Studenti e cittadini responsabili
Lunedì 25 settembre presso la Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati si è tenuto un importante Seminario di Studio su “Competenze per una Cultura della Democrazia” con gli interventi della ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, e del vice segretario generale del Consiglio di Europa, Gabriella Battaini. Di seguito il punto di vista dell’onorevole Milena Santerini che ha promosso l’evento e che è la prima firmataria di una proposta di legge per l’introduzione della valutazione delle competenze di cittadinanza nella scuola primaria e secondaria in Italia.
«L’educazione alla cittadinanza in Italia ha una lunga storia, l’abbiamo chiamata educazione civica in passato, Cittadinanza e Costituzione poi. È una materia cha ha subito varie traversie, e spesso viene indicata come un insegnamento che non sempre raggiunge i suoi obiettivi, perché essere cittadini significa essere responsabili, avere rispetto degli altri, partecipare al Bene Comune, e purtroppo come sappiamo non è sempre facile, specie nei giovani, cogliere questi valori e vivere da cittadini. È anche una responsabilità della scuola, perché vivere da cittadini significa rendere partecipi gli studenti, non considerarli soggetti passivi come molte volte fa la scuola.
«La scuola non è attiva e pienamente democratica: è una difficoltà far veramente partecipare gli studenti. Per tutti questi motivi in un mondo globale, diviso, dove tra i giovani ci sono fenomeni di violenza e di bullismo, è chiaro che diventa molto importante chiedersi: ma la scuola cosa fa? Ora la scuola fa già molto, ma lo fa in modo dispersivo. Ci sono migliaia di progetti di educazione civica e anche di educazione ambientale, interculturale, tantissime iniziative. È giusto che queste iniziative vengano lasciate all’autonomia della scuola, però bisogna anche che il tutto vada ‘a sistema’: la mia legge vuole appunto mettere a sistema, dare uno sfondo integratore e anche una prospettiva unitaria al tutto, con l’obiettivo di rendere cittadini le nuove generazioni.
«La proposta di legge è stata lanciata in concomitanza con la presentazione del documento del Consiglio di Europa sulle Competenze per una Cultura della Democrazia. Il Consiglio di Europa è un organismo che si occupa di diritti e ha lavorato intensamente in questi ultimi anni svolgendo, con molti esperti, un lavoro di analisi delle realtà di 47 Paesi. Un lavoro molto bello, di livello europeo, per dire di quali competenze abbiamo bisogno oggi, per una cultura della democrazia in tempi di terrorismo, di radicalizzazione dei giovani, di crisi, di rifiuto delle migrazioni.
«Quindi una cultura della democrazia molto collocata nel contesto europeo attuale, dove si respira la paura di una chiusura dell’Europa, di un’Europa “fortezza”. Il documento riporta delle competenze, ed è esattamente il tipo di linguaggio che è presente nel testo della proposta di legge di cui sono la prima firmataria. Competenze significa non soltanto possedere delle conoscenze, ma conoscenze legate alle situazioni, conoscenze situate, conoscenze che inducano a fare… competenze dunque di cittadinanza attiva. Non è solo conoscere le regole, ma applicarle, viverle!
«Il documento è un quadro concettuale di competenze, dove si riprendono sostanzialmente degli aspetti che a me stanno molto a cuore: si parla di competenze e non solo di conoscenze, e in secondo luogo l’educazione civica non è soltanto una educazione sul piano razionale, ma coinvolge anche il piano affettivo/emotivo e quindi comportamentale. E questo può cambiare veramente la Scuola, perché se noi diamo questa sistematicità all’educazione civica, cioè se noi diciamo che tutto concorre all’educazione alla cittadinanza, sia l’insegnamento che ancora oggi è “Cittadinanza e Costituzione”, l’ambito antropologico, se noi diciamo che tutte le materie in modo trasversale concorrono all’educazione alla cittadinanza, perché io formo i cittadini anche facendo storia, letteratura, scienze, e infine se noi diciamo che è anche soprattutto nei progetti della scuola… ecco che abbiamo composto un quadro complessivo di competenze alla cittadinanza.
«Quest’ultimo punto è molto importante. Quello che si fa in classe, non necessariamente a livello di materia disciplinare: in negativo quello che si fa contro il bullismo, la violenza, il razzismo… ed in positivo tutto il comportamento degli studenti, dal modo di stare in assemblea, al volontariato, il Service Learning a livello di scuola superiore e di università, e tutto quello che è un modo attivo di partecipare, come l’alternanza scuola/lavoro. Tutto questo dovrebbe concorrere a valutare come si comportano le persone.
«Superiamo il vecchio concetto di “voto in condotta”, e soprattutto di bocciare per il voto in condotta. Questa è una delle prime cose che ho scritto nella legge, evitiamo di bocciare per la condotta. Magari si obbliga lo studente per un anno a ripetere le materie per cui aveva una buona votazione, e non si incide minimamente per un cambiamento del comportamento. Non è la bocciatura la risposta, ma bisogna cercare risposte educative, risposte relative ad una giustizia che possiamo chiamare riparativa, con richiesta di prestazioni socialmente utili, ma non possiamo ammettere il fallimento della scuola con la bocciatura.
«Questo è il quadro che vorrei dare: da una parte il Consiglio di Europa con questo documento dice che l’educazione alla cittadinanza è un patrimonio cognitivo relazionale, non è solo conoscenza ma competenza. Dall’altro la mia proposta: dare sistematicità e valutazione più seria a tutto questo grande campo di azione.
In questo quadro molto ben delineato vedo anche la possibilità per le scuole di “allearsi” con tutti quegli organismi territoriali, di associazionismo e volontariato dove i ragazzi possono fare qualcosa fuori dalla scuola e dentro i loro territori in vista del rinsaldarsi dei legami sociali. La scuola ha bisogno di lavorare all’esterno, perché non si può esaurire il discorso della cittadinanza dentro la scuola: essa ha bisogno di essere aiutata, di promuovere progetti con il sociale, con le associazioni, le comunità, i movimenti, la Chiesa… tutto quello che è attivo sul territorio ha bisogno della scuola e la scuola ha bisogno di loro.
«Tra le componenti essenziali per l’educazione alla cittadinanza c’è anche questo, soprattutto questo, cioè il lavoro di rete sul territorio, calato nel reale esperienziale. Questo va anche nella direzione dello spirito della legge 107 che ha molto promosso l’autonomia delle scuole. Ma in questo abbiamo bisogno di coordinamento, di fare rete, di sinergie.