Sprazzi di Festa

Dal nostro inviato il resoconto dalla dodicesima edizione della Festa del cinema di Roma

È cominciata bene la festa romana. Buoni film, in genere, anzi qualcuno ottimo. Gente (non folle), giornalisti, star adorate dal pubblico, specie i teeen-agers con Xavier Dolan, 28 anni, regista canadese prodige, che non ha portato nessun film, ma sé stesso in biondo  platino. Dicevamo buoni film. Gli argomenti ormai sono i più vari, non c’è una linea rossa, se non quella di uno sguardo non sul mondo,ma sui mondi che compongono nelle più diverse sfaccettature ed esperienze la vicenda umana.

beyond

Segna sempre un punto a suo favore la sezione Alice in città. Con due prodotti diversificati. Beyond the sun, film argentino sulla vicenda di avvicinamento alla fede cristiana  di un gruppo di ragazzi, ha visto la partecipazione attoriale di papa Francesco. Un film “catechetico” se si vuole, efficace (anche se con un po’ di miele). Si è gridato che un papa fa l’attore per la prima volta , dimenticando che nel 1942 Pio XII interpretò sé stesso  nel film Pastor angelicus.

guarda

L’altro film, assai diverso, è Guarda in alto, di Fulvio Risuleo. Storia surreale ed immaginifica di un giovane pasticcere che vede Roma da sopra i tetti, vi scopre una vita diurna e notturna che non pensava, tra personaggi fantasiosi e finisce per vedere le cose  tutte in un altro modo. In fondo, basterebbe guardare in alto, e la metafora è chiara in questo lavoro delizioso, divertente e un poco misterioso che speriamo qualcuno compri e lo porti in sala.

last

Sul fronte adulto, diciamo così, c’è ancora l’America che rivisita la sua storia, dopo Hostiles, gran film, e il drammatico, sanguinoso Detroit, cui si affianca  forse l’opera più bella fino a questo momento, ossia  Last Flag Flying di Richard Limklater. Tre reduci dal Vietnam si incontrano dopo decenni. La vita li ha cambiati, si riconoscono a stento: uno si è fatto prete, un altro è un barista alcolizzato, il terzo – quello che li trova – li cerca per riportare a casa la salma del figlio appena ucciso in Iraq. La memoria si dipana lentamente nella mente dei tre, e la verità del loro comportamento viene alla luce, come i pensieri sul governo, la nazione, il patriottismo,la guerra, Dio. Tra commozione, ironia graffiante, voglia di scappare e dimenticare il passato, vuoto sul futuro e difficoltà a perdonarsi. Un ritratto umano di chi ha molto sofferto per guerre decise da altri e che si chiede dove fosse Dio mentre si uccidevano i vietnamiti. Gronda dolore, ma anche ilarità questo film che non fa sconti all’America e suona vero come la vita dei tre che si ritrovano amici e se vogliono, possono sperare ancora.

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Verità anche nel film di Gael Morel Prendre le large. In parte autobiografica, la vicenda narra dell’operaia Edith (Sandrine Bonnaire, grandissima), madre di un figlio che l’ha lasciata sola e vive a Parigi. Licenziata, sceglie di lavorare per la sua azienda nella filiale del Marocco, sottopagata, in un mondo che non le appartiene e la fa soffrire. Ma l’amicizia con una famiglia le ridà la forza di dare una svolta alla vita. Film che coniuga l’istanza sociale e “femminista” con la ricerca sincera degli affetti si vale soprattutto delle figura della Bonnaire, vero corpo parlante, ma anche dell’intero cast, a loro agio in una storia di emarginazione e di dolore “redenta” in qualche modo dalla solidarietà umana.

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