Stefano Vitali, vivo per miracolo
Stefano Vitali porta con sé una storia importante, di rinascita. Di monito, di speranza, per quanti scettici, atei, agnostici, disperati, affaticati, cercano appigli per credere, per alzare gli occhi al cielo. O, semplicemente, per non abbattersi con facilità al primo ostacolo, anche di salute.
Stefano, marito e padre di famiglia numerosa e all’apice della sua carriera politica, aveva quasi 40 anni, quando comincia a dimagrire. A seguito di vari esami, scopre d’avere un tumore al colon, che si diffonde presto in tutto il corpo. È arrivato quasi al game over, quando apprende che don Orenze Benzi (della Comunità Giovanni Paolo XXIII) del quale era segretario personale, aveva preso a pregare e far pregare per lui, invocando l’aiuto di una giovane anima, morta in odore di santità, a soli 22 anni: Sandra Sabattini.
Vicina ai poveri, ai disabili, ai tossicodipendenti, Sandra era una ragazza riservata e sorridente, sempre disponibile, pronta a dare il suo Sì agli altri e a Dio. Così fin da piccola. Ottima scolara, amava dipingere, suonare il pianoforte, correre come velocista in una squadra d’atletica leggera. Portava sempre una coroncina del rosario con sé. A 12 anni, poi, la folgorazione: incontra don Oreste, che le propone di partecipare ad una vacanza con dei ragazzi disabili, sulle Dolomiti. Un’esperienza intensa: «Ci siamo spezzati le ossa, ma quella è gente che non abbandonerò più». E così è, per il resto della sua vita.
Studiosa di medicina, coltiva il sogno di partire anche come missionaria in Africa, sente che la sua vita non le appartiene. Il 29 aprile del 1984, a soli 22 anni, Sandra rimane però vittima di un terribile incidente stradale. Stava recandosi proprio ad un incontro della Comunità Papa Giovanni XXIII. Durante il funerale don Oreste afferma: «Sandra ha compiuto ciò per cui Dio l’ha mandata. Il mondo non è diviso in buoni e cattivi, ma in chi ama e chi non ama. E Sandra, noi lo sappiamo, ha amato molto».
In tanti, in tantissimi l’hanno pregata perché Stefano Vitali guarisse. E la sua guarigione miracolosa, inspiegabile dal punto di vista scientifico, è avvenuta il 2 ottobre del 2019; con questa, Sandra, il 14 di ottobre c.a. (dopo una causa durata circa 14 anni) è divenuta “beata”, per volere di papa Francesco. La giovane sarà «la prima fidanzata santa» ammessa all’onore degli altari, giudicata dal Vescovo di Rimini come «icona credibile e attraente della santità della porta accanto».
Stefano Vitali, che non ha conosciuto Sandra di persona ma attraverso i racconti che don Oreste ha fatto pubblicare (ossia il diario di Sandra), ha raccontato la sua storia in Vivo per miracolo (Sempre editore). Un testo positivo, in cui il nostro autore parla della sua vita di ieri e di oggi, delle missioni in giro per il mondo che compie per portare un sorriso a chi fatica ad averlo e che finisce per ricambiarlo doppiamente. Abbiamo avuto il piacere di scambiare con lui qualche parola.
La domanda «Perché proprio a me?», carica dapprincipio di rabbia e dolore dinanzi ad un tumore aggressivo è divenuta, col tempo, per lei gioiosa, perché ha compreso d’essere stato miracolato?
In realtà «Perché proprio a me» non è mai stata una domanda gioiosa, ma un interrogativo che per anni mi ha accompagnato generando anche un senso di angoscia. Perché il Signore aveva scelto me e non altri, magari più meritevoli. Non sempre la coscienza di essere un miracolato si porta dietro il senso di gioia. Quello che a me ha dato pace è capire che potevo restituire il tempo che mi era stato donato.
Com’è cambiata la sua prospettiva nei confronti della preghiera, della fede? Ha, dunque, valore pregare, appellarsi alle anime in cielo?
La mia prospettiva nei confronti della preghiera è cambiata perché ho capito che la “preghiera del cuore” che le persone fanno su di te ha come primo risultato quello di donarti la pace. Affrontare la malattia con un animo sereno di per sé è già un miracolo. Quando qualche familiare di persone malate o qualcuno che sta affrontando la malattia mi chiedono qual è la richiesta principale da fare al Signore, io ora infatti rispondo: «Chiedete principalmente la serenità e la purezza del cuore».
Una preghiera che affascina e coinvolge…
Sì, chi prega con tale disposizione d’animo, finisce per travolgere, trascinare altri con sé, desiderando insieme la gioia, pur nel dolore. Gesù, prima di resuscitare Lazzaro, ricordiamo, pianse. Il miracolo e l’azione che compì dopo derivano proprio dallo stato del suo cuore. Ecco allora che la preghiera del cuore di un individuo che riesce a diventare preghiera del cuore di tanti può anche guarire, e ha guarito una persona come me, a cui avevano dato pochi mesi di vita.
Da uomo “rinato”, com’è cambiata la sua percezione del tempo, della malattia?
Quello che è cambiato da uomo rinato per me è, sicuramente, il valore del tempo, il dono più grande che il Signore ci ha fatto, la cui importanza tendiamo a sottovalutare, a dimenticare. È solo quando capisci di non avere più tempo che riscopri il suo valore. Scopri che il tempo non è tuo, ma deve essere un dono che tu fai agli altri, fino ad arrivare al punto di scegliere di non dire mai a nessuno “non ho più tempo”. Il dono più grande che mi ha fatto la malattia è stato quello di avere riscoperto addirittura il valore dell’istante, delle piccole cose.
Come e di cosa vive oggi? Quali sono le sue priorità?
Oggi io vivo, come ormai da 32 anni, in una casa-famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII e seguo attraverso l’ONG della Comunità, i progetti che i nostri missionari realizzano nei Paesi in via di sviluppo. Prima della pandemia, circa 10 giorni al mese, ero fuori Italia in visita alle nostre realtà. Adesso, pian piano, sto ripartendo. La mia priorità oggi è quella di vivere non secondo quello che voglio fare, ma secondo quello che mi viene richiesto di fare. Ho passato una vita prima della malattia a scegliere quello che mi conveniva di più. Restituire il tempo significa per me affidarsi, anche quando non capisci il perché. È un po’ vivere la mia vita come i servi alle nozze di Cana. Maria dice loro: «Tutto quello che vi dirà di fare, fatelo».
Chi era per lei Sandra Sabattini e quale crede sia il messaggio più importante che le ha lasciato insieme a don Oreste Benzi?
Sandra era una ragazza con tantissimi doni, che metteva al servizio degli ultimi. Diceva Sì a qualsiasi proposta le venisse fatta e non si poneva il problema se da quella proposta potesse trarne un tornaconto personale. Lei sapeva che quel Sì era fare la volontà di Dio e che il Signore l’avrebbe poi condotta per mano. Attraverso quel Sì e quella fiducia, lei ha trovato quel sorriso (che io chiamo il sorriso di Dio) che solo le persone che si affidano e dialogano con Dio hanno. Questo è quello che Sandra mi lascia. Don Oreste mi ha aiutato a capire che il Vangelo che noi seguiamo è il Vangelo del riscatto degli ultimi, che il nostro compito non è solo quello di stare insieme ai più poveri, ma soprattutto quello di battersi perché ci sia più giustizia su questa terra.
Qual è il messaggio che Stefano Vitali vuol dare?
Vivere come Sandra e Don Oreste non solo è possibile, ma ti porta in dono la felicità.