Stamina: tra cuore e scienza
Tutto quello che finora si sa di questo metodo, è che promette una cura a base di cellule staminali adulte estratte dal midollo osseo dei pazienti (o loro familiari), manipolate e infuse nuovamente nei tessuti. Non toglie altri farmaci, ma si associa ai farmaci in uso.
Questa cura la chiedono molte persone affette da malattie "inguaribili”. In particolare bambini affetti da una malattia terribile, l’atrofia muscolare spinale o SMA-Spinal Muscular Atrophy. Questi bimbi, colpiti dalla forma più grave, soffrono infatti di gravissimi danni motori e non sopravvivono a causa di una grave insufficienza respiratoria. Ma Vannoni dice che può curare con il suo metodo anche demenza (un milione di soggetti in Italia), ictus cerebrali (circa 930 mila), Parkinson (circa 250 mila), SLA (circa 4000), malattie genetiche. Praticamente quasi tutti i danni neurologici potrebbero giovarsi di questa “mirabile” terapia.
Ma cosa pensa il cittadino medio? Perché vietare la “cura compassionevole”, se nient’altro può salvare questi malati? Anche ammesso che siano finiti nelle mani sbagliate, perché non finanziare questa terapia se davvero funziona?
Il Parlamento, in tempi di crisi come quello attuale, ha stanziato 3 milioni di euro per la sperimentazione proposta dalla Stamina Foundation. E molti parlamentari hanno incontrato nei mesi scorsi i malati promettendo loro un impegno per le cure compassionevoli con questa “nuova” terapia.
Una cura è definita compassionevole se ha dimostrato di non essere tossica per chi la riceve (fase I della sperimentazione) e che può dare benefici oggettivi nel curare la malattia (fase II). Nessun trattamento che non abbia superato queste prime due fasi può essere utilizzato come cura compassionevole. Anche se non è ancora stata sperimentata su un numero ampio di persone (fase III), tale cura può essere concessa gratuitamente (anche dalle industrie farmaceutiche) a un numero limitato di malati per i quali i trattamenti normalmente usati non sono serviti e non sono disponibili altre cure utili.
Ma nel caso Stamina c’è un grosso equivoco di fondo, perché l’uso compassionevole di terapie geniche e terapie cellulari, regolamentato anche dal decreto Turco-Fazio del 2006, autorizza in casi estremi trattamenti non ancora approvati o registrati per altre patologie, secondo regole ben chiare: ci devono essere dati scientifici che ne giustifichino l’uso, e che questo sia efficace, sicuro, affidabile, senza effetti collaterali importanti.
Non significa che, in mancanza d’altro, è ammesso praticare qualunque terapia sui pazienti, ma al contrario schierarsi dalla loro parte, come hanno ribadito in una lettera 21 associazioni, tra cui l’UILDM – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare
E intanto continuano a piovere sentenze emesse dai tribunali, che permettono la somministrazione di tale cura a carico del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Mentre si moltiplicano i programmi-spettacolo di sensibilizzazione, come Le Iene, che cercano di pilotare l’opinione pubblica verso scelte compassionevoli. Nascono addirittura movimenti pro Stamina e siti internet dedicati.
Ma andiamo in profondità.
Per staminali s’intendono cellule non ancora specializzate e in grado di trasformarsi in un’ampia gamma di cellule del nostro corpo. Le staminali mesenchimali usate da Vannoni sono presenti nel midollo osseo e hanno la capacità di trasformarsi in diversi tipi di cellule. L’unico effetto sinora provato della loro iniezione è però solo di tipo antinfiammatorio, con qualche documentato effetto di sollievo (possibile peraltro con altre terapie molto meno costose).
