Street art: l’arte di Smoe

Smoe è uno street artist di Catanzaro che lavora a livello internazionale e ha realizzato i suoi graffiti in varie città italiane. Negli ultimi anni si è dedicato alla realizzazione di grandi opere di pittura murale. Nostra intervista    

«Era la fine degli anni ’90, la street art era un potente mezzo di comunicazione a livello di culture suburbane. Si stava sempre insieme, era quasi d’obbligo avere una firma e disegnare sui muri. Oggi è diventato il mio lavoro e mi appassiona ancora di più perché dipingere in strada mi permette di stare a contatto con il pubblico e ho un riscontro diretto con il fruitore dell’opera. Questo mi aiuta a capire le persone, il mio lavoro e mi stimola sempre più a portare la mia arte nelle strade e a condividerla, perché Picasso diceva: “il quadro lo fa chi lo guarda, non chi lo dipinge”».

Così si presenta Smoe, street artist, appassionato d’arte fin da bambino. Studia architettura, grafica e design; lavora per alcuni brand internazionali: Greygooze, Armani Jeans, Fiat, Lucky record, Anas s.p.a., Mibact (ministero Beni attività culturali e turismo).  Su incarico di una associazione che si occupa di minori non accompagnati arrivati in Italia, partecipa ad un workshop nel carcere minorile della sua città e insieme ai ragazzi realizza, nel cortile dell’ora d’aria, un trompe-l’œil di 160 metri quadrati che raffigura un grande “buco nel muro”.

SMOE

«Dopo avere fatto amicizia – racconta Smoe – abbiamo messo insieme le idee. Il cortile dell’ora d’aria è un posto non facile perché, dopo la cella, è l’unico posto dove ci si può un po’ sfogare: uno spazio 10 x 15, con muri alti 10 mt e alla fine del muro ci sono inferriate alte 6 metri». Una realtà particolare, quella del carcere, dove le cose sembrano perdere la loro prospettiva. «Quando ho dovuto spiegare ai ragazzi come si dipinge un cielo, non potevo spiegare come all’orizzonte il cielo  è più chiaro e poi, man mano che sale lo sguardo, diventa più scuro perché loro non vedevano l’orizzonte».

Il disegno diventa, allora, un ponte di speranza, uno sguardo gettato oltre quel muro. «Quello che dicevo sempre era: “Cercate di guardare oltre. Quando faccio i miei disegni faccio anche degli errori, è normale. Però nell’errore cerco di trovare un’altra via”. È una bellissima metafora per loro perché, da uno sbaglio, dovrebbero prendere qualcosa in più. Sono giovani, hanno bisogno di cambiare, ma anche di stare a contatto con persone che possono dare loro degli stimoli».

L’importanza dello studio, della cultura, è centrale nella vita e nell’esperienza di Smoe ed è il messaggio che vuole trasmettere ai giovani quando li incontra nelle scuole: «Dico sempre di studiare. Lo studio ti può liberare da te stesso, dai pregiudizi. Più conosci, più viaggi, più hai nel tuo bagaglio culturale, più puoi essere libero dai pregiudizi, libero anche nelle scelte. I ragazzi sono molto svegli. C’è chi ha le idee più chiare sul futuro, chi no, però hanno voglia di fare, si mettono in gioco».

Dall’esperienza nel carcere nasce il desiderio di realizzare, all’ingresso della città di Catanzaro, un murale di 135 metri quadrati di superficie dal titolo “Emigranti”, che racconta il fenomeno dell’emigrazione italiana durante i primi anni del ‘900. «È la prima grande opera della migrazione. I miei nonni hanno dovuto lasciare la Calabria ed emigrare, io sono stato un emigrante perché ho dovuto lasciare la mia terra e oggi sono ancora alla ricerca del mio futuro fuori dalla casa natale. Il murale è una cartolina dal passato: i viaggi di disperazione, di fortuna, le valigie di cartone, le speranze. È come dire: il passato era così, il futuro come dovrà essere?».

SMOE meridianam-4

Nel 2017, Smoe riceve l’incarico di realizzare un enorme murale alle porte di Catanzaro Lido. La nuova opera, prodotta da Anas s.p.a. e patrocinata dal ministero dei Beni culturali, dal titolo “Meridianam” – dal latino: “A Sud” -, racconta le migrazioni di questi ultimi anni nel Mediterraneo. «Sono contento di poter parlare di queste dinamiche che mi stanno a cuore – afferma Smoe -. Dal carcere minorile, dove ho conosciuto ragazzi accusati di essere scafisti, che poi non erano i veri scafisti, mi sono ritrovato immerso nelle vicende della migrazione. Quando ho realizzato Meridianam sono stato in alcuni centri di accoglienza in Calabria a parlare con i ragazzi che hanno fatto quel viaggio. È una narrazione che parte dal deserto, dalle barche in fumo, poi si arriva alla scena finale, al salto, che è l’accoglienza qui da noi, in Italia».

Migranti ed emigrati: siamo tutti alla ricerca di un posto migliore in cui vivere tuttavia, dice Smoe, «anche se questo è difficile, dovremmo fare in modo di rendere le nostre case un posto unico al mondo».

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