Su e giù per i caruggi

Arroccata e ruvida, ed insieme accogliente, Genova si mostra in tutto il suo splendore guardandola dal mare. Ma il suo cuore antico batte dentro quel dedalo inestricabile di palazzi troppo alti e di vicoli troppo stretti, i caruggi che formano il centro storico più esteso d’Europa. Appena alle spalle di via XX Settembre, il centro nevralgico dello shopping cittadino, imboccata una discesa, vicolo Falamonica, ti pare di trovarti in un altro posto. Le vetrine di negozi occidentali si alternano a negozietti etnici e a botteghe con legno lavorato e conchiglie. Odori di altre terre si mescolano con quelli del posto.Numerosi istituti di credito e risparmio hanno soppiantato le botteghe dei fabbri (i fraveghi) e degli artigiani di una volta. Da tempo è iniziato un inarrestabile esodo dei suoi tradizionali abitanti, che hanno lasciato i vecchi e scomodi alloggi all’ombra dei caruggi, per andare a vivere in quartieri più attrezzati e confortevoli. Li hanno sostituiti altri inquilini, giunti da ogni luogo, proprio là, dove pulsa il cuore della città antica, i nuovi abitanti hanno trapiantato parole inusuali, musiche, usanze sconosciute e tanti ricordi. Due volti di città Nel punto di intersezione tra i due volti contigui che oggi presenta la città, si trova la sede da cui si irradia una serie di attività gestite da un gruppo dei Focolari, in via Gramsci 19. Lo stabile si affaccia da una parte sulla zona del Porto antico splendidamente restaurata, con l’Acquario, il porticciolo turistico, e un’area espositiva sede di manifestazioni di prestigio; e dall’altra, appunto, su via Pré, una delle vie più note della città. Alla ricerca di una sede idonea, il gruppo si era rivolto a don Rinaldo Resecco parroco della chiesa di San Sisto. Luogo storico di via Prè, assieme alla Commenda, l’originale edificio, unico nel suo genere, che accoglieva da tutta Europa i pellegrini in partenza per la Terra Santa, la parrocchia appariva come un approdo sicuro, uno scoglio nella burrasca della vita. Questo prete di frontiera aveva denunciato con forza la situazione di abbandono in cui si trovava il quartiere. Aveva visto troppi bambini, nati in quella via, cresciuti all’ombra del campanile, prendere una brutta strada. Li vedo ancora – aveva detto – ma non sono più gli stessi: alcuni rubano, altri spacciano, inghiottiti da qualcosa più grande di loro. Bisogna fare, agire prima che sia troppo tardi. Aveva visto il quartiere collassare su sé stesso, inesorabilmente. Volentieri ha accolto quindi quella squadra di persone disposte a rimboccarsi le maniche, e messo a disposizione alcuni locali della canonica. Inizialmente sono state alcune donne a lanciarsi nell’avventura, insegnanti, professioniste, casalinghe, pensionate. Poi l’iniziativa ha preso piede diffondendosi anche tra le famiglie e tra i giovani. Hanno costituito un apposito comitato, stilato un regolamento. Spiega Maria Teresa Genovesi, attuale presidente: Siamo arrivate disarmate, senza competenze specifiche, senza fondi. Ma ciò che ci attirava era la sofferenza del fratello. Col tempo e con l’esperienza abbiamo compreso che non è dando loro le cose fatte che li aiutiamo, ma affiancandoli nella soluzione dei loro problemi. E questo, a lungo andare, ha prodotto dei cambiamenti nel quartiere. Ormai molti ragazzi che abbiamo seguito sono uomini. La nostra gioia più grande è vederli affermarsi onestamente nella vita. Venti anni fa, il sagrestano di santa Maria delle Vigne, la nostra prima sede, ci aveva detto: Fate, fate: intanto finiranno tutti al Marassi, cioè al carcere. Non è stato un buon profeta, per fortuna. Una stanza Avevano loro promesso una stanza, che poi non è venuta. Ci siamo adattate – prosegue – a vivere con i nostri bambini nel corridoio del chiostro, al freddo. Attorno c’era solo sporcizia e abbandono. Gabriella ed Elena hanno iniziato a dipingere i muri e ad appendere i disegni dei bambini, che, nonostante tutto, venivano numerosi. Eppure, anche dopo inizi così poco incoraggianti, i risultati sono stati notevoli. Dopo un po’ di ricerche, hanno trovato uno stabile molto malandato, disabitato. Occorrevano molti fondi per restaurarlo e in più c’era il vincolo delle Belle Arti. Oltre all’intervento della Provvidenza, le amiche e gli amici dei Focolari succedutisi in questi anni hanno sperimentato anche la solidarietà della loro città. Ricorda quei tempi Maria Teresa Banchieri, stimata farmacista: Avevamo in cassa una certa cifra, del tutto insufficiente a coprire le spese, ma già qualcosa per incominciare i lavori. Si avvicinava l’estate, ed occorreva togliere almeno per qualche tempo i ragazzi dai vicoli e far respirare loro un po’ di aria salubre per il corpo e lo spirito. Abbiamo deciso di investire la nostra cifra sulla loro salute, mandandoli in montagna assieme ad altre famiglie. E proprio in quella occasione abbiamo potuto conoscere un imprenditore che si è prestato a ristrutturare l’appartamento. Un noto architetto ha eseguito gratuitamente il progetto. Finiti i lavori, all’ingresso della nostra sede, abbiamo collocato una grande foto di come era prima lo stabile. Il dopo era sotto gli occhi di tutti. Un mare di problemi Anche l’appartamento è stato arredato col contributo di tanti. Volevamo – prosegue la dottoressa Banchieri – che la sede, pur funzionale, non avesse l’aspetto di un ufficio, ma di una casa. L’ambiente principale è diventato la cucina, col vecchio lavello genovese. Tutto è arrivato a poco a poco, con il contributo anche dei nostri amici poveri. Chiunque bussava doveva sentirsi accolto in una casa. Abbiamo iniziato con i bambini: ogni occasione era buona. Dietro di loro arrivavano gli adulti, con un mare di problemi. È stata poi la vita stessa, con le esperienze fatte, ad allargare il nostro orizzonte. Sono stati i nostri stessi amici del centro storico, avvicinati con grande rispetto, a farci scoprire il modo di aiutarli. Sono stati creati nel tempo – riprende la signora Genovesi – diversi momenti di aggregazione, oltre a quelli personali di accoglienza e ascolto: il laboratorio e la scuola di cucito e di maglia, quella di italiano per stranieri, le feste (di Natale, di carnevale), corsi e gare di pittura per ragazzi. Sono stati accompagnati al battesimo alcuni adolescenti. Innumerevoli anche le iniziative per sensibilizzare la cittadinanza al problema e raccogliere i fondi necessari. Sono ora al via tre nuovi progetti: una forma di sostegno a minori (una modalità di adozione a distanza, di cui è stato approvato il regolamento), l’istituzione di un fondo di rotazione e di reciprocità, col quale i nostri amici possono ottenere piccoli prestiti; e, infine, il Centro di ascolto medico e giuridico per indirizzare persone in difficoltà con la salute o con i permessi di soggiorno. Ritenendolo un servizio di alto valore sociale, il comune ci ha consegnato alcuni locali, la cui ristrutturazione sta per essere ultimata a spese di enti pubblici e privati. Il centro è ubicato anch’esso nel centro storico, in Vico del Duca. Così, su e giù per i caruggi, continua l’opera di ritessitura dei fili di tante vite alla deriva.

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