Questo però non risulta contrastare la distruzione dei motoneuroni legata a malattie come la SMA. Attualmente a livello scientifico internazionale sono state elaborate una decina di potenziali terapie per tali malattie, comprese quelle basate sull’impiego di cellule staminali, ma di contenuto completamente diverso. Negli Stati Uniti ad esempio sono state condotte sperimentazioni con staminali embrionali, trapiantate direttamente nel midollo spinale, che hanno mostrato risultati incoraggianti. Altri approcci terapeutici, su cui lavora anche Telethon, riguardano l’impiego di farmaci per stimolare la produzione della proteina carente, e la terapia genica nella quale si cerca di riparare il difetto nel Dna.
Ma chi è Davide Vannoni, il “padre” di questo “nuovo” metodo? Torinese di 44 anni, Vannoni non è un medico, ma un laureato in Lettere e Psicologia, da nove anni professore (associato) di Psicologia della comunicazione all'Università di Udine.
Prima di vincere la cattedra da professore, ha fondato la società Cognition nel centro di Torino. Si occupa di comunicazione e soprattutto di indagini di mercato. Fra i clienti di Vannoni: Forza Italia, Iren, Experimenta, Teatro Stabile di Torino, Aprilia. Gestisce un piccolo call center da venti posti, dove arrivano ragazzi che paga ad ore per fare le telefonate nelle ricerche cosiddette «quantitative». Guadagna molto bene, ed è inserito nella Torino che conta.
La storia delle cellule staminali nasce nel 2001 da una sua emiparesi facciale che nessuno sa spiegare. Improvvisamente non riesce più a muovere mezza bocca e ciò gli rende più complicate le relazioni pubbliche. Gli viene diagnosticato una forma di herpes e proposto una dolorosa operazione chirurgica, che si rivelerà inutile. Viene a conoscenza di certe cure con le cellule staminali che stanno sperimentando in Ucraina e vola a Kharkov dove si sottopone a un carotaggio del midollo osseo, con successiva coltura delle staminali, e reimpianto. «Un intervento tutt’altro che risolutivo» secondo quanto messo a verbale da diversi testimoni. Ma che Vannoni giudicherà interessante per il mercato italiano, al punto da chiedere ai due ricercatori ucraini di seguirlo a Torino, per importare la sperimentazione. Per lui da allora è naturale mettere in moto tutti i contatti per avviare la sua nuova idea imprenditoriale. Compra le attrezzature per conservare le cellule staminali: le piazza in uno stanzino nel sottoscala degli uffici di Cognition.
Cerca appoggi politici e li trova. Per esempio, nel deputato Benedetto Nicotra, ex-sindaco di Santena (Torino), luogotenente di Silvio Berlusconi in Piemonte. Molti soldi per le sue sperimentazioni sono arrivati ed altri ne sarebbero giunti di sicuro, se non fosse stato per i giovani impiegati di Cognition che vedendo passare malati e parenti, gente pronta a tutto per una possibilità di cura (insolita per un ufficio che si occupa di ricerche di mercato), denunciano la cosa. Si scopre così che fra il 2007 e il 2009, l'aspirante staminologo ha somministrato terapie mai autorizzate ad almeno 70 pazienti in condizioni disperate, che hanno pagato da 7 mila a 50 mila euro per poter effettuare il trattamento.
Nel novembre 2012 una commissione di esperti dell’Istituto superiore di Sanità, Agenzia Italiana del Farmaco e carabinieri del NAS, produce una relazione, firmata da uno dei massimi esperti di cellule staminali in Italia, Massimo Dominici, che dà una bocciatura senza appello del metodo. Le staminali utilizzate non solo sono inutili, ma addirittura “pericolose per la salute dei pazienti”e possono avere “effetti collaterali imprevisti”. Ne risulta che la metodologia è assolutamente inadeguata, il materiale biologico è maneggiato e inoculato senza rispettare le norme di sicurezza, con rischio di contaminazioni virale e batterica, in scantinati abusiviadibiti a laboratori.
