Sudafrica, una nuova stagione politica

Alle elezioni del 29 maggio 2024, l'African National Congress (Anc, il partito di Nelson Mandela) ha perso la maggioranza che deteneva da 30 anni, ma rimane il partito con il maggior numero di seggi nel Parlamento del Sudafrica. Un cambiamento importante nella politica sudafricana
Votazione per l’Assemblea Nazionale. Sudafrica, 29 maggio 2024. ANSA/ KIM LUDBROOK
Votazione per l’Assemblea Nazionale. Sudafrica, 29 maggio 2024. ANSA/ KIM LUDBROOK

Sebbene l’Anc abbia ottenuto il maggior numero di voti rispetto a qualsiasi altro partito in lizza, 40,2% dei votanti, il calo è di oltre 17 punti percentuali rispetto al 57,5% ottenuto nelle ultime elezioni nazionali del 2019. Ottiene solo 159 seggi su 400 nell’Assemblea nazionale.

Questo risultato ha segnato un cambiamento sismico nel panorama politico sudafricano. L’Anc, che ha guidato il movimento anti-apartheid, aveva vinto le prime elezioni democratiche del Paese nell’aprile 1994 e da allora il partito non ha mai ottenuto meno della maggioranza assoluta dei voti in nessuna elezione nazionale.

La storica sconfitta è stata in parte dovuta al partito uMkhonto weSizwe (Mk) dell’ex presidente Jacob Zuma, che ha intaccato il sostegno popolare all’Anc. Per un partito che aveva solo cinque mesi di vita quando ha partecipato alle elezioni nazionali e provinciali, la sua performance non è da poco. Ha ottenuto risultati migliori di quanto previsto da tutti i sondaggi.

Il nome uMkhonto weSizwe, in breve Mk, appartiene storicamente all’ala militare dell’Anc. Significa “la lancia della nazione”. All’inizio degli anni ’60, il leader dell’Anc Nelson Mandela e Joe Slovo, capo del Partito Comunista del Sudafrica, furono incaricati dall’Anc di formare l’Mk.

Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa dopo i risultati delle elezioni. 2 giugno 2024. ANSA / KIM LUDBROOK
Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa dopo i risultati delle elezioni. 2 giugno 2024. ANSA / KIM LUDBROOK

Per la prima volta, il Sudafrica sarà governato da un governo di coalizione, che molti esperti politici considerano un momento cruciale nel “consolidamento” della giovane democrazia. Altrettanto incoraggiante è il fatto che l’Anc abbia accettato i risultati senza contestazioni.

«È chiaro che non ci saranno azioni antidemocratiche massicce e spinte, come in molti altri Paesi» dopo che un movimento di liberazione ha perso il potere, afferma Melanie Verwoerd, ex membro del Parlamento e analista politica dell’Anc.

In base ai risultati elettorali, i partner di coalizione più probabili per l’Anc sono, rispettivamente, l’Alleanza Democratica (Da) di centro-destra, con il 21,7% dei voti (87 seggi), il Partito uMkhonto weSizwe (Mk o Mkp) di Zuma con il 14,66% (58 seggi) e i Combattenti per la Libertà Economica (Eff) con il 9,47%.

Bhaso Ndzendze, professore associato (Relazioni internazionali) dell’Università di Johannesburg, ha scritto in The Conversations: «Come scienziato politico che ha studiato il nesso tra la politica elettorale del Sudafrica e il suo impegno con il mutevole ordine globale, mi aspetto che la politica estera del Sudafrica sia uno dei punti di contrattazione quando l’Anc si confronterà con i vari potenziali partner della coalizione».

Per 30 anni l’Anc ha avuto un’ampia maggioranza che ha permesso al partito di definire la politica del Paese in patria e all’estero. Il professor Ndzendze ritiene che l’approccio dell’amministrazione uscente alla politica estera sia di recente diventato più assertivo. «Ha cercato di negoziare la pace nella guerra tra Russia e Ucraina ed ha presentato una causa per genocidio alla Corte internazionale di giustizia contro l’invasione di Gaza da parte di Israele. Per quanto popolare, la mossa contro Israele potrebbe aver diviso i sudafricani, alcuni dei quali sono più preoccupati per l’economia, mentre altri sostengono Israele».

