Star o classici ?
Vorrei vivere a GLUBBDUBDRIB e invece devo vivere a LAGADO e a LUGGNAGG, se non tra gli YAHOO. Il lettore mi perdoni se incomincio queste riflessioni in stampatello, ma è per evitare a chi stampa di sbagliarsi troppo. I viaggi di Gulliver sono un geniale capolavoro del primo Settecento, destinato ad essere coevo dell’umanità perché oggi è attuale come e forse più di ieri. Jonathan Swift vi ha profuso il tesoro della sua intelligenza e della sua poesia schiva, nascosta sotto l’apparenza dell’esibizione. Il protagonista, non eccelso, compie viaggi mirabolanti e destabilizzanti in modo che la disillusione diventa insegnamento di saggezza. Tutti ricordano Lilliput, dove uomini piccolissimi immobilizzano a terra il gigante Gulliver, ma pochi le descrizioni-insegnamenti degli altri luoghi e degli altri popoli. Scorrendole, e riconoscendo nella loro filigrana i segni del nostro tempo, del suo contraddittorio incivilimento-imbarbarimento, che sono veri entrambi e convivono, vorrei fare qualche breve considerazione utile a non restare schiacciati dalla contemporaneità che tutto uguaglia e omologa (solo il nulla s’accresce, diceva Leopardi), a osservarla con un minimo, o più che minimo, distacco. Il lettore avrà riconosciuto tra i vari strampalati (ma non immotivati) nomi swiftiani, quello degli Yahoo, che oggi si è autoassegnata una potente emittente su Internet: in Swift gli Yahoo sono una dura, sarcastica caricatura degli uomini del suo tempo, inconsapevolmente creature ributtanti e spregevoli (Masolino D’Amico); e che oggi invece sembrano, nel nostro tempo, divertirsi ad esserlo. Luggnagg è la patria degli uomini che sono costretti, con grande loro costernazione, a vivere la vita mortale in eterno, mentre noi, a quanto pare, col favore dell’anarchica manipolazione genetica, vorremmo ottenerla al più presto. (Io no). A Lagado c’è un’Accademia di inventori maniaci che tra l’altro costruiscono una macchina per fare letteratura, che tanto mi ricorda le per me incomprensibili, deleterie e controproducenti Schools of creative writing, le scuole per, presuntuosamente, imparare a scrivere, come se non bastassero le comuni scuole fatte bene, e, con la buona cultura, un buon talento. Ma è soprattutto a Glubbdubdrib che vorrei soggiornare a lungo: lì ci sono dei maghi che evocano personaggi storici del passato, apprendendo così dalla loro viva voce e irrefutabile testimonianza le verità storiche, che sono distorte o manipolate o contraffatte nei manuali di storia. Vi siete accorti che ogni tanto, anzi ogni poco, qualche bell’intellettuale da noi si scaglia contro i revisionisti, e proprio mentre quelli buoni (come Giampaolo Pansa) cercano di scoprire verità, o almeno migliori approssimazioni alle verità, che le ideologie tengono prigioniere o falsificano? La storia (storiografia) è infatti, se è una cosa seria, un’accurata, costante, faticosa, meritoria rivisitazione e revisione del passato, per falsificarne (ovvero riconoscerne false, grazie Popper) le apparenti verità, le falsità tramandate volontariamente o involontariamente. Se non è questo, che altro è la pomposa storia, se non quella descritta da un altro capolavoro imperituro – anche se meno letterariamente grande -, 1984 di Orwell, in cui la narrazione dittatoriale del passato è regolata dai tre dittatoriali principi di: mutevolezza (a seconda degli interessi odierni); neolingua (per cui si modificano o si sopprimono vocaboli inopportuni) e bispensiero (si pensa una cosa ma anche il suo contrario, secondo convenienza)? Come mai oggi ci si scaglia contro il revisionismo, si vuole diventare immortali e si cerca la cultura da macchinette, letteratura compresa, se non perché si scivola, più o meno coscientemente, verso la barbara condizione degli Yahoo? Ben venga tutto il progresso possibile, ma neppure un’oncia se mi toglie un’oncia di umanità. Vorrei continuare ad essere mortale, pur vivendo un po’ di più e un po’ meglio (se Dio lo vuole); autorizzato a non bere le favole storiografiche – sono la maggioranza in percentuale di ciò che si può leggere nella quasi totalità dei libri di storia – e a tenermi ben lontano dalle scuole di scrittura creativa, che sono come quelle per imparare a friggere l’aria e a servirla tagliata in graziose fettine. Certo, si può pensarla molto diversamente da me, specie in quest’ultimo caso; ma non credo sia facile rispondere alla mia domanda: ammesso che un comune mortale non inebriato dai luoghi comuni delle falsità storiche e delle mode attuali abbia del talento e voglia imparare a scrivere, perché mai dovrebbe avere per maestri dubbie star del mercato piuttosto che i grandi classici sempre disponibili e comprovati dal tempo?