Sudan, al-Bashir abbandona Khartoum
Siamo in presenza di un ulteriore frammento della “transizione araba” cominciata nel 2011 in Tunisia? È probabile. Dopo i fatti di Algeria e quelli della Libia, ecco le vicende di Khartoum. Le popolazioni non si demoralizzano, sicuramente galvanizzate dal successo del movimento sociale in Algeria, che si è per il momento concluso con la partenza del presidente Bouteflika dal palazzo del potere.
In una dichiarazione letta a più di 40 mila persone raccolte da sabato in una piazza di fronte al quartier generale dell’esercito, nel centro di Khartoum, una delegazione dell’opposizione aveva ribadito il suo appello per la partenza del presidente al-Bashir e della sua équipe.
Per la prima volta, i militari erano entrati in scena per proteggere la propria sede ma, secondo alcuni, anche per proteggere la gente. I manifestanti chiedevano altresì di poter formare un governo di transizione in sostituzione di quello del presidente Omar al-Bashir. Secondo fonti vicine ai rivoltosi, una forza di 150 veicoli dell’intelligence pro-Bashir, armati di tutto punto, e centinaia di elementi della milizia erano pronti ad attaccare la folla per disperderla, assumendosi il rischio di uno scontro con le forze armate nel centro di Khartum, vicino all’aeroporto.
Un incidente era in effetti avvenuto all’alba, lunedì mattina, nel luogo dell’incontro. Le forze di sicurezza si erano opposte all’esercito, che stava cercando di proteggere i manifestanti, mentre stavano cercando di disperdere il corteo. Un ufficiale dell’esercito era stato ucciso.
Sembrava quindi che l’esercito si fosse schierato dalla parte dei manifestanti. Tuttavia, la gerarchia dell’istituzione militare non si era dissociata dal potere del capo dello Stato. Al contrario, dall’inizio dell’ondata di protesta, aveva rafforzato i suoi ranghi. Quello tenuto dai militari non sembri un atteggiamento ondivago. Il ministro della Difesa aveva affermato in effetti che «le forze armate sudanesi comprendono le ragioni delle manifestazioni e non sono contrarie alle richieste e alle aspirazioni dei cittadini, ma non lasceranno che il Paese cada nel caos».
Ora sembra che l’epilogo sia vicino. L’esercito, dal palazzo presidenziale, ha annunciato le dimissioni forzate del presidente, quasi in un colpo di Stato, anche se la situazione è assai confusa e necessita conferme.
Resta da sottolineare il ruolo dell’esercito, che finora non ha voluto separarsi da Bashir ma che ora valuta il da farsi, per rimanere nella cabina di comando del Paese. Omar al-Bechir era arrivato al potere nel 1989 grazie all’esercito e ci è rimasto grazie ad esso, offrendo molte costrizioni e poca libertà. Ha fatto parlare di sé per la crisi del Darfour, per la quale lo stesso Bashir è accusato di crimini di guerra.