Sudamerica: il clima continua a mandare avvisi
Non è normale che in Brasile nevichi. Sebbene il clima del sud del Paese sia meno tropicale e d’inverno possa fare abbastanza freddo, la neve è un fenomeno eccezionale. E così è stato infatti per una dozzina di cittadine dove le temperature sono scese fino a meno sette gradi, mentre in altre si registrava una pioggia gelata.
La notizia non avrebbe suscitato molta sensazione se una nevicata si fosse prodotta a Buenos Aires, in Argentina. L’estesa pianura della Pampa non interpone ostacoli alle masse di aria fredda provenienti dall’Antartide. L’8 luglio del 2007, la capitale argentina si ammantò di bianco come non avveniva da decenni. Ma la particolarità delle grandi pianure a nord e a sud di questa capitale, fa sì che nella stessa data dell’anno precedente, l’aria calda proveniente dal nord, che pure non trova ostacoli, avesse elevato la temperatura in pieno inverno fino a 28 gradi. Fenomeni insoliti, legati alla peculiare geografia locale.
Ma quest’anno non siamo solo di fronte all’insolito che a volte la natura ci riserva, quanto a possibili squilibri climatici che non possono non preoccupare. L’ondata di freddo polare abbattutasi sul Brasile era stata prevista dai meteorologi, ma ciò che sta superando le previsioni degli esperti è l’intensità e la frequenza di questi fenomeni estremi. Francisco de Assis, dell’Istituto Nazionale di Meteorologia del Brasile, fa notare che si tratta della terza maggiore massa fredda abbattutasi sul Paese quest’anno. In genere ciò può avvenire una o due volte l’anno, ma non tre. L’esperto ricorda poi che uno degli effetti del cambiamento climatico sono appunto i fenomeni estremi: il caldo intenso nell’emisfero nord, il freddo polare in Brasile.
Il freddo polare brasiliano si è verificato in contemporanea con il bassissimo livello che sta registrando il fiume Paranà. Questo gigante d’acqua di quasi 5 mila km di lunghezza, con una portata media di oltre 17 mila metri cubi al secondo, nasce nel sud del Brasile, costeggia il Paraguay per poi entrare in territorio argentino, attraversando città come Rosario, Corrientes, la omonima Paranà, per poi unirsi al fiume Uruguay col quale forma il Rio de la Plata, l’immenso estuario che separa Uruguay e Argentina. Da 77 anni non si registrava una siccità così intensa da ridurre notevolmente questo canale navigabile percorso da decine di navi al giorno, che è anche un’importante fonte di approvvigionamento idrico, sia per le popolazioni che per l’attività agricola.
Il basso livello delle acque ha una prima causa ed è una storica siccità nel sud del Brasile. Ma è l’intero ecosistema che il corso d’acqua attraversa ad aver sperimentato cambiamenti notevoli. Pensiamo alla deforestazione che sta influendo sulla frequenza delle piogge e che nei tre Paesi interessati avanza senza che sia stato possibile porre freni drastici al fenomeno. Il paradosso è che la sfrenata avanzata dell’agroindustria, costi quel che costi, ha nell’approvvigionamento idrico il suo tallone d’Achille, perché se non si recupera il fiume (e gli esperti sono oggi in dubbio se ciò sia ancora possibile), sarà anche difficile garantire i futuri raccolti.
Per mantenere la profondità minima del fiume si è cominciato a scaricare acqua dal lago artificiale formato dalla gigantesca diga di Yaciretá, tra Paraguay e Argentina. Ma non sarà sufficiente se non si torna ad un regime normale di piogge, e non si tornerà a un regime normale se non cambiamo qualcosa nel nostro modo di rapportarci con la natura.
Il cambio climatico abbraccia vari fronti in contemporanea. Il fatto stesso che questa enorme massa d’acqua attraversi tre Paesi, dice che non solo il problema specifico è in comune tra loro, ma che anche affrontarlo, come tutte le questioni ambientali, dà risultati efficaci solo se si adottano strategie comuni. Gli esperti del clima lo hanno compreso da decenni. Il problema è che lo comprendano che politici ed economisti.