Sudamerica, migliaia di sfollati a causa del Niño e della deforestazione

Circa 160mila persone sono state evacuate in Brasile, Paraguay, Argentina e Uruguay dopo lo straripamento dei grandi fiumi della regione. Oltre al fenomeno meteorologico El Niño, un'altra causa potrebbe essere l’estensione delle superficie destinate alla coltivazione della soia transgenica, che ha provocato la perdita di milioni di ettari di selve e foreste
Case allagate ad Asuncion in Paraguay
Sono più di 150mila le persone evacuate in Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay a causa dello straripamento dei grandi fiumi del Cono Sud americano dopo le copiose piogge di queste settimane. Il maggior numero di evacuazioni si registra in Paraguay, dove circa 100mila persone hanno dovuto abbandonare le proprie case. Nei prossimi giorni si spera che il livello del fiume Paraguay, che bagna Asunción, la capitale paraguayana, cominci a calare.  

 

 

Nel nord est argentino, i ricoverati sono circa 20mila. La metà sono cittadini di Concordia, invasa dal fiume Uruguay, che da quattro giorni copre parzialmente la città, avendo raggiunto i 16 metri di profondità, un livello che non si registrava dal 1959. Il pronostico per le prossime ore in Argentina è ottimistico. Le acque stanno cominciando a calare, anche se comincia il problema delle alte temperature estive e della presenza di insetti, che si teme possano trasmettere malattie contagiose. Infatti, le autorità argentine hanno già annunciato che nei prossimi mesi perdurerà lo stato di allerta nelle sei provincie interessate dall’inondazione.

 

 

In Brasile una trentina di città sono state toccate dall’esodazione dei fiumi determinando l'evacuazione di 15mila persone. In Uruguay gli sfollati sono circa 9mila.  

 

 

Due i fattori che hanno attuato questo stato di cose, in concomitanza tra loro. Da una parte, la fase umida del fenomeno meteorologico denominato El Niño che ha provocato intense precipitazioni nella regione che abbraccia il sud del Brasile, il Paraguay, il nord est argentino ed il nord ovest dell’Uruguay. Il secondo, e più grave fattore, segnalano gli esperti, è la deforestazione praticata durante tutti questi anni per fare spazio soprattutto alla coltivazione di soia. Gli alti rendimenti di questa leguminosa, capace di crescere in queste zone subtropicali, dove si raggiungono elevate temperature, insieme al prezzo internazionale fino a poco tempo fa molto alto, ha provocato un incremento delle superficie destinate ad essa, a scapito delle foreste.

 

 

Hernán Giardini, coordinatore della campagna per i boschi di Greenpeace argentina, spiega che le selve “oltre a concentrare una considerevole biodiversità, svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione climatica, la preservazione delle fonti d’acqua e la conservazione del suolo. Sono le nostre spugne naturale e gli ombrelli di protezione. Quando perdiamo le foreste diventiamo più vulnerabili in caso di piogge intense e corriamo seri rischi di inondazioni”. 

 

 

I ministeri per l’Ambiente e lo sviluppo sostenibile del Governo argentino fanno sapere che dall’entrata in vigore della legge forestale, nel novembre 2007, alla fine del 2014, 2 milioni di ettari di foreste sono state disboscate e di questi 620 mila ettari erano protetti dalla legge. La sola provincia argentina di Entre Ríos ha perso 85 mila ettari di foreste. Greenpeace segnala che nelle zone attraversate dai fiumi Uruguay, Paranà e Iguazù, resta appena il 7 per cento della superficie originale delle foreste.

“In Paraguay e Brasile sono andate praticamente distrutte, resta solo la parte restante in Argentina”.

 

 

La coltivazione della soia è, tra le attività agricole, il maggiore responsabile della deforestazione in Brasile. Negli ultimi decenni, la regione del Cerrado, che abbraccia quasi 2 milioni di km2, nel centrosud del Paese, è la più devastata dall’espansione di questa coltivazione, della quale circa il 10 per cento si realizza in zone di importanti riserve di acqua, come il Pantanal, dove nascono importanti fiumi che poi attraversano Paraguay, Argentina e toccano l’Uruguay.

Senza la protezione delle foreste, rilevano gli esperti, il suolo non ha modo di assorbire le intensissime precipitazioni, e questo favorisce situazioni come quelle attuali, con tutte le conseguenze che ne derivano.

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