto è simbolo, analogia, anagogia e nello stesso tempo storia. Meglio ancora, tutto è pervaso dalla poesia, che non è il linguaggio etereo, ma il linguaggio concreto e ultimo. “La città è un fiume che la divide in due / senza il quale sarebbe solo un mucchio di case case / e invece è una capitale” (pag. 19). “Quando i tragitti si ripetono con matematica esattezza / condensando destini in geometrie di ferro e vetro / io ti posso guardare e in silenzio studiare il tuo segreto” (pag. 22). “La tristezza è diversa sulla faccia degli uomini e su quella delle donne” (pag. 36). “”tutta la vita in un piccolo nastro, un rotolo di stoffa, che quando avrà finito metterà probabilmente in tasca e non ricorderà più niente, ma, se avrà voglia, potrà riprenderlo in mano nuovamente, ricominciando a leggere, a srotolare, a riavvolgere, a dimenticare ” (pag. 41). “fisarmoniche, santini, indovini/ bambine che allattano bambini/ abiti di strani colori/ indossati a caso o con l’intenzione/ ed un incurabile male di viaggiare/ per non avere mai una casa/ per non cambiare nome” (pag. 44). “Il matto, non è escluso che un giorno abbia capito/ qualcosa che noi evidentemente non capiamo ” (pag. 45). “Raggiungo la panchina dove Gesù, vestito da ubriaco, aspetta e gli porgo la spesa: “Buon appetito”/ “Dio ti benedica”/ Ditemi voi, se si può dubitare delle Sue Parole ” pag. 56). Stefano, laureato in fisica, si occupa di caos e vento solare. Fa esattamente la stessa cosa fra la gente sugli autobus di Varsavia. Stefano Redaelli, Sull’autobus. Poema a fermate per le vie di Varsavia. Illustrazioni di Michel Pochet. Edizioni Orient Express, Castelfrentano (Chieti), e-mail: edizioniorientexpress@yahoo.it, pp. 72, M8,00.

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