Storie di fraternità che sfidano la globalizzazione

Nella cittadella dei Focolari, in Kenya, i giovani si scambiano progetti e storie per rispondere alle sfide dei propri Paesi. Sorprendono la creatività e l’impegno, capaci di interrogare anche le istituzioni pubbliche. Le testimonianze di Benedicto della Tanzania e di Blossom e di Evol dell'India. Dalla nostra inviata a Nairobi
Giovani per un mondo unito Africa

Quando Benedicto, un giovane infermiere dell’ospedale di Iringa, si è trovato di fronte all’emergenza sangue del suo reparto, ancora non sapeva che la sua richiesta di aiuto avrebbe messo in moto un’azione di solidarietà nazionale.

In Tanzania, paese ai margini della povertà, il sangue è davvero un bene prezioso. La sua ordinaria carenza nelle strutture pubbliche è una delle cause di mortalità nel Paese. Quel giorno nel reparto di maternità dove lavorava la sua amica Victoria, erano arrivate tante mamme per prepararsi al parto, ma erano state rimandate a casa: nel laboratorio non c’era nessuna sacca di sangue. Benedicto a casa si è portato invece la preoccupazione e il desiderio di trovare una soluzione a quest’assurdità. Lo ha confidato ai giovani dei Focolari con cui da tempo condivide un cammino spirituale e di attenzione alle necessità di chi è ultimo. La soluzione è venuta proprio dal gruppo. Perché non proporre una raccolta pubblica di sangue?

«È vero che nel nostro Paese abbiamo poco da condividere, la miseria è talvolta schiacciante. Ma il sangue lo possediamo tutti, è dentro di noi, non dobbiamo avere soldi per comprarlo in qualche negozio». E così parte una lettera di richiesta agli amici, che ben presto si estende ai conoscenti. Il sangue arriva e il capo del laboratorio confessa di non aver mai visto una tale generosità e un tale impegno corale, durante tutta la sua carriera. In poche ore si sono materializzate 22 sacche. Tutto questo nel 2010. Negli ultimi quattro anni l’iniziativa di questo gruppo di giovani si è estesa al punto di essere un riferimento ufficiale per le istituzioni sanitarie del Paese e in gennaio i giovani della Ruaha University a Iringa e quelli dell’istituto islamico di Dar el Salaam sono diventati donatori volontari.

Questo è uno dei progetti presentati durante Sharing with Africa, la settimana di scambio e di lavoro che i giovani per un Mondo unito dei Focolari stanno vivendo vicino Nairobi in Kenya. Ogni giorno ci sono due tempi dedicati ai progetti e alle testimonianze, alcune raccontate anche in streaming da altre nazioni del mondo. Un puzzle internazionale fatto di tasselli giovani che sulla pelle sperimentano contraddizioni e potenzialità dei loro ambienti, con aperture impensate a differenti modi di progettare e lavorare per il presente di questo pianeta.

Blossom viene da Mumbay. La sua passione sono gli algoritmi informatici, ma anche la pittura. La incontri negli intervalli intenta a disegnare su mani e braccia arabeschi con l’henne. «Un terzo dei poveri del mondo vive in India – racconta -. Il rischio di fronte a queste statistiche è l’impotenza e lo scoraggiamento. Abbiamo deciso che la migliore strategia è partire da chi ci sta accanto».

Con altri giovani indù e cristiani, che in questo Paese sono appena il due per cento, sono partiti dai bambini delle scuole di Bangalore. Il progetto di ridurre la povertà si è tradotto nell’educazione al risparmio. «Abbiamo distribuito piccoli salvadanai e poi dopo aver spiegato il significato del conservare, facciamo una verifica periodica». Da un anno, poi, hanno dato vita ad un’azienda di cioccolatini che in aprile sono diventate uova di Pasqua il cui ricavato viene usato secondo i criteri dell’Economia di comunione: un terzo per l’azienda, un terzo per i poveri, un terzo per formare ad una cultura di condivisione. Tra gli operai c’è anche Evol. Viene da una famiglia di separati e per un disagio fisico è spesso oggetto di beffe e bullismo. «La cultura della condivisione che proviamo a vivere nella nostra piccola azienda non poteva tagliarlo fuori. È una delle nostre braccia più importanti e finalmente anche nella sua vita si è aperta un’occasione di amicizia disinteressata e produttiva, perché molto del capitale iniziale della nostra mini azienda è suo». Questi sono solo alcuni dei tanti “frammenti di fraternità” esistenti: li chiamano in questo modo per sottolineare che seppur piccole, queste azioni sono in grado di generare cambiamento e novità: le due parole d’ordine di questi giorni.

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