Con il 40% dei seggi parlamentari nazionali, l’Anc dovrà negoziare le sue posizioni politiche con il suo o i suoi partner di coalizione.

Questo è significativo, perché negli ultimi tre decenni la comunità internazionale ha imparato a conoscere la posizione del Sudafrica sulle principali questioni geopolitiche. In particolare, il Paese è stato un attore chiave nel riallineamento del potere globale, in parte grazie alla sua appartenenza al gruppo Brics – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Dal 1° gennaio 2024, cinque nuovi membri (Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti) hanno aderito ai Brics.

Anche il Sudafrica ha cercato di farsi portavoce dell’Africa e del più ampio Sud globale. Soprattutto dopo la pandemia di Covid-19, quando si è espresso contro quello che ha definito apartheid vaccinale.

Il professor Ndzendze ha valutato come potrebbero influenzare la direzione della politica estera gli alleati dell’Anc in una coalizione di governo. Lo ha fatto esaminando i manifesti dei rispettivi partiti e le dichiarazioni dei leader. «Le due questioni che con ogni probabilità costituiranno un punto critico per l’Alleanza Democratica sono l’atteggiamento del governo a guida Anc nei confronti di Israele e le sue relazioni con la Russia.

Nel suo manifesto elettorale, Alleanza Democratica (Da) elenca sette priorità, tutte questioni interne. Tuttavia, le dichiarazioni dei suoi leader e parlamentari indicano un partito decisamente pro-Ucraina e anti-Russia, moderato su Israele e scettico nei confronti del gruppo Brics.

Nel suo manifesto, il partito Economic Freedom Fighters (Eff) sostiene una maggiore integrazione continentale. Ciò include la libera circolazione delle persone. Più lontano, non solo sostiene i palestinesi, ma è anche favorevole a fornire armi ad Hamas, secondo il suo leader, Julius Malema.

Il manifesto del partito uMkhonto weSizwe (Mk) è più moderato. Prevede un governo che garantisca che la politica estera del Sudafrica rifletta i suoi interessi e valori nazionali, sostenendo l’equità e il rispetto reciproco nelle relazioni internazionali. Esprime solidarietà alla Russia, a Cuba e alla Palestina nelle loro lotte contro le forze imperialiste occidentali. Mk chiede inoltre una revisione degli accordi internazionali, compresa l’adesione del Sudafrica alla Corte penale internazionale, apparentemente per ripristinare la sovranità del Paese.

Nonostante sia l’ultimo arrivato, il partito di Jacob Zuma si descrive come «radicato in una ricca storia di lotta per la giustizia e l’uguaglianza». La sua visione dichiarata è quella di trasformare il Sudafrica in un faro di uguaglianza, prosperità e sostenibilità.

Mashupye Herbert Maserumule, professore di Affari pubblici presso la Tshwane University of Technology, lancia un monito: «Il partito ha adottato una retorica incendiaria, tinta di estremismo populista. Per esempio, parla di eliminare la supremazia della Costituzione del Paese e di sostituirla con una sovranità parlamentare senza vincoli». Un’affermazione che porta il professor Maserumule a scavare in profondità nell’aspetto sconcertante della storia sudafricana: «Questo è preoccupante perché il Sudafrica ha intrapreso un percorso di creazione di una democrazia costituzionale basata su una serie di diritti essenziali per i suoi cittadini sin dalle prime elezioni democratiche del 1994. Ed è anche indesiderabile perché il Parlamento ha governato in modo supremo sotto l’apartheid, approvando leggi ingiuste che hanno oppresso la maggioranza della popolazione nera».

Mentre continuano fino al 16 giugno le consultazioni per formare una coalizione di governo, il presidente Ramaphosa si è rivolto al Paese dopo l’apparente sconfitta del suo stesso partito, ed ha offerto una visione diversa dei risultati. Ha detto che le elezioni «rappresentano una vittoria per la nostra democrazia, per il nostro ordine costituzionale e per tutto il popolo sudafricano».

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