Su tutti i fronti

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Spesso quando sentiamo il suono di un’ambulanza o vediamo sfrecciare un mezzo di soccorso a sirene spiegate, capita che la gente dica: Sta passando la Croce rossa. Questo modo di esprimersi diffuso in tante regioni d’Italia dal nord al sud, eccezion fatta per quelle dove invece si identifica il soccorso con la Misericordia, dice più di altri la percezione di vicinanza che la gente comune ha nei confronti di quella che è la più grande organizzazione sia italiana che internazionale di volontariato. Soccorso uguale Croce rossa è infatti un’equazione abbastanza comune. Il prossimo 5 dicembre si celebra la Giornata mondiale del volontariato. È un mondo composito, che svolge un ruolo importante nella nostra società. Spesso trova cittadinanza sulle nostre pagine proprio per quel caratteristico servizio all’uomo che ci è tanto caro. Questa volta la nostra attenzione va proprio alla Croce rossa. E lo facciamo intervistando Massimo Barra, che dal dicembre 2005 riveste il ruolo di presidente nazionale della Croce rossa italiana. Con una grande esperienza su diversi fronti, maturata con oltre 300 missioni che lo hanno portato in più di 80 Paesi. Quando si parla di Croce rossa si intende un grande movimento internazionale, afferma. All’origine infatti c’è il Comitato internazionale che interviene nel mondo in occasione di tutti i conflitti armati per dare protezione e assistenza, visitare i prigionieri di guerra, effettuare gli scambi di prigionieri tra le parti, tutelare le persone che rientrano nella convenzione di Ginevra, cioè i non combattenti, militari feriti in guerra, prigionieri di guerra e popolazioni civili. Poi c’è la Federazione internazionale delle società di Croce rossa e Mezzaluna rossa (185 società oggi), che interviene in tutto il mondo con l’assistenza delle persone vulnerabili quale che sia la causa che ha determinato questa vulnerabilità. Si occupa cioè della sanità, delle catastrofi, dello sviluppo delle società nazionali anche nei Paesi poveri in modo che possano essere autosufficienti. Conta complessivamente circa 100 milioni di aderenti. In Italia la Croce rossa è una grande organizzazione che ha 5.700 unità di personale dipendente e stipendiato, 300 mila volontari, 1.500 sedi, 600 comitati locali, 100 provinciali, 20 regionali, una centrale. 9.500 automezzi di soccorso che ogni anno percorrono oltre 100 milioni di chilometri al servizio del cittadino. Sicuramente un’associazione di volontariato un po’ particolare per il suo stretto legame con le istituzioni. Da un punto di vista istituzionale la Croce rossa in tutto il mondo è un terzo polo tra la società civile rappresentata dalle ong e il sistema dei governi – mi spiega Barra -. Noi siamo espressione della società civile essendo la più grande associazione di volontariato nel mondo, ma siamo anche legati ai governi con il concetto di ausiliarietà dei servizi di sanità militare. I governi hanno infatti diritto di partecipare alla più alta espressione deliberativa del movimento che è la conferenza internazionale della Croce rossa con diritto di voto, cosa che non avviene per nessun’altra organizzazione. Io non saprei se definire la Croce rossa più un’ong o un organismo governativo – continua -. Forse non siamo né l’uno né l’altro. In ogni caso l’ausiliarietà si deve armonizzare con i princìpi fondamentali del movimento che sono stati stabiliti nel ’65 e che sono il principio di umanità, universalità, imparzialità, neutralità, indipendenza, carattere volontario, unicità. E in che modo riuscite a tener fede a questi princìpi in un campo così complesso nel quale dovete muovervi? Qui entra in gioco il problema dell’ausiliarietà e della neutralità, perché per esempio nella Conferenza internazionale un governo può votare in maniera diversa dalla società nazionale del suo Paese perché la nostra missione è non politica, ma umanitaria. Concretamente, se c’è un conflitto la politica cerca l’equidistanza che qualcuno in maniera politicamente corretta chiama equivicinanza. Noi abbiamo un’altra ottica che è umanitaria, quindi il nostro principio di imparzialità contiene il concetto di proporzionalità ai bisogni. Se in un conflitto le vittime sono 70 da una parte e 30 dall’altra, l’intervento della Croce rossa per essere neutrale deve essere 70 e 30, non può essere 50 e 50, cioè deve essere orientato dai bisogni, non dalla politica. È un terreno minato, ovviamente. Un altro esempio. Noi abbiamo visitato le carceri di Abu Grahib e fatto rapporto a chi di dovere, cioè a chi lo gestiva, ma non è successo niente. Quando poi questo rapporto è finito sulle pagine del Wall Street Journal le cose sono cambiate. Qui si pone un problema tra la segretezza e la pubblicizzazione o la denuncia. La Croce rossa in genere è molto discreta nell’interesse delle vittime, perché se non fosse così i governi non le garantirebbero l’accesso e quindi a rimetterci sarebbero i più deboli. Su questo si può discutere. Altri hanno altre strategie, Amnesty international, rispettabilissima, ha la strategia della denuncia. Ci si può domandare se nei tempi moderni questa nostra tradizione sia da considerarsi un po’ arcaica, sorpassata dai tempi in cui chi non appare non esiste, non conta, oppure sia un marchio stampato nella nostra pelle da difendere ad ogni costo… Non saprei. Mi sembra che la Croce rossa goda di ottima salute e che continui a svolgere un ruolo significativo nel panorama del volontariato… Il nostro è un movimento in crescita, che esercita un grande fascino soprattutto a livello delle giovani generazioni, le quali sentono che questo movimento ha delle radici profonde. Abbiamo uffici storici, pubblicazioni, facciamo migliaia di corsi di formazione; una fucina continua di idee e di proposte. La mia politica è quella di una grande apertura perché io sono stato giovane nella Croce rossa, avendo cominciato a otto anni e avendo trascorso in questo palazzo moltissimi sabato pomeriggio della mia vita. Tutti qui sono i benvenuti, a cominciare dagli adolescenti, anzi io credo che sia interesse del paese che i giovani anziché andare a bighellonare, a picchiare gli handicappati o altro, frequentino le sedi della Croce rossa italiana. E possono farlo in tutta Italia visto che noi siamo capillari, secondi solo ai carabinieri, perché anche nei piccoli centri c’è una nostra sede.

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