Storie di normale eroicità

Dalla ginecologa uccisa mentre soccorreva un ferito ai ragazzi che hanno estratto due coetanei dall'auto distrutta dopo un incidente, al camionista che ha bloccato l'autostrada per salvare una bambina: quando si sceglie di aiutare gli altri, anche mettendo in pericolo la propria vita
Eleonora Cantamessa

L’ambulatorio è semplice, ma si vede subito che è stato curato da mani femminili, dolci, come i vasi dei ciclamini posizionati con cura per abbellire l’ambiente. La targa degli orari di visita indica la chiusura alle 17 del pomeriggio, ma Eleonora Cantamessa (nella foto), 44 anni, medico ginecologo, in questi locali si fermava ben oltre quell’orario. Perché dalle 17 in poi si formava un’altra fila, fatta di donne di tanti Paesi stranieri, di altre culture ed etnie, senza assicurazione sanitaria, senza permesso di soggiorno. Senza soldi per pagare. Lei le visitava e le curava tutte. Non erano un altro tipo di pazienti: erano persone semplicemente non in regola dal punto di vista legale. Ma questo non comportava per Eleonora nessunissima differenza: la dottoressa le visitava con la stessa cura e la stessa attenzione.

«Era più forte di lei – confida un amico –. Eleonora non si tirava indietro mai, non esistevano la fine del turno, il riposo settimanale, la vacanza. Eleonora dal conseguimento della laurea è sempre stata medico 24 ore su 24». E per lei tutti i pazienti erano uguali. «Con tutti era gentile, accogliente, generosa».

«Qui siamo tante, arrivate attraverso un tam tam – racconta una signora di colore –. La dottoressa Eleonora era un medico sì, ma sapeva accogliere la nostra umanità, ci ascoltava, ci consigliava. Ci aiutava in mille modi. E poi quando nasceva il bimbo faceva grande festa con noi. Era come se quel figlio fosse anche suo». E così era facile sentire la dottoressa come una sorella, una persona della mia famiglia. Un ricordo tenerissimo ce lo racconta la mamma: «Eleonora aveva comprato un ciondolo appeso a una catena, lo aveva notato a una donna incinta e lo aveva voluto anche lei. Mi ha detto "Senti, senti mamma, questo è il suono degli angeli"».

A Trescore, nel bergamasco, Eleonora è sulla bocca di tutti. La sua morte ha messo in risalto questa dottoressa in maniera straordinaria, ha esaltato la sua generosità, senza misura. Fino a far dono della propria vita pur di salvarne un’altra. Forse non sapeva che il ferito che andava a soccorrere era un aggressore, aggredito lui stesso in una lite. E mai avrebbe immaginato che il soccorso a quell’uomo l’avrebbe pagato con la propria vita. Ma vogliamo credere che forse, anche se se lo fosse immaginato, Eleonora non avrebbe rinunciato ad offrire soccorso.

Così come hanno fatto due altri giovani: Jacopo e Nicola, che vista un’auto in fiamme si sono fermati per soccorrere gli occupanti. Sempre nella bergamasca, questa volta a Cazzano Sant'Andrea. Il loro coraggio è stato grande perché l’auto poteva esplodere e le loro vite saltare in aria in un secondo. Ma vale la pena giocarsela, la vita, per tentare di salvarne altre due. E così hanno fatto nonostante i curiosi fermi sul ciglio della strada, immobilizzati e impauriti, osservatori di una tragedia destinata a concludersi nel peggiore dei modi, gridassero loro: “Non fatelo, per carità”. E invece loro la carità l’hanno vissuta, rischiando di bruciare in quattro, invece hanno vinto, col loro coraggio, salvando altri due loro amici vittime di un brutto schianto.

Storie di giovani, fatti positivi. Fatti di ordinaria “eroicità”. In pochi giorni si è usato la parola “eroico”, per raccontare questi episodi, ma tanto per citare ancora un altro fatto di straordinaria generosità, sempre accaduto ancora da queste parti, questa volta in autostrada: quello dell'autista serbo che ha sbarrato con il suo tir l'arrivo delle auto per permettere ai soccorritori di estrarre una bambina dalle lamiere di un auto, e che ha detto ai cronisti: «Non chiamatemi eroe, ho fatto una cosa normale».

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