Stoviglie usa e getta o riutilizzabili? Attenti all’uso

A tre anni dall’entrata in vigore della direttiva europea Sup (Single Use Plastics) – recepita in Italia con il decreto legislativo 196/2021 -, che aveva l’obiettivo di ridurre l’uso della plastica monouso non biodegradabile e non compostabile, Legambiente presenta una nuova indagine pubblicata il 31 marzo 2025, dal titolo Usa e getta o riutilizzabile? Facciamo chiarezza! L’indagine del cliente misterioso.
Oggi nel nostro Paese possono essere acquistati prodotti in plastica riutilizzabili più volte – posate, bicchieri, piatti, vaschette, etc -, ma che spesso creano gran confusione nel cittadino che li considera prodotti usa e getta, perché mancano delle informazioni sulle etichette.
«È un gran pasticcio che alimenta la produzione di plastica tradizionale, contraddicendo l’obiettivo della direttiva europea, e mette seriamente a rischio la filiera industriale nazionale della chimica verde e delle bioplastiche, fino ad oggi leader a livello globale – sottolinea Legambiente – La scarsità e le informazioni fuorvianti sul riutilizzo, unite anche alla mancata definizione del concetto ‘riutilizzabile’ nella Direttiva Sup sulla plastica monouso e nel decreto legislativo di recepimento 196/2021, fanno sì che spesso piatti, bicchieri e posate in plastica, presenti sugli scaffali dei negozi e che si definiscono ‘riutilizzabili’, dopo essere stati utilizzati la prima volta, vengono poi gettati esattamente come fossero ‘usa e getta».
L’indagine
Legambiente ha preso in esame 317 prodotti di 70 marchi diversi: 57% piatti, 27% bicchieri, 12% posate e 4% coppette, vaschette e vassoi. L’obiettivo è stato quello di verificare le informazioni presenti sulle confezioni: possono andare in lavastoviglie o nel microonde? E nel forno tradizionale? A che temperatura? Quanti lavaggi possono subire? Dopo vari utilizzi, quando il prodotto raggiunge il fine vita, dove va gettato per la raccolta differenziata?
Il 38% dei prodotti presi in esame non specifica il numero di lavaggi massimi o consigliati. Solo l’8% dei prodotti riporta la possibilità del loro uso sia in lavastoviglie sia al microonde ma, nel caso del lavaggio, nel 25% dei casi non è specificato se i prodotti possono andare in lavastoviglie e, laddove specificato, nel 60% dei casi non viene indicata la temperatura e la modalità di lavaggio. Rispetto all’utilizzo del prodotto nel microonde, è riportato solo nel 30% dei casi (circa un prodotto su tre) ma nel 43% dei casi in cui è esplicitato è assente l’informazione sulla temperatura.
Anche nel campo delle certificazioni regna il caos. Nel 70% dei casi non riguardano la riutilizzabilità ma altri aspetti come la certificazione di qualità dell’azienda, la gestione ambientale, la sicurezza sul lavoro, l’Haccp. Anche le informazioni sull’origine dei prodotti non è chiara. Sebbene l’83% sia di origine europea (di cui il 77% prodotto in Italia) viene spesso riportato solo il fatto che il prodotto è importato e distribuito in Italia e nel 5% dei casi l’informazione sull’origine del prodotto è assente.
«Con questa nostra indagine – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente – abbiamo voluto accendere un faro su un paradosso tutto italiano rispetto alla direttiva Sup, che mette a rischio l’obiettivo di ridurre l’uso della plastica usa e getta e minaccia seriamente la leadership della filiera nazionale della chimica verde e delle bioplastiche. Chiediamo al governo Meloni di colmare il vuoto normativo creato dalla direttiva europea e dal decreto legislativo 196/2021 per evitare che i vecchi prodotti monouso in plastica, messi alla porta dalla normativa comunitaria, rientrino dalla finestra, cambiando solo il nome, da ‘usa e getta’ a ‘usa e getta riutilizzabile».