Srebrenica come memoria per l’Europa

Sono passati 20 anni dalla strage di 8 mila musulmani da parte dei serbo-bosniaci del generale Mladic
Srebrenica

Già 20 anni. Sembra ieri quando i Balcani si infiammarono per le irrisolte questioni nel puzzle etnico più complicato d'Europa. La Bosnia esplose nel conflitto tra serbo-bosniaci-ortodossi, croati-bosniaco-cattolici e bosniaci-musulmani. Mille sarebbero le battaglie da ricordare, ma una su tutte resta nella memoria perché non è stata una battaglia tra due eserciti ma tra le milizie serbo-bosniache comandate da Mladic e ispirate da Karadzic e una popolazione inerme, musulmana. Pulizia etnica. Genocidio. 

 

Visitando alcuni anni fa Srebrenica, più che dal sacrario ero rimasto impressionato dalla interminabile fila di villette nella valle che conduce al paese: quelle perfettamente funzionanti si alternavano con quelle scarnificate, disossate direi, private di tutto ad opera dei vicini. La pulizia etnica aveva ingenerato la mostruosità di un popolo,  che fino allora aveva vissuto relativamente in pace musulmani accanto a cristiani, trasformatosi in un Caino e in un Abele moltiplicato per mille. Una tragedia da cui a fatica i decenni permetteranno di risollevarsi. 8 mila furono gli uomini e le donne, quasi tutti maschi in realtà, uccisi nei boschi attorno a Srebrenica. 

 

La tragedia era stata aggravata e ingigantita dalla vergogna dei caschi blu olandesi che avevano consegnato per convenienza ed ignavia la città a Ratko Mladic, consentendogli di operare a suo piacimento. La memoria deve restare. Il nazismo non ha cancellato nei popoli europei la potenzialità dell'abominio genocida. Siamo capaci di pace duratura ma non siamo innocenti. Non siamo purificati, noi europei. La vigilanza deve continuare.

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