Un quadro che coincide con quanto emerso dalla inchiesta da parte del pm Raffaele Guarinello sulla Stamina Foundation. Secondo le indagini preliminari, i pazienti sarebbero stati avvicinati attraverso video promozionali (in uno si mostrava un ballerino russo sulla sedia a rotelle che tornava a danzare dopo la portentosa terapia) e sottoposti a infusioni di staminali (identico protocollo per le malattie più disparate) alimentando pronte guarigioni.
Il gruppo di lavoro, allora si sposta: Torino, Carmagnola, San Marino, Trieste, Como, Brescia, dove in questo momento agli Spedali Civili è in corso la sperimentazione richiesta dal Ministero della Salute. Vannoni però non è solo. Dietro a lui Medestea, una multinazionale farmaceutica che commercializza prodotti cosmetici e integratori, si impegna a finanziare la Fondazione Stamina offrendo milioni di euro.
E cosa ne pensano le società scientifiche?
Al di sopra di tutti si erge il giudizio espresso dal recente premio Nobel per la Medicina 2012, Shinya Yamanaka – padre delle cosiddette staminali pluripotenti indotte (Ips), ottenute da cellule adulte riportandone indietro l'orologio biologico fino allo stadio di cellule ‘neonate’ – presidente della Società Internazionale per la ricerca sulle cellule staminali (Isscr).
Attraverso una dichiarazione ufficiale della Società, insieme ad altri illustri scienziati, ha infatti espresso viva preoccupazione per la decisione da parte del governo italiano di autorizzare l'uso nei pazienti di una terapia non provata a base di staminali. L'Isscr ritiene che le cure compassionevoli e innovative siano importanti, ma è pure convinto che trattamenti non testati dovrebbero essere offerti fuori dai trial clinici solo in circostanze limitate, laddove ci sia una fondata ragione teorica per credere che i pazienti possano trarne beneficio.
Questa eccezione – avvertono gli esperti – non giustifica la commercializzazione di terapie senza prova come nel protocollo Stamina. I principi dell'etica medica e i paletti regolatori – precisano – sono stati sviluppati attraverso i decenni proprio per rispondere alle istanze dei pazienti che avevano riportato danni durante le sperimentazioni sull'uomo. La Società internazionale sottolinea inoltre il ruolo cruciale che le revisioni indipendenti degli esperti e la vigilanza giocano nello sviluppo e nell'impiego di trattamenti cellulari, in particolare grazie all'attività di enti locali competenti e autorità regolatorie nazionali che hanno proprio il compito – ricorda la Isscr – di proteggere la salute umana e assicurare la qualità, l'efficacia e la sicurezza dei trattamenti medici.
E cosa dicono i massimi esperti italiani della ricerca sulle cellule staminali? Anzitutto che non si tratta di un protocollo di cui esista traccia nella letteratura scientifica se non due articoli ucraini sconosciuti come valore scientifico.
E poi ad alta voce chiedono al Ministro della Salute che il protocollo di isolamento, coltura, differenziamento e inoculo di cellule consegnato da Davide Vannoni all'Istituto Superiore di Sanità sia reso pubblico integralmente. Non esiste infatti ragione di segretezza. Non si tratta di un trial clinico sponsorizzato da un'industria; né di un protocollo protetto da brevetto. Inoltre la sperimentazione è promossa per legge e finanziata dallo Stato come conseguenza di circostanze eccezionali che secondo gli scienziati sono di disinformazione di massa e compromissione dell'ordine pubblico. Chiedono insomma che il Governo faccia chiarezza, per rispetto della comunità scientifica e tutela della salute dei pazienti.
E sul piano del diritto? Anzitutto non vi è sostanziale problema se si utilizzano anche terapie non scientificamente provate in cure compassionevoli – se rispettano i criteri di sicurezza per il paziente -, purché il pagamento sia effettuato con fondi privati. Esiste in Italia anche un diritto a ricevere cure gratuite in caso di malattia. Ma questo diritto, riguardando la possibilità di ricevere qualcosa da altri della società, deve necessariamente fare i conti con valutazioni tecnico-scientifiche. Ed oggi più che mai anche economiche.
