Stille Nacht, un canto tedesco a Scanno
Era il 1943, e la gente di Scanno si preparava a vivere una vigilia di Natale molto diversa dal solito, non solo perché quell’anno sarebbe stata senza neve. Risuonavano ancora nelle orecchie di tutti le parole del proclama del capo del Governo Badoglio, diffuse solennemente alla radio solo pochi mesi prima: «Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta».
Insomma, la guerra sembrava davvero finita, e questo lo credevano – o lo speravano – in molti, anche in paese. Ma non andò proprio così. Intanto, a Scanno arrivarono i tedeschi. E requisirono alberghi, case, animali, le scorte di cibo. Il fatto è che, dopo l’8 settembre 1943, era stato nominato comandante delle forze armate tedesche in Italia il feldmaresciallo Kesselring, che pensò bene di sfruttare le asperità geografiche della penisola per frenare l’avanzata Alleata, creando delle linee difensive. Scanno si trovava proprio sul limitare della linea chiamata “Gustav”, che tagliava trasversalmente in due la Penisola, dalla foce del Sangro, nel pescarese, a quella del Garigliano, nel golfo di Gaeta.
Poi, a Scanno avvenne un fenomeno straordinario: la popolazione cominciò a raddoppiarsi, addirittura a triplicarsi, senza che gli occupanti tedeschi se ne avvedessero. Erano arrivati gli sfollati. Abitavano nascostamente le soffitte, le cantine, le stalle della gente di Scanno. Li chiamavano “sfollati”, ma lo sapevano tutti che si trattava di soldati inglesi fuggiti, dopo l’armistizio, dal campo di concentramento di Fonte D’Amore, a Sulmona, e da altri campi del Centro Italia. Tra di loro, c’erano anche soldati italiani che avevano rifiutato di arruolarsi nell’esercito della Repubblica di Salò, e che ora aspettavano la fine dell’inverno per attraversare l’Appennino, e ricongiungersi all’esercito che andava costituendosi giù al Sud. Come, per esempio, l’occupante della soffitta della signora Concetta Puglielli, il sottotenente Carlo Azeglio Ciampi, che scrisse: «Posso testimoniare di persona, per esserne stato beneficiario, di quello che fu l’atteggiamento degli abruzzesi nei confronti di coloro che si trovavano in condizioni di bisogno, fossero essi prigionieri alleati, fossero essi ebrei, fossero ufficiali o soldati dell’esercito italiano. Io qui passai alcuni mesi con alcuni amici, in particolare con un amico ebreo, un vecchio amico livornese. E un episodio, in particolare, mi è rimasto impresso nella mente. Quando, camminando una sera per una piccola via di Scanno, da una finestra un’anziana scannese mi fece un cenno, mi invitò a salire nella sua casa e mi offrì un pezzo di pane e un pezzo di salame.»
Con la spontanea naturalezza della gente di montagna, gli abitanti di Scanno si adoperarono con grande umanità per proteggere dai tedeschi gli ex prigionieri di guerra, come gli stessi ricordano, dividendo “il pane che non c’era”.
Ma torniamo a quella vigilia di Natale. Quel mattino, la maggiore preoccupazione di don Pietro Ciancarelli era la messa della vigilia: con il coprifuoco alle sette di sera, avrebbe dovuto celebrare in pieno giorno! Questa cosa non gli andava proprio giù. Così, si fece coraggio e decise di affrontare il Comando tedesco. Forse, fu la sua grande capacità oratoria o il suo entusiasmo, fatto sta che poche ore dopo era fuori del Comando con tanto di autorizzazione scritta a celebrare la messa alle 20 e il coprifuoco spostato, solo per quella notte, alle 22.
Al suono della campana che annunciava la celebrazione, le strade si riempirono di gente festosa, allegra, le ragazze vestite con l’abito migliore, come da tempo non succedeva. Anche Gaetano Pagliari, che a quei tempi aveva 21 anni, uscì di casa per raggiungere la chiesa parrocchiale di Santa Maria della Valle. Ricorda: «La chiesa era gremita di un’insolita moltitudine di fedeli. C’era la gente di Scanno, c’erano gli sfollati, come li chiamavamo noi. Non avevo mai visto la chiesa così piena!»
Oggi Gaetano, meglio conosciuto come Tanino, ha 94 anni e ricorda ancora la magia di quella sera in cui il Natale vinse sulla guerra. «Il sacro rito si stava svolgendo nella normalità, quando all’offertorio, nel silenzio più profondo, dal fondo della chiesa, dove si trovava l’organo monumentale, sentimmo partire un canto celestiale mai sentito prima!».
Curiosi e sorpresi, tutti i partecipanti alla celebrazione si voltarono di scatto verso il fondo della chiesa. «A quel punto, scoprimmo una ventina di soldati tedeschi, di nazionalità austriaca, vestiti in alta uniforme, allineati compatti mentre intonavano il canto natalizio Stille Nacht! Era il loro modo di festeggiare la Notte Santa, lontani da casa, lontani dalle loro famiglie.»
Si racconta che, quella sera, a Scanno si piansero lacrime di commozione e gioia. Durante gli attimi sospesi di quel canto, caddero le divisioni, gli odii, e ci si scoprì tutti, semplicemente, esseri umani.
Questa storia, chissà perché, fu raccontata solo quindici anni fa da qualche nonno, dopo decenni di silenzio. Da allora, alla fine della messa di Natale, don Carmelo, parroco oggi ottantenne di Scanno, si siede e, a quel punto, il coro parrocchiale intona Stille Nacht. E’ l’inno di pace che Scanno dedica al mondo, in ricordo di quella lontana vigilia speciale.