Stop all’acciaieria a San Giorgio di Nogaro
Si potrebbe dire che alla fine l’hanno spuntata coloro che l’acciaieria, per quanto “green”, lì proprio non la volevano: parliamo di quella che sarebbe dovuta sorgere a San Giorgio di Nogaro (Udine), e rispetto alla quale la Regione Friuli Venezia Giulia avrebbe – il condizionale è d’obbligo, almeno secondo gli oppositori del progetto, e capiremo poi il perché – messo la parola fine.
A manifestare interesse per l’operazione erano stati il gruppo Danieli – multinazionale italiana con sede a Buttrio, tra le maggiori a livello mondiale nella produzione di impianti siderurgici – e l’omologo ucraino Metinvest; che già nel 2022 si erano mossi per l’individuazione di un sito idoneo alla costruzione di un’acciaieria “sostenibile”, settore in cui il gruppo Danieli ha in effetti pesantemente investito negli ultimi anni in quanto a ricerca e sviluppo. L’interesse di Danieli ad avere un impianto di proprietà sulla costa, nei pressi di un porto come appunto San Giorgio di Nogaro, è facilmente comprensibile.
La cosa aveva però suscitato vive reazioni sia da parte della società civile che delle amministrazioni locali: la zona d’interesse era infatti quella dell’Aussa Corno, già nota per l’omonima zona industriale, e protagonista di controverse vicende sia economiche (il relativo consorzio è stato commissariato e poi liquidato) che ambientali (basti citare la presenza a Torviscosa dell’ex industria chimica Caffaro, tra le altre, e il fatto che la bonifica dell’area non possa ancora dirsi compiuta). La cosa è ritenuta particolarmente preoccupante in quanto l’Aussa Corno si trova a ridosso della riserva naturale che comprende la laguna di Grado e Marano: zone particolarmente delicate, nelle quali anche uno stabilimento “verde” porrebbe problematiche non indifferenti. Anche supponendo che l’impatto ambientale delle lavorazioni fosse minimo, sarebbe comunque necessario effettuare pesanti lavori infrastrutturali – su tutti quelli di dragaggio per permettere alle navi di giungere fino a lì, rischiando di sollevare fanghi contaminati in virtù della bonifica mai completata – compromettendo il delicato equilibrio dell’area. Se quindi alcuni di questi lavori, come fatto notare dalla Giunta regionale, sono comunque necessari per la fruibilità dell’area, quelli indispensabili per l’acciaieria andrebbero ben al di là.
Sono così state raccolte quasi 25.000 firme contro l’opera, depositate nelle mani del presidente della Regione. Proprio la Regione, infatti, è finita a più riprese sotto il fuoco incrociato di opposizioni e associazioni per quelli che sono stati interpretati come tentennamenti preoccupanti: per quanto la Giunta avesse a più riprese assicurato che la costruzione dell’acciaieria era puramente un’ipotesi allo studio, e che i ripetuti incontri con le aziende interessate avevano appunto lo scopo di verificarne la fattibilità, hanno sollevato molti dubbi le ingenti spese (stimate in totale in oltre 900 mila euro) per studi e progettazioni propedeutici all’opera: cifra giudicata sospettosamente eccessiva per una semplice ipotesi, e che avrebbe a loro dire segnato la volontà di procedere in ogni caso con l’acciaieria o con altre opere analoghe.
Il primo settembre tuttavia l’Assessore regionale alle Attività produttive e Turismo, Sergio Emidio Bini, ha dichiarato che «In seguito agli approfondimenti svolti e vista anche la complessità della manifestazione d’interesse pervenuta, è emerso come nell’area industriale Aussa Corno sia opportuno prediligere altre tipologie di investimento, in un’ottica di maggiore compatibilità con il territorio interessato, anche tenuto conto delle osservazioni e valutazioni manifestate dai Comuni dell’area»: affermazione che sposa quindi la tesi di associazioni ed enti locali, che avevano anche recentemente manifestato a San Giorgio. Gli oppositori del progetto, naturalmente, si dicono pronti a vigilare affinché non ne vengano proposti di analoghi in futuro; e più in generale sul futuro dell’area, dato che le criticità relative alla tutela ambientale della zona persistono.