Ciò non per non dare a tutti la possibilità di curarsi. Ma perché quando si destinano fondi pubblici, soprattutto se ingenti, ad una cura, si distraggono inevitabilmente (in quanto non esistono purtroppo risorse illimitate) da altre cure. E’ la base su cui si fondano tutti i processi e gli studi di economia sanitaria.
Se poi queste altre cure hanno più basi tecnico-scientifiche confermate, e magari hanno anche la possibilità con meno spesa di curare molte più persone, è logico che chi amministra il bene comune deve privilegiare queste scelte al di là della emotività. E ciò per il principio di giustizia alla base dell’etica applicata alla bio-medicina.
E qual è l’impatto sul piano economico?
Come si evince anche da un recente editoriale del Sole 24 ore, le cellule staminali per essere sicure devono venire coltivate nelle cosiddette cell-factory, che applicano le norme GMP (Good Manufacturing Practices). Ogni singola coltura di cellule viene così a costare almeno 30 mila euro. Ogni singolo paziente riceve in media 5 infusioni da 5 diverse colture. Se è vero che la Stamina Foundation ha dichiarato di aver già avuto 25 mila richieste di trattamento, e questo numero lo moltiplichiamo per i 30 mila euro a coltura in GMP e per cinque infusioni per malato, arriviamo ad una cifra di quasi quattro miliardi di euro. Se ci basiamo poi su quanto dichiarato da Vannoni che tutte le patologie rare (oltre 7 mila) possono essere trattate col metodo si arriva ad una cifra record di svariate decine di miliardi di euro.
Se si desse corda a questa impostazione che la cura Stamina deve essere a carico del Sistema Sanitario Nazionale, servirebbe una mega-manovra di governo solo per applicare questo metodo di dubbia efficacia; e poi forse dovremmo chiudere il resto degli ospedali e rifiutarci di dare spazio ad altre terapie, per tutte le altre patologie, per carenza di fondi.
Concludendo: il metodo Stamina non può essere riconosciuto attualmente come cura. Non è compassionevole, perché non ha ancora dimostrato di dare alcun vantaggio reale e duraturo al singolo paziente che sia superiore ad altre terapie più convenzionali e meno costose. La società che l’ha promossa è una società privata gestita da un laureato in lettere e psicologia, che è un vero esperto nelle indagini e nella promozione del mercato. Sono molto alti i potenziali guadagni privati legati allo sviluppo del metodo. Non ci sono pubblicazioni internazionali di valore sul metodo. Le ingiunzioni giudiziarie, unilaterali e senza alcun approccio multi-disciplinare, si appellano ad una legge che non ha un tetto di bilancio economico. I costi sono invece molto alti e reali, tanto che se tale metodo dovesse essere allargato a tutti i cittadini che ne avrebbero “diritto” il nostro SSN sarebbe destinato a fallire e si aprirebbe la sola possibilità di tornare ad una gestione esclusivamente privata della nostra salute.
Per quanto sopra esposto credo che razionalmente ci voglia una particolare sorveglianza e cautela prima di approvare una prestazione pubblica per una “non ancora” cura compassionevole, anche se le ragioni del cuore ci spingerebbero tutti a farlo, soprattutto se conosciamo e viviamo vicino a famiglie colpite da malattie così gravi e devastanti.
Ben venga quindi, finalmente, la sperimentazione in atto e la pubblicazione, quanto prima, dei risultati scientifici, che tutti speriamo siano quanto mai a favore del metodo.
Ma prima non dobbiamo alimentare illusioni e neanche vane speranze per la pletora di malati affetti dalle più svariate patologie, soprattutto se dietro allo sviluppo di tali terapie non vi sono centri di ricerca pubblici ed indipendenti, sorvegliati da esperti internazionali, ma piccole private società che rischiano di cercare scorciatoie, magari lucrando sulla sofferenza di qualcuno.